Nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario (G. Orwell)

Secondo l’istituto bolognese di ricerca Prometeia,  il livello del PIL alla fine del 2020 sarà ancora inferiore ai valori pre-crisi, di fine anni ’90, di circa il 2%. Non sarà possibile ritornare ai livelli di ricchezza del passato e la ripresa, se ci sarà, avverrà con meno occupati e con più produttività. Il che conferma quanto il Movimento per la Decrescita Felice afferma da tempo: che, nell’attuale fase storica, la crescita non continuare all’infinito e che, in ogni caso, non può creare occupazione. George Orwell, il celebre scrittore inglese autore di romanzi quali Il grande Fratello e La Fattoria degli animali, affermava che “nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario”.  Il Movimento per la Decrescita Felice da molti anni si batte per smascherare il grande inganno del PIL e per far capire a tutti la rivoluzione della decrescita.  Oggi siamo arrivati ai limiti della crescita, il re è nudo.

Occorre dunque smontare il grande inganno e l’assurda convinzione che il PIL misuri il benessere della nazione, perchè esso non è altro che un indicatore monetario e come tale misura non il benessere ma solo il valore economico degli oggetti e servizi che vengono scambiati con denaro. Ovvero delle merci. E’ questo il grande inganno: non tutte le merci sono beni. Non tutte le merci, cioè, rispondono ad un bisogno e fanno aumentare il benessere! Ma qui sta anche la soluzione, attraverso il cambio di paradigma culturale offerto dalla decrescita felice. Con questo termine si intende la decrescita selettiva della produzione e del consumo di merci che non sono beni. Questa rappresenta l’unica possibilità di creare  lavoro nei paesi industrializzati ed è anche l’unico modo per restituire al lavoro dignità e senso, nell’ottica non di  fare sempre di più ma di fare bene per soddisfare le esigenze vitali degli esseri umani, senza consumare le risorse del pianeta in misura maggiore della loro capacità di rigenerazione.  Perchè parliamo di cambio di paradigma culturale? Perchè “la decrescita svela la follia insita nell’obiettivo di creare occupazione come un valore in sè, omettendo di dire per fare cosa. Solo una società malata, profondamente malata come quella che finalizza l’economia alla crescita del PIL può averlo pensato e può continuare a pensarlo anche di fronta all’evidenza di non riuscire più a farlo. Nel tornante storico che l’umanità sta attraversando si può creare occupazione soltanto in lavori che consentano di superarlo attenuando i problemi e ponendo riparo ai danni creati dalla crescita della produzione e del consumo di merci. Soltanto liberando il fare dalla camicia di forza del fare tanto, e restituendogli la sua connotazione qualitativa di fare bene, si potrà dare lavoro e una speranza per il futuro a quanti ne sono privi” (tratto dal libro Meno e Meglio, 2012 ).

Prima queste tesi venivano ignorate, poi sono state derise, oggi le nostre argomentazioni sono combattute e avversate da fior fiore di economisti, ma questo è un buon segno perchè, come diceva Gandhi, poi, alla fine, le tue idee vincono. Oggi, per lo meno, si stanno affermando presso un numero crescente di persone che hanno compreso che la felicità, il benessere e la qualità della vita non hanno alcuna relazione diretta con la ricchezza materiale. Come dimostrano le sale conferenze sempre affollate agli incontri sulla decrescita e il fiorire di iniziative spontanee e di gruppi locali di cittadini che sempre più si aggregano e danno vita ad una nuova economia della decrescita basata sull’autoproduzione, sul dono, sulla reciprocità, sugli scambi non mercantili. Speriamo solo che questo non avvenga troppo tardi. Perchè dalla crisi di oggi si potrà uscire solo se sapremo smascherare il grande inganno e se sapremo creare una società e un sistema di vita e di valori fondato sui rapporti fra persone, sul consumo responsabile, sul rifiuto del superfluo, sulla scela del meno quando esso coincide con il meglio.

 

Maurizio Pallante e Luca Salvi (Mdf Verona)

9 thoughts on “L’inganno della crescita e la rivoluzione della decrescita”

  1. Il Grande Fratello è un programma televisivo, non un libro di Orwell. Idiota.

    Prima di scrive qualcosa che ha la pretesa di essere intelligente non sarebbe il caso, oltre ad accendere il cervello, di studiare? Ed evitare sparare citazioni a caso? E leggere Orwell?

    1. Il libro di Orwell in cui si parla di Grande fratello è “1984”. Resta da capire se il commento di Zumbo è sarcastico o meno…

      1. Grazie Zumbo per la tua dotta, anche se non fraterna correzione. Saremo anche idioti ma certamente non siamo nè maleducati nè arroganti come te. Si è trattato semplicemente di una svista, una citazione errata che non cambia la sostanza dell’articolo. E’ proprio vero che quando il dito indica la luna, l’imbecille guarda il dito…

    2. credo ci sia una notevole differenza tra chi vuole esprimere un concetto da chi invece vuole esasperare il suo sapere… peccato Zumbo, potevi fare bella figura ed illuminarci tutti, hai perso la tua occasione.
      Mi ricordi quei professori frustrati prigionieri del loro sapere, capaci solo di infierire dall’alto della loro cattedra invece di condividere la propria cultura. Stai attento che chi semina raccoglie …

  2. ciao,
    nell’articolo si fa riferimento al tema fondamentale della creazione di lavoro nei paesi industrializzati: potreste spiegarmi meglio in che modo la diminuzione delle merci che non sono beni è la soluzione a questo problema ? grazie

    1. Caro Gianluca, ti ringrazio per la domanda, finalmente una persona educata e sinceramente interessata! La distinzione fra beni e merci rappresenta uno dei punti fondamentali e peculiari del pensiero di Maurizio Pallante e del Movimento per la Decrescita Felice. Secondo noi di MDF si potrebbero creare milioni di posti di lavoro utili lanciando una sorta di piano Marshall per la ristrutturazione energetica di tutti gli edifici pubblici e privati e per la messa in sicurezza del territorio, il nostro grande patrimonio naturale, culturale ed artistico. I combustibili fossili che utilizzo per riscaldare una casa mal costruita per 1/3 sono un bene ma per i 2/3 che spreco sono una merce che pago a caro prezzo, non un bene. Gli intervento di ricostruzione dopo una alluvione fanno crescere il PIL e il consumo di merci che non sono un bene, il vero bene sarebbe investire nella prevenzione (guarda cosa è successo in questi giorni nel ricco nord-est, finito sott’acqua!). Si potrebbe poi puntare sulla microgenerazione diffusa di energia e sul recupero totale dei materiali destinati alla discarica o all’incenerimento. Rilanciare il settore primario, l’agricoltura biologica, sostenibile, di qualità. Valorizzare le tipicità del nostro territorio contro l’omologazione imposta dalla globalizzazione. Valorizzare cioè la produzione e il consumo di beni (ma anche l’autoproduzione e gli scambi non mercantili, ovvero basati sul dono e sulla reciprocità).
      Vedi anche: https://www.decrescitafelice.it/2013/05/riflessione-sulle-parole-di-papa-francesco-come-creare-occupazione-utile-e-ridare-dignita-al-lavoro/

      1. Caro Luca sono pienamente d’accordo con te e spero che in questo clima di richiesta di grande rinnovamento politico le nostre istanze possano trovare rappresentanza!

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