Napoli 10 novembre 2014

 

Cara Delfina,

vorrei parlarti di altro, ma ne combina una al giorno e non posso evitare di commentare ciò che sta disfacendo. Come avrai capito, mi riferisco al presidente del consiglio. Lunedì scorso è andato all’assemblea della Confindustria di Brescia dove ha sfoggiato il meglio della sua parlantina da imbonitore, venghino signori venghino, per dire questa frase: «L’unico modo che io conosco per vincere la disoccupazione è quello di creare posti di lavoro, è quello di rendere le aziende capaci di investire, è quello di far dimagrire la politica e i politici».

La prima parte è un capolavoro: «l’unico modo che io conosco per vincere la disoccupazione è quello di creare posti di lavoro». E l’unico modo che io conosco per mangiare è mettere del cibo in bocca e masticare. L’unico modo che io conosco di accendere la televisione è premere il pulsante dell’accensione. Capisci a chi è stata messa in mano l’Italia? Se la prima parte della frase è una…, scegli tu la parola, la seconda è un’offesa alle capacità professionali degli imprenditori italiani, che secondo lui non sarebbero capaci di investire da soli, intrecciata con una perdita di percezione della propria identità. Chi può rendere le aziende capaci di investire? Immagino si riferisse ai politici, che pensano di riuscire a incentivare le imprese ad assumere alleggerendo le tasse sul lavoro. È quello che lui ha fatto con la legge di stabilità, riducendo le tasse alle imprese per un totale di 6,5 miliardi. Lo aveva annunciato in anteprima all’assemblea degli industriali di Bergamo il 13 ottobre, aggiungendo che adesso non avevano più alibi. Non ha fatto esplicitamente riferimento alla sua donazione, ma era impossibile non capirlo. La sua frase è stata un’applicazione dell’insegnamento di Nanni Moretti: «Mi si nota di più se vado o se non vado?». Ha valutato che si sarebbe notato di più se si fosse limitato a farlo intuire. Subito dopo aver allusivamente ricordato il suo ruolo decisivo, in quanto politico, nel rendere le aziende capaci di investire, come ha potuto sostenere che l’unico modo per creare posti di lavoro è  far dimagrire la politica e i politici? A parte il fatto che non capisco il nesso (tu lo capisci?), non è strano che parli contro la politica e i politici proprio lui, che ha fatto della politica il suo mestiere da quando aveva i calzoni corti? Un politico che sostiene la necessità di far dimagrire la politica e i politici per creare posti di lavoro? Parlava da una tribuna o da un teatrino dei burattini? E non è nemmeno uscito Pulcinella a dargli una bastonata sulla testa di legno! Macché, applausi dagli industriali che non si sono nemmeno offesi sentendo dire che ci deve essere qualcuno che li rende capaci di investire. Ma la capacità d’investimento non dovrebbe essere il loro mestiere? Dovrebbe essere… Capisci perché questi industriali e questi politici s’intendono al volo? Capisci perché il presidente di Confindustria si sia rivolto al presidente del Consiglio dicendo: «Lei si è assunto il pesante fardello di far uscire l’Italia dalle secche di regole e culture sorpassate che sappiamo ci condurrebbero a un lento ma inarrestabile declino. Di questo arduo impegno non possiamo che esserle grati. Se ne sentiva la necessità». Tradotto: «Lei, [segretario di un partito che continua a definirsi di sinistra], si è assunto il pesante fardello di bastonare il sindacato [non solo politicamente, come abbiamo visto] e ridurre le tutele dei lavoratori che altrimenti ci condurrebbero al declino». Come se non fossimo già in declino a causa di una crisi mondiale, di cui difficilmente mi sembra si possa attribuire la colpa al sindacato e alle tutele degli occupati italiani. Ma niente paura, è arrivato lo spaccamontagne che nella recita di quella commediola si è anche permesso di dire: «Se noi facciamo ciò che possiamo fare, se noi riusciamo a fare le cose che ci siamo promessi di fare, l’Italia sarà nei prossimi anni la locomotiva dell’Europa», senza che nessuno facendosi una grassa risata gli dicesse, come in un vecchio Carosello: «cala Trinchetto», o come dite voi in Piemonte: «pissa pi cürt».

