Mezzo miliardo di dollari, la Nato africana, la fondazione di Bill Gates e il business farmaceutico targato Glaxo per il nuovo vaccino contro la malaria: a fare da cavie per i test, decine di migliaia di bambini e neonati fra i villaggi più poveri dell’Africa. L’Africom, il comando militare statunitense creato per controllare il continente nero, partecipa al colossale programma per arrivare alla produzione del primo vaccino antimalarico: i partecipanti ricevono cure gratuite per la durata di tre anni scolastici e, «una volta provata la sua sicurezza ed efficacia, il vaccino potrà essere immesso sul mercato». Il vaccino “Rts,S/As02” è stato creato nel 1987 nei laboratori del Belgio ed è stato testato la prima volta nel 1992 su alcuni “volontari” negli Usa grazie alla collaborazione dell’istituto di ricerca medica dell’esercito statunitense, ma la prima campagna di sperimentazione di massa è tuttora in corso in Kenya.

Dopo i primi test, informa la stessa Glaxo, è partita la seconda fase di sperimentazioni su oltre 2.000 bambini in Mozambico: i risultati, pubblicati dalla rivista medica “The Lancet” nel 2004 e 2005, hanno mostrato che il vaccino può dimezzare il rischio di contrarre la malaria. Quanto alla sua efficacia a lungo termine, spiega il blog “Informare per Resistere” citando diverse fonti, le risposte sono state affidate a successivi cicli di test, praticati su oltre un migliaio di neonati in Kenya e Tanzania, nonché su «un imprecisato numero di bambini in Mozambico». Secondo il “New England Journal of Medicine”, i risultati sono incoraggianti: oltre metà dei bambini – si è scoperto nel 2008 – sono stati immunizzati dalla puntura della zanzara anofele. Altri test, nel frattempo, sempre in Kenya e Tanzania: insieme al vaccino anti-malaria, i bambini africani sono stati “imbottiti” di svariate vaccinazioni sperimentali, compresa quella contro la rabbia.

Nel maggio 2009, continua “Informare per Resistere”, ha infine preso il via la terza fase sperimentale, con la somministrazione del vaccino a più di 16.000 bambini di sette paesi dell’Africa Sub-Sahariana: Gabon, Mozambico, Tanzania, Ghana, Kenya, Malawi e Burkina Faso. «Il passo successivo – spiegano i medici militari americani – sarà quello di trovare un altro migliaio di partecipanti che abbiano non più di sei settimane di vita: ciò significa ottenere la fiducia di nuove madri nei villaggi rurali». Per la Glaxo, «se sarà provata l’efficacia sui bambini tra i 5 e 17 mesi d’età, il nuovo vaccino sarà sottoposto ai controlli delle autorità sanitarie internazionali nel 2013». Ulteriori dati sulla sicurezza e immunogenicità «saranno presentati quando essi saranno pronti, se tutto andrà bene». E se qualcosa non andasse bene?

«Se appare incredibilmente spregiudicata e priva di etica la massiccia sperimentazione del vaccino in aree del continente dominate dalla fame, dal sottosviluppo, dall’analfabetismo e dall’assenza di qualsivoglia servizio primario – scrive “Informare per Resistere” – desta profonda inquietudine il ruolo assunto nella vicenda da un’unità “sanitaria” d’élite delle forze armate Usa». In qualità di task force operativa, l’unità americana stanziata in Kenya fu inviata nel lontano 1969 per avviare uno studio sulla tripanosomiasi, un’infezione parassitica trasmessa dalla mosca tse-tse, impegnandosi in seguito anche nella lotta contro l’Aids, sviluppando collaborazioni con colossi farmaceutici come la Glaxo. «Coincidenza vuole che a fine dicembre 2000 nasceva pure in Gran Bretagna la Gsk, Glaxo Smith Kline, grazie alla fusione di due grandi società farmaceutiche, Glaxo Wellcome e Smith Kline Beecham». Con oltre centomila dipendenti e un fatturato di 34 miliardi di euro, Gsk si colloca al secondo posto nel mondo con una quota di mercato del 5,6%, dietro il gruppo Pfizer.

Mezzo miliardo di dollari, la Nato africana, la fondazione di Bill Gates e il business farmaceutico targato Glaxo per il nuovo vaccino contro la malaria: a fare da cavie per i test, decine di migliaia di bambini e neonati fra i villaggi più poveri dell’Africa. L’Africom, il comando militare statunitense creato per controllare il continente nero, partecipa al colossale programma per arrivare alla produzione del primo vaccino antimalarico: i partecipanti ricevono cure gratuite per la durata di tre anni scolastici e, «una volta provata la sua sicurezza ed efficacia, il vaccino potrà essere immesso sul mercato». Il vaccino “Rts,S/As02” è stato creato nel 1987 nei laboratori del Belgio ed è stato testato la prima volta nel 1992 su alcuni “volontari” negli Usa grazie alla collaborazione dell’istituto di ricerca medica dell’esercito statunitense, ma la prima campagna di sperimentazione di massa è tuttora in corso in Kenya.

