L’idea degli Orti Urbani comunali assegnati ai soli pensionati è ormai superata e bisogna inquadrare questa opportunità come un diritto di tutti i cittadini.

In particolare, estendere queste concessioni alle famiglie più giovani, cioè con genitori in età lavorativa, persegue pienamente l’obiettivo di stimolare all’autoproduzione alimentare.

Non ci si illude di ottenere così l’autosufficienza, ma si abbassano, tanto o poco, le necessità economiche per l’acquisto di generi di sussistenza.

Aprire alle famiglie giovani significa risvegliare le coscienze in gruppi di amici che, consorziati, si aiutano,  anche attraverso la turnazione nel coltivare l’orto.

I Consorzi d’Amicizia sarebbero fondamentali per coloro che da soli non riuscirebbero nell’impresa, essendo alcuni di essi schiacciati dai ritmi e dagli orari del lavoro retribuito.

Questi consorzi rappresenterebbero dei gruppi di mutuo soccorso sulla via della resilienza.

E gli studenti, addirittura gli Scolari? Questi ultimi, in consorzi di minorenni con supporto di un adulto, si “riappropriano” di un’attività manuale e,  forse per la prima volta nella loro ancor breve vita, vedono qualcosa prodotto da loro.

Non è un prodotto qualsiasi (il che sarebbe già un grosso risultato in una società che ha rubato loro il diritto alla manualità, ma questo è un altro discorso) ma un creato per la sopravvivenza. È un battesimo dell’autosufficienza.

Chi riuscisse a trasmettere questi concetti ai ragazzi che coltivano l’orto starebbe facendo un regalo all’umanità. Avrebbe acceso un lumicino nel buio di un mondo soffocato dalle cose inutili prodotte a ritmi sempre maggiori e che ha trasformato gli esseri umani in oggetti consumatori, entità consumatrici con una coscienza nulla del grembo che li accoglie.

Gli studenti maggiorenni? Beh, loro sarebbero quelli che nell’immediato potrebbero avere/dare i vantaggi maggiori. Liberi da obblighi di mantenere una famiglia, potrebbero – oltre che contribuire al sostegno alimentare della stessa attraverso l’Orto – scoprire che esiste una via lavorativa alternativa alle attuali. Qualcuno potrebbe, valutando la richiesta sempre crescente di prodotti a km 0, che forse può essere un’opportunità  passare dall’orto al piccolo appezzamento, vendendo poi i prodotti ai gas locali, oltre che ai singoli.

L’appellativo di Decrescenti per questi Orti è naturale, per i motivi suddetti.

In omaggio a Roger Doiron li appellerei anche “Sovversivi 2.0”

Il 2 è perché siamo oltre la trasformazione del proprio giardino, caratteristica della proposta di Doiron.

In molti non hanno un giardino proprio, ma vivono in comuni non ancora (!) completamente cementificati.

È per quelle persone, in quei comuni, che si dovrebbe concretizzare questa opportunità.

Siamo alla ricerca di un fazzoletto di terra che contagi con il virus del cambiamento anche i più giovani, risvegliando le coscienze dei genitori in nome del bene dei propri figli.

L’attenzione si sta destando. Se non è troppo tardi, questo è il momento giusto per tentare.

Quale sarà il primo Comune a darci quest’opportunità?

Tiziano A. Pellegrino

Fonte: Mdf Monza

One thought on “Mdf Monza: gli Orti Urbani Decrescenti (Sovversivi 2.0)”

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