Il progresso tecnico e l’influenza di media e pubblicità hanno garantito, dagli anni sessanta a oggi, il perdurare di un sistema di dominio capace di sconfiggere tutto ciò che minaccia l’ordine prestabilito assorbendone le istanze critiche, le ideologie e in generale qualsiasi tipo di protesta finalizzata ad un mutamento sociale. L’individuo, imprigionato in questa dimensione unilaterale, si trova a dover funzionare più che a vivere pienamente: deve uniformarsi intellettualmente, linguisticamente ed esistenzialmente al sistema. Analizzerò in breve questi problemi, affrontando anche le prospettive di liberazione che, attraverso la tecnologia, ci si prospettano.

1. L’individuo
L’apparato produttivo determina non soltanto le occupazioni, le abilità e gli atteggiamenti socialmente richiesti, ma anche i bisogni e le aspirazioni individuali. Elimina la distinzione tra esistenza pubblica e privata sottoponendoci ad una socializzazione di massa che annienta l’autonomia dei privati, arresta lo sviluppo della consapevolezza, della coscienza e quindi anche della capacità critica. Emblematici in questo senso sono i social network, utilizzando i quali un uomo seduto nel salotto di casa è proiettato con due clic in un contesto sociale virtuale globale in cui si costruisce una maschera, un personaggio. Mette in vetrina i propri pensieri e interessi davanti a migliaia di persone sconosciute. Diventa impossibile essere se stessi in un simile contesto, si opera in un contesto di generale falsità ed esibizionismo (gli atleti che utilizzano twitter dicono quello che realmente pensano dei propri allenatori/presidenti/tifosi?). L’individuo è privato di quegli spazi privati indispensabili per pensare, domandare e trovare. È altresì sottoposto ad un condizionamento tale che i suoi bisogni non sono più suoi propri, ma dettati dal sistema di controllo sociale(apparato mediatico e pubblicitario). I bisogni che condizionano la società contemporanea sono eteronomi rispetto all’individuo. Il bisogno di rilassarsi, di divertirsi, di comportarsi e di consumare in accordo con gli annunci pubblicitari, di amare e odiare ciò che altri amano e odiano, rientrano nella categoria di falsi bisogni. Questi sono determinati da potenze esterne, sulle quali l’individuo non ha alcun controllo. L’apparato sociale esige che si sviluppi il bisogno ossessivo di produrre e consumare lo spreco; il bisogno di lavorare sino all’instupidimento quando ciò non è più una necessità reale; il bisogno di modi di rilassarsi che alleviano e prolungano tale instupidimento; il bisogno di mantenere libertà ingannevoli come una stampa libera che si censura da sola o la scelta libera tra marche e aggeggi vari. Gli individui sono totalmente alienati, si riconoscono nelle loro merci, trovano una effimera felicità nella loro automobile, nell’ultimo telefonino o nella borsa firmata. Sono schiavi dei falsi bisogni creati a tavolino dal sistema di controllo sociale. A ragione quindi si può definire repressivo un simile regime.

2.Il regime
Il successo della società in cui viviamo può essere individuato fondamentalmente nella sua capacità di assorbimento nei confronti di tutto ciò che minaccia l’ordine prestabilito, depotenziandone le istanze critiche, le ideologie e in generale qualsiasi tipo di protesta finalizzata ad un mutamento sociale. Tutto ciò che rappresenta la negazione dello “status quo” finisce con l’essere riconciliato con quest’ultimo. Alcuni esempi: il proletariato ha lasciato il posto a una nuova borghesia “che comprende sempre di più e più profondamente anche le classi operaie, tendendo all’identificazione di borghesia con umanità”(2); l’U.R.R.S.(ammesso e non concesso che rappresentasse una negazione del sistema occidentale) è crollata, la Cina comunista oggi si trova ad essere una delle massime espressioni del capitalismo; prendendo ad esempio la nostra contemporaneità un partito politico come la Lega, nato come rivoluzionario, si è progressivamente conformato alle regole democratiche e alla logica parlamentare. Leggendo il tutto attraverso un’ottica dialettica(tesi-antitesi-sintesi) possiamo notare come qualsiasi principio di mutamento(antitesi) sia stato riconciliato, assicurando il perdurare del regime. Gli elementi di disturbo sono posti sotto controllo e isolati, e successivamente depotenziati o eliminati. Inoltre opinioni, pensieri o movimenti alternativi, attraverso la loro mediatizzazione arrivano allo spettatore filtrati, snaturati della loro carica critica. Possiamo guardare film anti capitalisti su Sky, assistere a programmi che documentano lo sterminio della natura causato dall’uomo mentre abbiamo il condizionatore acceso a palla, guardare documentari sul furto di ettari ed ettari di terreni africani perpetrato dalla Nestlè e dalla Danone mentre mangiamo un delizioso budino alla vaniglia. Tutto ciò non ci appare contradditorio anzi, in molti casi pulisce la coscienza degli spettatori provocandone una seria e profonda indignazione che dura però un quarto d’ora. In aggiunta l’efficienza repressiva del regime agisce sul singolo facendogli ritenere impossibile un sistema diverso da quello in atto, presentando le alternative possibili come utopiche o criminalizzandole. Parallelamente, questo processo riconciliante, o anestetizzante, spesso lascia inalterate le contraddizioni esistenti (che sono conseguenze dirette e necessarie del nostro stile di vita): una produttività crescente e una crescente capacità di distruzione, la proliferazione dello spreco e dell’inquinamento di fronte al progressivo scioglimento dei ghiacciai , la resa del pensiero e della speranza alle decisioni delle potenze in atto, il perdurare della povertà in presenza di una ricchezza senza precedenti costituiscono la più evidente accusa al regime odierno.