Dopo i primi test, informa la stessa Glaxo, è partita la seconda fase di sperimentazioni su oltre 2.000 bambini in Mozambico: i risultati, pubblicati dalla rivista medica “The Lancet” nel 2004 e 2005, hanno mostrato che il vaccino può dimezzare il rischio di contrarre la malaria. Quanto alla sua efficacia a lungo termine, spiega il blog “Informare per Resistere” citando diverse fonti, le risposte sono state affidate a successivi cicli di test, praticati su oltre un migliaio di neonati in Kenya e Tanzania, nonché su «un imprecisato numero di bambini in Mozambico». Secondo il “New England Journal of Medicine”, i risultati sono incoraggianti: oltre metà dei bambini – si è scoperto nel 2008 – sono stati immunizzati dalla puntura della zanzara anofele. Altri test, nel frattempo, sempre in Kenya e Tanzania: insieme al vaccino anti-malaria, i bambini africani sono stati “imbottiti” di svariate vaccinazioni sperimentali, compresa quella contro la rabbia.

Nel maggio 2009, continua “Informare per Resistere”, ha infine preso il via la terza fase sperimentale, con la somministrazione del vaccino a più di 16.000 bambini di sette paesi dell’Africa Sub-Sahariana: Gabon, Mozambico, Tanzania, Ghana, Kenya, Malawi e Burkina Faso. «Il passo successivo – spiegano i medici militari americani – sarà quello di trovare un altro migliaio di partecipanti che abbiano non più di sei settimane di vita: ciò significa ottenere la fiducia di nuove madri nei villaggi rurali». Per la Glaxo, «se sarà provata l’efficacia sui bambini tra i 5 e 17 mesi d’età, il nuovo vaccino sarà sottoposto ai controlli delle autorità sanitarie internazionali nel 2013». Ulteriori dati sulla sicurezza e immunogenicità «saranno presentati quando essi saranno pronti, se tutto andrà bene». E se qualcosa non andasse bene?

«Se appare incredibilmente spregiudicata e priva di etica la massiccia sperimentazione del vaccino in aree del continente dominate dalla fame, dal sottosviluppo, dall’analfabetismo e dall’assenza di qualsivoglia servizio primario – scrive “Informare per Resistere” – desta profonda inquietudine il ruolo assunto nella vicenda da un’unità “sanitaria” d’élite delle forze armate Usa». In qualità di task force operativa, l’unità americana stanziata in Kenya fu inviata nel lontano 1969 per avviare uno studio sulla tripanosomiasi, un’infezione parassitica trasmessa dalla mosca tse-tse, impegnandosi in seguito anche nella lotta contro l’Aids, sviluppando collaborazioni con colossi farmaceutici come la Glaxo. «Coincidenza vuole che a fine dicembre 2000 nasceva pure in Gran Bretagna la Gsk, Glaxo Smith Kline, grazie alla fusione di due grandi società farmaceutiche, Glaxo Wellcome e Smith Kline Beecham». Con oltre centomila dipendenti e un fatturato di 34 miliardi di euro, Gsk si colloca al secondo posto nel mondo con una quota di mercato del 5,6%, dietro il gruppo Pfizer.

Il comportamento “etico” della multinazionale è stato duramente stigmatizzato da più parti e non sono mancati gli scandali che l’hanno vista direttamente coinvolta. Tra le fondatrici di EuropaBio, l’associazione-lobby che raggruppa le industrie che promuovono la legalizzazione della produzione e dell’impiego di cibi derivati da Ogm, la Glaxo è stata messa sotto inchiesta dalle autorità argentine a seguito della morte nel 2008 di 14 bambini sottoposti alla sperimentazione di un nuovo vaccino contro la polmonite e l’otite. Altri due bambini sarebbero morti durante analoghi test a Panama e Cile. Agli inizi del 2007, la Gsk aveva avviato la somministrazione di 15.000 vaccini contro lo pneumococco ad altrettanti bimbi, minori di un anno, in Argentina. Secondo la stampa locale, i genitori, di origini umili, «firmavano senza sapere che si trattava di una sperimentazione in fase tre, direttamente su umani, di un farmaco che poteva comportare dei rischi». Nonostante l’indagine, Gsk ha iniziato a distribuire in tutto il continente africano il vaccino “Synflorix” per «combattere le malattie pneumococciche invasive».

Si tratta di un programma “umanitario” dal costo di 1,3 miliardi di dollari voluto da G8, Banca Mondiale e Unicef, finanziato in buona parte dall’alleanza pubblico-privato internazionale Gavi (Global Alliance for Vaccines and Immunisation), da cinque paesi donatori (Gran Bretagna, Canada, Russia, Norvegia e Italia) e dall’immancabile Bill & Melinda Gates Foundation. È prevista la distribuzione fino a 300 milioni di dosi prodotte da un impianto aperto dalla multinazionale a Singapore. «Mentre fatturati e guadagni si moltiplicano inverosimilmente – aggiunge “Informare per Resistere” – il management di Gsk ha varato un piano che prevede la chiusura a breve termine del Centro ricerche e produzione antibiotici di Verona, uno dei due impianti posseduti in Italia dalla società». A rischiare il licenziamento sono più di 600 lavoratori. Negli ultimi dieci anni, la Glaxo Smith Kline ha sottoscritto con il Dipartimento della Difesa degli Usa ben 61 contratti per la fornitura di vaccini, farmaci e attrezzature sanitarie, oltre 75 milioni di dollari. «Assai meno di quanto fatto però dal partner e “mecenate” Bill Gates: in computer, programmi e war games, Microsoft-Gates ha fatto affari con il Pentagono per 278.480.465 dollari. Due volte e mezzo in più di quello che è stato reinvestito per i nuovi vaccini contro la malaria».

di Giorgio Cattaneo

Fonte: Libre

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