Dopo avere passato oltre un mese ad arrampicarsi sulle superfici di specchi troppo lisci, dopo avere mandato allo sbaraglio in Tv e sui giornali improbabili rappresentanti del mondo scientifico pervasi di cocente imbarazzo, dopo avere tentato di tergiversare laddove non esistevano spazi né margini, anche il governo italiano si è visto costretto a prendere atto del fatto che la catastrofe di Fukushima ha messo una definitiva pietra tombale sulla fallimentare esperienza della produzione energetica per mezzo del nucleare.

Pietra tombale la cui posa metterà in gravissima difficoltà tutti quegli stati che avevano sposato il nucleare e nei prossimi anni si ritroveranno costretti a smantellare decine e decine di centrali, senza avere il denaro per poterlo fare, dal momento che l’energia atomica è stata per decenni venduta a "basso costo" evitando di contabilizzare l’altissimo impegno finanziario derivante dallo smantellamento degli impianti, i cui costi erano stati demandati a "babbo morto".

Ora che il "babbo" è morto, l’Italia, grazie ai tanti "sovversivi e scellerati" che andarono a votare NO nel 1987, si ritrova in una posizione di assoluto privilegio, non vedendosi costretta nell’immediato futuro ad appesantire il proprio debito pubblico con i cospicui finanziamenti bancari ai quali dovranno giocoforza ricorrere tutti coloro che possiedono centrali nucleari da smantellare, ma non dispongono del denaro per poterlo fare.

Se la pretesa che gli antinuclearisti vengano pubblicamente ringraziati dai fan dell’atomo sulla via del pentimento suonerebbe eccessiva e un poco irriverente, appare al contrario indispensabile una politica energetica imperniata sulle fonti rinnovabili che miri a sfruttare la posizione di forza nella quale verremo a trovarci negli gli anni a venire.

Il ministro dell’Economia Tremonti, dopo i deliri in tema di occupazione esperiti qualche giorno fa, sembra esprimere qualche apertura in questa direzione, ventilando cospicui investimenti futuri nelle fonti rinnovabili, dopo essere stato tardivamente fulminato sulla via di Damasco, ma è ancora presto per valutare quanto possa esserci di vero e quanto di propagandistico in queste dichiarazioni.

Per il resto non ci resta che gioire moderatamente per la resa ampiamente prevedibile di un governo che aveva imboccato una strada dissennata e foriera di "cattivi presagi" per quanto concerne le elezioni imminenti.

Gioire moderatamente, perchè quello della politica è un viscido acquitrino, e occorrerà comprendere quanto questa decisione sia "sincera" e definitiva.

Nel frattempo tutto il carrozzone della politica è in grande fermento ed assume un atteggiamento interlocutorio nel reagire al dietrofront.

Il centrodestra tira un sospiro di sollievo, poichè la scelta, che pur brucia ai molti fan del nucleare, salverà con tutta probabilità la compagine di governo da una debacle elettorale cui avrebbe fatto seguito una ben più dura debacle referendaria, nella quale sarebbe stato messo a repentaglio anche il provvedimento sul legittimo impedimento.

Il centrosinistra che nella follia nucleare del governo aveva trovato linfa per sopperire alla propria inanità, si ritrova spiazzato, mentre già assaporava il gusto della vittoria e si vedrà costretto a produrre proposte politiche che non ha, se intende scendere nell’agone elettorale con qualche chanche di successo.

Antonio Di Pietro vede ridimensionarsi il suo ruolo di morigeratore della politica, agganciato per forze di cose alla grandissima visibilità che gli avrebbe portato in dono il referendum sul nucleare.

Una vittoria senza combattere lascia sempre il gusto di una vittoria a metà, soprattutto quando è forte la sensazione che in fondo possa trattarsi di un cavallo di Troia. Ciò nonostante tutti coloro che non difendono interessi politici di bottega non potranno che rallegrarsi per la decisione, pur con la prudenza e la moderazione che in questo caso s’impongono.

Fonte: Il Corrosivo

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