La Canapa è evidentemente una pianta, ma oggi è ancor di più un oggetto di discussione; per certi aspetti controverso, che però vorremmo rendere facilmente accessibile spiegandone in modo chiaro la natura e la storia grazie anche all’intervento del responsabile nazionale per l’agricoltura di LEGAMBIENTE Dott. Beppe Croce, anche Direttore dell’associazione Chimicaverde che abbiamo avuto il piacere di intervistare e che ringraziamo fin d’ora per la disponibilità.

Di cosa stiamo parlando?

Be’ iniziamo con il dire che la storia in Italia ha molto da insegnare sul mondo della Canapa e sulla sua coltivazione. Per millenni questa pianta è stata usata in svariate applicazioni; pensiamo che la regione del “canavese” in Piemonte prende proprio il nome da questa pianta e la sua foglia è impressa sulla bandiera locale. I nostri antenati si sono vestiti, nutriti, scaldati e curati grazie a questa pianta così polifunzionale. Si pensi che negli anni 50′ l’Italia era il 2° produttore di Canapa a livello mondiale dietro all’Unione Sovietica e la varietà Carmagnola forniva la fibra di maggior pregio e qualità in assoluto nel mondo. Almeno dal 1300 la Marina Inglese si riforniva di Canapa dall’Italia, e se indaghiamo il mondo della produzione cartiera, fino ad inizio 900′ essa era prodotta quasi totalmente dalla Canapa. Inoltre indumenti, cordame, imbottiture per auto, tessuti industriali, olio combustibile e per il nutrimento, mangimi animali, alimenti umani, esche, medicinali, guarnizioni, farine, tappeti, pannolini, inchiostri, solventi mastici e altro ancora erano e sono prodotti grazie alla Canapa.

Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale tutto iniziò a cambiare anche in Italia. Gli USA vincitori e il loro piano Marshall introdussero, ma soprattutto imposero, l’utilizzo dei prodotti sintetici derivati dal petrolio e la coltivazione e l’utilizzo della Canapa andarono diminuendo sempre più. Alla fine degli anni 50′ si cercò di riprendere la coltura di questa pianta anche grazie all’investimento tecnologico su impianti in grado di compiere in maniera più efficiente la sua lavorazione, ma nel 1961 il “lungimirante” governo italiano sottoscrisse una convenzione internazionale chiamata “Convenzione unica sulle sostanze stupefacenti” seguita da quelle del 1971 e del 1988 in cui si decretò che la Canapa doveva sparire dalla produzione mondiale entro 25 anni. Si cercò sostanzialmente di tagliare fuori un concorrente economico dei prodotti sintetici attraverso un furbesco espediente legato al mondo del controllo delle droghe che a rigor di logica nulla aveva a che fare con la produzione a scopi industriali.

Ancora negli anni 70′ furono fatti in Italia importanti ricerche per lo sviluppo della produzione di carta dalla Canapa, e dal 1977 la Comunità economica europea (CEE) addirittura erogò un importante contributo economico all’Italia per questo lavoro. Ad oggi la produzione di carta dal legno ha fatto si che proprio la nostra Pianura Padana sia avvelenata (oltre che da tutto il resto dell’inquinamento), anche da una sostanza fra le più pericolose in circolazione, ovvero l’Atrazina, presente nei pesticidi per la coltivazione dei pioppi da carta.

I problemi ambientali e sociali creati in tutti questi decenni di incurante produzione chimica sono emersi in maniera prorompente e per questo motivo fortunatamente ci si sta ponendo nell’ordine delle idee che certamente la coltivazione e la produzione attraverso la Canapa sono e saranno sempre di più una soluzione maggiormente ecocompatibile e socialmente sostenibile.

Come ci ha spiegato il Dott. Croce le proprietà multifunzionali e ambientali della Canapa la rendono una coltivazione potenzialmente molto vantaggiosa. Dal punto di vista semplicemente economico ha un valore maggiore rispetto ai cereali, dal punto di vista agronomico è una pianta miglioratrice del terreno, riduce le erbe spontanee, aiuta la ristrutturazione del terreno grazie al suo forte apparato radicale fittonante, è una pianta rustica e abbisogna di poca irrigazione rispetto ad altre coltivazioni.

Oltre agli utilizzi tradizionali la Canapa sta dimostrando sempre maggior interesse anche da parte di nuovi comparti produttivi, pensiamo ad esempio al campo della Bioedilizia nel quale la canapa viene utilizzata per produrre materiali da tamponamento con forte capacità isolante. Altro innovativo aspetto è quello legato all’utilizzo della Canapa come pianta posta a perimetro dei campi coltivati a mais, producendo così una difesa contro gli attacchi della Piralide ghiotta di Canapa.

In Italia la coltivazione della Canapa è nuovamente legale dal 1998, ma come solitamente accade ci stiamo svegliando in ritardo nello sviluppare questo comparto. Paesi come la Francia, il Canada e la Cina sono partiti ormai da anni tanto che oggi, importiamo il seme da questi Stati per avviare le nostre colture. Un aspetto su cui è necessario lavorare molto infatti è quello del recupero delle varietà genetiche di Canapa che storicamente hanno fatto grande il nostro Paese e che oggi sono in alcuni casi già andate perdute per sempre.

Il Dott. Croce è comunque fortemente ottimista nei confronti del fenomeno, indicando che nel 2015 sono stati censiti in Italia circa 3000 ettari coltivati a Canapa; sono certamente ancora pochi, ma altrettanto certamente è l’inizio di un percorso il quale non potrà che crescere viste le nuove esigenze a cui il nostro mondo sofferente sta andando incontro.

La conversione dall’utilizzo di fibre sintetiche in favore della canapa aiuterebbe una forte riduzione dell’impronta ecologica umana sul pianeta e favorirebbe una presa di coscienza del fatto che si può e deve fare altrimenti attraverso modalità produttive alternative e innovative, le quali talvolta non sono altro che un recupero migliorato di antiche pratiche e abitudini da sempre utilizzate dall’uomo. Dal punto di vista normativo in Italia esiste ancora un vuoto legato al principio attivo THC presente sulle piante di canapa. La distinzione Cannabis Indica e Cannabis Sativa utilizzata per indicare rispettivamente la Cannabis ad alto tenore di THC (Marijuana) e la canapa a basso tenore di THC è un errore botanico perché la canapa è una specie unica. In questo equivoco è caduta anche la normativa italiana antidroga. Tale vuoto è tollerato dal 2009, ma a livello parlamentare si sta finalmente chiudendo la discussione in modo tale che tutto sia correttamente normato e controllabile.

I problemi di gioventù legati al nuovo inizio di questa coltivazione sono legati alla filiera che non è ancora ben costituita sul territorio nazionale. Non ci sono ancora molte macchine perfettamente adeguate al lavoro di raccolta di questa coltivazione, ma la situazione sta man mano migliorando grazie al grande interesse sviluppatosi attorno al tema.

L’augurio finale è quello di veder rifiorire questa produzione che storicamente ha dato tanto al nostro bel paese e che potrebbe contribuire a rilanciare quello che definirei un Nuovo Rinascimento Italiano di cui tutti in cuor nostro sentiamo un grande bisogno sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista di un recupero tecnico-manuale che sia al contempo ecocompatibile, pragmatico e geniale.

ANDREA PAVAN

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