referendum decrescita felice

Referendum costituzionale/Italicum e referendum sociali: la posizione ufficiale del Movimento per la Decrescita Felice

Il Movimento per la Decrescita Felice sostiene le campagne relative al Referendum Costituzionale (Vota No), ed ai referendum sociali e sull’Italicum che in questi mesi sono state portate avanti tramite una mobilitazione dal basso in tutta Italia ed invita i suoi militanti ad attivarsi a riguardo.

Beni comuni, trivelle ed inceneritori sono tematiche che rientrano pienamente nella cornice teorica della decrescita e su cui MDF si è già espressa in passato. Un discorso differente, invece, crediamo debba essere fatto per quanto riguarda il referendum costituzionale/Italicum e per la scuola.
Sebbene possono sembrare argomenti molto differenti fra loro, crediamo che queste tematiche siano legate da un comune “fil rouge” che il pensiero della decrescita sembra cogliere appieno.

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Se pensiamo alla sorte del governo di Tsipras o del governo Berlusconi, appare chiara la profezia che Salvator Allende pronunciò nello stesso anno (1972) alle Nazioni Unite“Ci troviamo davanti a un vero scontro frontale tra le grandi corporazioni internazionali e gli Stati”. E inoltre: “Questi subiscono interferenze nelle decisioni fondamentali, politiche, economiche e militari da parte di organizzazioni mondiali che non dipendono da nessuno Stato. Per le loro attività non rispondono a nessun governo e non sono sottoposte al controllo di nessun Parlamento e di nessuna istituzione che rappresenti l’interesse collettivo. In poche parole la struttura politica del mondo sta per essere sconvolta. Le grandi imprese multinazionali non solo attentano agli interessi dei Paesi in via di sviluppo ma la loro azione incontrollata e dominatrice agisce anche nei Paesi industrializzati in cui hanno sede. La fiducia in noi stessi, che incrementa la nostra fede nei grandi valori dell’umanità, ci da’ la certezza che questi valori dovranno prevalere e non potranno essere distrutti”.

Questo meccanismo perverso, che oggi potrebbe essere definito a buon titolo “crescita economica”, detta legge al mondo della politica. Allorché i suoi frutti cominciano a scarseggiare e i suoi costi ad aumentare, da una parte i mercati richiedono sempre maggiore stabilità ai governi e dall’altra riforme in senso neo-liberistico che, in maniera più o meno diretta, mirano a concentrare la diminuente ricchezza nelle mani di un sempre minor numero di persone. Riduzione dei diritti dei lavoratori, ridimensionamento dello stato sociale, della scuola pubblica e del SSN, privatizzazione dell’acqua e dei beni comuni, distruzione dell’ambiente attraverso il rilancio di uno sviluppo economico predatorio basato principalmente sulle fonti fossili (es. trivelle) e su una concezione lineare e antropocentrica del mondo (es. inceneritori): uno schema ormai condiviso sia a destra che a sinistra.

Il malcontento che deriva da queste riforme rischia di alimentare grandi e piccole rivoluzioni. In tal senso i poteri forti hanno bisogno di una maggiore stabilità politica, una bella definizione, che in fondo sta a significare minori garanzie democratiche per i cittadini e ovviamente più potere a chi è al timone della “mega macchina” economica.

Shout it out

In questo senso la combinazione della riforma costituzionale e del cosiddetto Italicum porterebbe ad un quadro davvero inquietante. La riforma costituzionale attribuisce, infatti, maggiori poteri al governo rispetto al Parlamento e allo Stato rispetto alle Regioni, mentre l‘Italicum, con i capolista bloccati e le candidature plurime, non dà pienamente la possibilità ai cittadini di nominare i propri rappresentanti e, attraverso il premio di maggioranza ed il ballottaggio senza soglia, non fornisce la garanzia di rappresentatività: potrebbe ad esempio permettere ad un partito con il 25% dei voti di governare con il 55% dei seggi.

Simile è il meccanismo per chi governa non lo Stato, ma i banchi di scuola (il preside), un potere molto meno evidente, ma forse più importante perché ha a che fare con le coscienze dei giovani, formati sempre più come buoni tecnici invece che menti critiche, in scuole sempre più specializzate e diseguali.

Questi temi sono fortemente connessi con il pensiero della decrescita. Per quanto riguarda la partecipazione democratica basti pensare al concetto di “autonomia” proposto da Cornelius Castoriadis: una società che si auto-istituisce ed è in grado di darsi le proprie leggi, in contrapposizione all’eteronomia della mano invisibile del mercato.  Relativamente alla scuola vanno citate le riflessioni che Ivan Illich propose sempre nel lontano 1972 in  “Descolarizzare la società”, anche se il tema meriterebbe un’ulteriore approfondimento.

Il Movimento per la Decrescita Felice si impegnerà nelle battaglie che ci aspettano su queste tematiche, ma ritiene necessario non limitarsi a dire NO, ma proporre, sia dal basso (attraverso pratiche virtuose, il cambiamento degli stili di vita) che dall’alto (attraverso la politica e un uso più appropriato delle  tecnologie) un altro modello socio-economico e culturale, non basato su una crescita economica indiscriminata, bensì su una strada alternativa: quella della decrescita.

Il Movimento per la Decrescita Felice

Maurizio Pallante (fondatore MDF)                           Jean-Louis Aillon (presidente MDF)

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Referendum Decrescita

Essendo il tema del lavoro un argomento molto dibattuto nell’ambito della decrescita, abbiamo scelto per ora di non prendere posizione sui referendum sul job act per approfondire la questione e definiremo la nostra posizione a riguardo prossimamente.

Il presente articolo non può essere esaustivo data la complessità degli argomenti. Per maggiori informazioni si rinvia alle seguenti fonti:

https://coordinamentodemocraziacostituzionale.net/

http://www.iovotono.it/

 

2 thoughts on “La Decrescita Felice sui referendum costituzionale/Italicum e referendum sociali”

  1. A questa seria riflessione mi permetto di aggiungere un piccolo tassello: questa riforma costituzionale è stata chiaramente pensata per l’adesione al famigerato TTIP. I documenti della UE paventano 300.000 posti di lavoro in fumo solo in Italia, se a ciò si aggiunge la necessità di fare e disfare il sistema sociale ed economico a beneficio degli investimenti delle corporation, è chiara la necessità di un governo che agisca in perpetuo stato di emergenza e quindi con poteri speciali a tempo indeterminato.

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