Si riferiva all’effetto combinato della detrazione fiscale alle imprese e dell’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, senza rendersi conto, ma gli industriali se ne rendono conto benissimo, che gli investimenti, se li faranno, saranno indirizzati ad acquistare tecnologie che, per sostenere la concorrenza internazionale aumenteranno la produttività e ridurranno i posti di lavoro (i robot di cui ha parlato il capo del personale della Volkswagen), mentre la riduzione delle tutele dei lavoratori in Italia non sarà sufficiente fino a quando le loro condizioni di lavoro non diventeranno equiparabili a quelle dei lavoratori cinesi.

Nel giorno stesso in cui si svolgeva questo teatrino, l’Istat confermava che anche quest’anno il Pil del nostro paese diminuirà (dello 0,3 per cento; dello 0,4 secondo l’Unione Europea: sarà comunque il terzo anno consecutivo di recessione) e che il prossimo anno forse aumenterà dello 0,6 per cento, ma l’effetto della manovra sulla crescita sarà nullo nel biennio 2015-2016. L’impatto non proprio entusiasmante della legge di stabilità sull’economia reale è stato confermato dal vicedirettore della Banca d’Italia, Luigi Signorini, in un’audizione alla Camera. Il tasso di disoccupazione raggiungerà il 12,5 per cento nel 2014 e diminuirà, si fa per dire, al 12,4 per cento nel 2015, scenderà ancora al 12,1 per cento nel 2016 e, secondo il presidente del Consiglio che, come è noto, vede lungo, al 10 per cento nel 2019. Chissà che risultati nel 2024!

In Europa le cose non vanno meglio. Le previsioni di crescita dell’economia tedesca, la locomotiva vera, non quella immaginata, sono state ridotte dal +2 al +1,1 per cento. Quelle dell’economia francese dal +1,5 al +0,7. Quelle dell’Eurozona dal +1,7 al +1,1. Secondo il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, le riduzioni al ribasso delle previsioni di crescita nell’Eurozona si dovranno estendere anche al 2006. Lo ricordo perché Istat e Banca d’Italia concludono i loro report dicendo che l’andamento dell’economia italiana sarà influenzato in maniera determinante dalle dinamiche internazionali, per cui non escludono revisioni al ribasso rispetto alle modeste previsioni di crescita che hanno formulato per il prossimo anno. Sai che novità! Non è mai successo prima… Adesso però cominciano a mettere le mani avanti. Non tira aria buona, Delfina. E non sanno come venirne fuori. Mi fanno venire in mente la canzone di Mina che diceva: «parole, parole, parole, non son altro che parole, che tu dici per confondere me». Il fatto  è che i più forti cercano di confondere i più deboli per gettarli fuori dalla nave e restare a galla. Ma la nave affonda ugualmente e non resteranno a galla neanche loro. L’ingiustizia e la prepotenza questa volta non li salveranno.

Un abbraccio dal tuo

Totò

2 thoughts on “Totò, Delfina e i posti di lavoro da creare…”

  1. Già è tutto un teatrino di pessimi attori peraltro rivolto a mantenere lo status quo ossia una classe di digerente (e digerente) le risorse del paese, e milioni di derelitti alla disperata ricerca di soldi anche a costo di lavorare quasi gratis, a non farsi tutelare a non protestare col voto, ridotto com’è ad orpello funzionale al mantenimento di questa farsa democratica.

  2. Maurizio Pallante come sempre analizza la situazione politica italiana e le promesse di Renzi con una precisione magistrale e impareggiabile. Da diffondere assolutamente!

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