Negli ultimi anni, per me, lavorare meno é stata una priorità. Dopo un decennio di full time+zeropausapranzo+straordinari, ho deciso di tentare di riprendermi degli spazi che considero necessari per il mio equilibrio vitale. Ora, dedico al lavoro circa il 60% del tempo che dedicavo una volta.
Dentro il concetto del lavorare meno, stanno tante cose: dal lavorare tutti, al consumare meglio, al tentare di autoprodurre, al vivere momenti di qualità.

Il “lavorare tutti” é un concetto facile da capire. Ipotizziamo il lavoro di due impiegati di un ufficio amministrativo, con contratto full time: 16 ore di lavoro giornaliero. E se le stesse mansioni fossero suddivise in tre, anziché in due? Ognuno dei tre impiegati lavorerebbe 5ore e venti minuti. Uno dei tre avrebbe trovato un’occupazione e gli altri due percepirebbero uno stipendio ridotto, ma con più tempo per sé, per i propri cari, per la propria casa, oppure per leggere, cucinare, fare una passeggiata.

Per consumare meglio non é certo necessario un incremento di reddito. Anzi, sovente é proprio il contrario: ai tempi dei nostri avi, che si nutrivano con sostanze non raffinate, alcune brutte malattie nemmeno esistevano. Lavorare meno significa avere più tempo per andare al mercato, scegliere le materie prime direttamente dai produttori, nutrirsi di frutta e verdura fresca. Altro dal correre al supermercato e riempire compulsivamente il carrello di prodotti che arrivano da chissadove e sono pieni di chissaché.

Autoprodurre, sono d’accordo, é ancora un passo successivo. Se é vero che ci sono prodotti semplici da fare in casa (il pane, il sapone), é altrettanto vero che autoprodurne altri comporta notevole impegno e difficoltà per ottenere risultati efficaci e significativi. A questo proposito, pero’, bisogna evidenziare che le esistono buone pratiche da cui attingere, che raccontano di piccole comunità di persone nelle quali ognuno conferisce un prodotto o un servizio al gruppo. C’é chi fa pane e yoghurt per tutti, chi il sapone, chi restituisce le cortesie rendendosi disponibile ad effettuare lavoretti di manutenzione. A me non sembra fantascienza o nostalgia yippie… a dirla tutta, la chiamerei solo “collaborazione”, e mi sembra che resti il modo migliore per migliorare la qualità della vita qualunque siano le difficoltà.

E sono ai famosi “momenti di qualità”. Proprio loro, quelli che dovrebbero risarcire di tutte le mancanze. Non occorre avere molto spazio per sé, bastano venti minuti “di qualità”. Un bambino non patisce l’assenza dei genitori, é sufficiente la “qualità”… Quante volte abbiamo sentito questi discorsi? C’é ancora qualcuno che ci crede? No, non auspico una vita di solo tempo libero, o dei genitori in simbiosi coi loro figli: intendo pero’ dire che, anche volendo avere le intenzioni migliori del mondo, dopo 12 ore al lavoro (o 10 al lavoro e due nel traffico) é difficile non vivere le restanti quattro (spesa ordine pulizie bambini cena) senza manifestare un po’ di nervosismo. Purtroppo, sovente le ore che dedichiamo a noi stessi o alle nostre “persone realmente importanti” sono quelle in cui siamo predisposti a dare il peggio di noi stessi… Merita farci una riflessione.

Rosanna Napoli

Fonte: Decrescita Felice Social Network

2 thoughts on “Lifestyle / “Momenti di Qualità””

  1. Ciao Rosanna, sono assolutamente d’accordo con le tue riflessioni. Il famoso tempo di qualità è un stupidaggine, i bambini (ma anche gli adulti!) hanno bisogno di tempo per stare insieme, per condividere. Si può benissimo rinunciare a qualche centinaia di euro al mese diminuendo le ore di lavoro, per avere del tempo preziosissimo da dedicare alle persone che contano nella nostra vita, noi stessi in primis. Dobbiamo lavorare per vivere, non vivere per lavorare. Anche io dopo anni di lavoro full time da pendolare, pause pranzo di 20 minuti e straordinario anche a casa, ho chiesto un bel part-time di 6 ore …. speriamo che mi dicano di SI !!!!

  2. Egregia Rosanna,
    anch’io ho ridotto il tempo di lavoro (lo posso fare, sono un lavoratore autonomo) per avere + tempo per lo studio, la formazione, la famiglia, la comunità. Ma se i clienti non pagano i loro debiti, io non posso pagare i miei (INPS,IVA ,IRPEF ecc.).E l’economia si blocca (l’Agenzia delle Entrate non accetta pagamenti in natura……)

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