3.La tecnologia
Che la scienza, e di conseguenza la tecnologia che ne è figlia, veda la natura come un mero oggetto da controllare e dominare è noto ormai dal 1637(3). La quantificazione della natura(il fornire di essa una spiegazione in termini di strutture matematiche) e il recente sviluppo tecnologico, hanno ridotto la società e il mondo ad un insieme di oggetti e relazioni che hanno portato al progressivo utilizzo tecnico dell’uomo. Dal momento che la tecnologia è stata impiegata al servizio della logica produzione-lavoro-consumo, ha favorito l’imporsi del carattere strumentale della scienza moderna, ed è stata utilizzata come materia di controllo ed organizzazione sociale, seguendo quindi un fine politico. Il metodo della scienza moderna, sposando la logica reificatoria e strumentalizzante del regime, ha progettato e promosso un universo in cui il dominio della natura è rimasto legato al dominio dell’uomo, considerato non più come essere ma come oggetto tra gli oggetti. L’uomo, dominato dal tecnicismo e dallo scetticismo, risulta impoverito spiritualmente ed incapace di instaurare una convivenza pacifica con l’ambiente che circonda. Spezzando però questa logica di dominio, l’umanità potrebbe ambire ad un più alto stadio di civiltà, utilizzando la tecnica per pacificare la lotta per l’esistenza, assegnandole un nuovo fine portando alla luce una nuova idea di scienza e Ragione. La pacificazione implica comunque dominio della natura, un dominio che la libera, limitandone cioè la brutalità e la cecità grazie al potere conoscitivo dell’uomo. La coltivazione del suolo è cosa qualitativamente diversa dalla distruzione del suolo, l’estrazione delle risorse naturali è cosa diversa dallo sfruttamento dissipatorio, lo sfoltimento delle foreste non vuol dire disboscamento indiscriminato. L’attuale “società opulenta” è una società mobilitata in permanenza contro il rischio dell’annichilimento, poiché la vendita dei suoi beni è stata accompagnata e promossa dall’instupidimento, dal perpetuarsi della fatica e dalla promozione della frustrazione. Date queste premesse la liberazione dalla “società opulenta” non significa tornare ad una salutare e vigorosa povertà, alla pulizia morale e alla semplicità. Al contrario l’eliminazione dello spreco redditizio aumenterebbe la ricchezza sociale disponibile per essere distribuita. Questo cambiamento comporterebbe il crollo del sistema esistente, sia sotto il profilo economico che politico. È quindi necessario cambiare stile di vita, cambiare approccio nei confronti della natura e porre un fine meno materiale e più pacificante alle tecnologie e rifiutare la ormai distruttiva logica della produttività. Tutto ciò è possibile benchè molto difficile, spetta al singolo cominciare ad agire. Soprattutto su se stesso.

1-L’articolo ripropone/rielabora l’analisi di H.Marcuse, contenuta nel suo libro “L’uomo a una dimensione” pubblicato nel 1964. Il titolo dell’articolo richiama l’omonima opera del dadaista R.Hausmann del 1919.
2- PierPaolo Pasolini, 9 dicembre 1973 in “Corriere della Sera”.
3-Data della pubblicazione del Discorso sul Metodo di R.Descartes.

Pietro Carmody

Fonte: Mdf Padova

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