Nei giorni scorsi l’Amministrazione Comunale di Taranto ha presentato un seminario con Serge Latouche, Professore emerito di Scienze Economiche all’Università di Parigi XI, su “LA DECRESCITA COME VIA D’USCITA DALLA CRISI”.
Il relatore, autore di numerosi saggi che parlano della “decrescita”, ha relazionato, in un Salone degli specchi di Palazzo di Città finalmente gremito, ad un uditorio molto attento e interessato ad un argomento certamente innovativo.
La nostra associazione, che già da due anni ha iniziato un percorso di studio e divulgazione di questo pensiero rivoluzionario, è stata invitata a collaborare nella fase preparatoria all’evento “Aspettando Serge Latouche” presso la Galleria civica del Castello Aragonese, con un incontro di approfondimento legato alla “decrescita”.
La Bottega delle idee, infatti, ha già avviato nel 2008, con un progetto dal titolo ambizioso “Si può fare, anche a Taranto si può fare”, una fase di studio, di approfondimento e soprattutto di diffusione di quella che potrebbe davvero diventare l’unica via d’uscita dalla crisi, di una società ormai genericamente troppo spinta verso una globalizzazione che, più che guardare al benessere del cittadino, incoraggia un capitalismo sempre meno equilibrato.
Attraverso la manifestazione “DePILliamoci”, realizzata nel dicembre 2008 in collaborazione con il Movimento CittadinanzAttiva, il CSV e l’Adiconsum di Taranto, e soprattutto con la pubblicazione del libro “DAGLI ECCESSI DELLO SPRECO ALLA CULTURA DELLA SOBRIETA’” scritto da Antonio Falerno, socio e fondatore della Bottega, per le  Edizioni Archita, abbiamo inteso proporre una sorta di guida al cambiamento, in atto dal basso, alternativo al sistema ed al pensiero unico dominante basato sul paradigma assoluto della crescita illimitata che alimenta la società dello spreco. Guida che vuole rappresentare un filo conduttore all’attività sociale della Bottega delle Idee, nata con la finalità d’inserirsi in quella soggettività meta politica che ha come protagonisti i cittadini che si organizzano in quella rete diffusa e molecolare delle comunità. Un associazionismo per una cultura sostenibile. Cultura in senso stretto ma anche in senso antropologico, come contributo alla riappropriazione d’identità civica, di appartenenza alla comunità, per favorire un nuovo modello economico, sociale ed ambientale.
Latouche ha parlato di rivoluzione culturale, riappropriazione del territorio, eco compatibilità ambientale, nuovo sviluppo sociale. Concetti che ben s’identificano con le necessità della nostra bella ma martoriata città. 
Parole chiave che in questi ultimi anni stanno finalmente risvegliando quella coscienza civile addormentata per troppi decenni. Forse perché ci stiamo accorgendo che è  ormai impossibile ridurre tutto a quell’unico comune denominatore che è la sopravvivenza.
Per troppi anni il continuo ricatto occupazionale ha svuotato d’energia i tarantini togliendoli qualsiasi ambizione di cambiamento. Quello che però è più importante è che questo stia avvenendo attraverso la rete dell`associazionismo sociale che inizia a lavorare su progetti con cui incalzare le istituzioni in una logica di una politica orizzontale non partitica, fondata non sul potere e la sua gestione dall`alto, ma sulla partecipazione e l`autogestione dal basso. Il mondo dell’associazionismo ha un ruolo notevole per la ripresa civica di un territorio degradato e dissestato come Taranto.
Queste energie però devono essere canalizzate verso un modello di partecipazione diretta, di coinvolgimento attivo, creando un vero e proprio laboratorio di nuove idee e di sviluppo alternativo. Ecco perché è ancora più importante fare rete, essere uniti, viaggiare insieme, anche nel legittimo distinguo, ma nell’ottica del bene comune.
Ogni associazione, ogni singolo cittadino hanno il diritto, e nello stesso tempo, il dovere di impegnarsi per invertire il cammino. Riscoprendo le proprie radici e pensando a progettare un nuovo futuro puntando anche ad una rieducazione dei propri comportamenti.
In questo senso Taranto, con tutte le sue attuali negatività, può rappresentare un terreno fertile su cui poter puntare in una sorta di laboratorio sperimentale, che guarda all’applicazione concreta di una nuova sostenibilità. Per questo le nostre iniziative in tal senso rientrano in quel progetto ambizioso del: “Si può fare, anche a Taranto si può fare”. Perché, anche innescando un progetto d’imitazione su quanto già viene fatto in altre realtà del nostro Paese, con la consapevolezza e la determinazione dell’agire insieme potremmo essere in grado di offrire un’opportunità di riscatto, senza demandare ad altri quello che già noi, nel nostro piccolo, possiamo realizzare.
Certo la politica è importante e con essa bisogna dialogare, ma non attraverso un atteggiamento di sudditanza e timore. Al contrario. Con la consapevolezza che la politica, basata sulla rappresentanza, è un bene comune a cui tutti i cittadini sono chiamati a partecipare. Certo ci sono le istituzioni al cui interno agisce la classe politica. Questa però, non dobbiamo dimenticarlo, è stata eletta solo ed unicamente per rappresentare gli interessi della comunità. Quando ciò non avviene la comunità è legittimata al cambiamento, che può essere anche attuato attraverso una rivoluzione culturale a 360°. Quindi il dialogo ma, anche, la consapevolezza di essere soggetti attivi e capaci di determinare il cambiamento.
Non basta organizzare una bella serata con il Professor Latouche nella casa comunale che è il luogo simbolo della comunità, a cui peraltro erano presenti diversi amministratori, lasciando poi che questa resti un incontro fine a se stesso, quindi servito solo al rilancio dell’immagine della politica e della sua casta. E’ necessario continuare, mettendo in pratica attraverso la buona amministrazione pubblica, gli insegnamenti e le sollecitazioni ricevute. E se questo non dovesse avvenire il mondo dell’associazionismo si deve caricare non solo di denunciare le inadempienze, ma anche di diventare soggetto interlocutore forte con la comunità.
Il Presidente
Luigi Calabrese

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