Sessanta caccia Eurofighter per 3,9 miliardi di euro, fregate francesi per oltre quattro miliardi, motovedette per 400 milioni, e poi carri armati, elicotteri Apache e sommergibili tedeschi per altri 2 miliardi di euro. E’ la lista della spesa militare per il prossimo futuro. E la notizia ha dell’incredibile: perché il paese che sta per impegnare queste cifre in armamenti è la Grecia, che forse in primavera lascerà l’euro per tornare alla dracma. Gli ospedali di Atene trattano solo i casi urgenti, gli autisti degli autobus sono in sciopero, nelle scuole mancano ancora i libri di testo e migliaia di dipendenti statali manifestano contro il proprio licenziamento. Il governo greco annuncia un nuovo piano di rigore che non risparmierà nessuno. A parte l’esercito e l’industria delle armi: due settori neppure sfiorati dall’austerity che sta terremotando il popolo greco.

A marzo, scrive Claas Tatje su “Presseurop” in un servizio ripreso da “Megachip”, la Grecia dovrebbe ricevere la prossima tranche di aiuti finanziari, che probabilmente supererà gli 80 miliardi di euro: se così fosse, ci sarebbe una possibilità reale di concludere nuovi contratti sugli armamenti. Nel 2010, il bilancio greco della difesa ammontava a circa 7 miliardi di euro: oltre il 3% del Pil, ovvero una percentuale superata solo dagli Stati Uniti. È vero che l’anno seguente il ministero della difesa ha ridotto l’acquisto di nuovi armamenti a 500 milioni di euro, ma in fondo non ha fatto altro che sospendere la richiesta di forniture, che sarà più alta in futuro, come spiega un esperto militare. Perché allora l’Europa – così severa coi conti pubblici greci – non frena sugli armamenti? Perché ci guadagna, accusa Daniel Cohn-Bendit, portavoce dei Verdi al Parlamento europeo.

Chi ricaverà di più da questa politica greca del riarmo è proprio la Germania, aggiunge Claas Tatje: stando al Rapporto sulle esportazioni di armamenti del 2010, in via di pubblicazione, la Grecia è il maggiore acquirente di forniture tedesche dopo il Portogallo, altro paese sull’orlo del fallimento. «Per i giornali spagnoli e greci – racconta “Presseurop” – in occasione di un summit a fine ottobre, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy avrebbero invitato l’ex primo ministro greco George Papandreou a mantenere gli impegni presi sugli armamenti, e addirittura a prenderne nuovi». Altro debito, per acquistare armi sofisticate come i 90 caccia prenotati da Atene? «Parlare di Eurofighter sarebbe totalmente irresponsabile, nel pieno della crisi finanziaria che sta attraversando il paese», accusa Hilmar Linnenkamp, esperto del settore.

E non si tratta solo di aerei. Secondo l’ultimo rapporto sulle esportazioni di armamenti, nel 2010 la Grecia ha importato dalla Germania 223 carri armati e un sommergibile. Costo totale dell’operazione: 403 milioni di euro. «Queste forniture hanno avuto un peso rilevante nell’esplosione del debito pubblico greco», conferma Claas Tatje. Secondo l’ex ministro degli esteri Dimitris Droutsas, la Grecia è stata indotta al riarmo da pressioni non solo politiche: ondate di migranti provenienti dal Nordafrica e dell’Asia e, soprattutto, attriti pressoché quotidiani con i turchi. «Quand’ero ministro degli esteri – riferisce Droutsas – ogni pomeriggio ricevevo una nota dal ministero della difesa che elencava le violazioni del nostro spazio aereo da parte della Turchia». Senza contare le crescenti attività della marina turca nell’Egeo, seguite con apprensione dalla Grecia, e il fatto che sono ormai 35 anni che Cipro convive con l’“occupazione turca”.

Droutsas e compagni non devono temere la resistenza della popolazione, aggiunge “Presseurop”: il settore militare greco promette sicurezza e posti di lavoro. «In un paese dove manca un’industria nazionale forte, questo non è un dato da trascurare: le imprese tedesche del settore delle armi lo hanno capito da un pezzo e hanno stretto un legame strettissimo con le aziende greche». Nessuno preme per scongiurare le spese folli del riarmo, e il bilancio della difesa «viene a malapena considerato» nelle misure economiche supervisionate dagli esperti di Fmi, Bce e Commissione Europea. Nel 2010, quando la spesa per gli armamenti è stata ridotta allo 0,2% del Pil (meno di mezzo miliardo di euro), la spesa sociale è stata amputata di 1,8 miliardi. «Per il 2011 la Commissione Europea quindi ha raccomandato “una riduzione del budget militare”, ma nel concreto non è stato fatto niente».

Così, conclude “Presseurop”, mentre per il 2012 si pensa di ridurre di un altro 9% la spesa sociale, pari a un taglio di 2 miliardi di euro, i contributi alla Nato cresceranno invece del 50% e raggiungeranno i 60 milioni, e le spese correnti previste dalla difesa aumenteranno di 200 milioni, per un totale di 1,3 miliardi. La spesa militare avrà dunque un incremento secco del 18,2%. E il governo tedesco? «Guarda con favore al consolidamento del primo ministro greco Papademos», premette un portavoce della Merkel, favorevole a una «sensata riduzione delle spese, anche nel settore delle forze armate». Purché Atene non si scordi degli impegni appena assunti: «Piena fiducia sul fatto che gli accordi verranno rispettati».

Fonte: Libre

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