«Crediamo a questo progetto. Lo abbiamo visto realizzato in Polonia. L’imprenditore farà le cose per bene, è nel suo interesse». Il sindaco Cesare Meletti non ha dubbi. Avanti con il megamacello per suini proposto da Pietro Pini, un investimento da 50 milioni in via Milzanello, su un’area di 100mila metri quadrati a due passi dal casello autostradale.

L’altra sera incontro pubblico promosso dal Comune con i responsabili dell’Istituto Zooprofilattico di Brescia sugli aspetti sanitari legati alla macellazione dei suini. Il 2 luglio, invece, altra assemblea con lo stesso Pini per un confronto diretto con la popolazione. «La nostra Amministrazione – ha detto l’altra sera il sindaco – vuole essere trasparente». L’imprenditore risponderà su dubbi, incertezze, contestazioni palesati in questi mesi dagli oppositori al progetto; spiegherà ragioni e caratteristiche dell’iniziativa. Il 3 luglio, per altro, è in calendario la prima conferenza dei servizi fra i soggetti interessati (Comune, Arpa, Regione, Provincia, azienda…), passo d’esordio nella procedura che dovrebbe portare al nulla osta (o meno) per la costruzione dell’impianto.

L’Amministrazione ha già detto di essere favorevole. «La nostra zona è la più vocata all’agroalimentare. L’impianto sorgerà in un’area favorevole, a duecento metri dalla A21. Negli altri Paesi europei ci si sta indirizzando verso queste strutture industriali, i vecchi macelli sono in difficoltà». C’è poi l’aspetto occupazionale: «L’Hamburger Pini comincerà con 790 dipendenti, poi cresceranno». L’impianto è progettato per 2,5 milioni di capi all’anno, un tetto da raggiungere progressivamente. Secondo il sindaco Cesare Meletti «il nostro territorio non può lasciarsi sfuggire un’opportunità simile di lavoro».

L’altra sera il direttore sanitario dello Zooprofilattico, Giorgio Varisco, e il veterinario Paolo Daminelli, dello stesso istituto, hanno illustrato norme e procedure per garantire la sanità degli animali e la sicurezza alimentare. I controlli ambientali e i rischi derivanti dall’attività dell’impianto sono infatti competenza dell’Asl. Innanzitutto i due tecnici hanno spiegato il quadro generale: quella bresciana è la provincia con la maggiore densità di suini in Lombardia. Un milione e 300mila i capi distribuiti in 820 allevamenti (un terzo del totale regionale). Il distretto Leno-Manerbio ha il primato assoluto lombardo. I macelli più vicini si trovano nel Cremonese.

In caso di epidemie i maiali non possono essere movimentati fuori provincia: il che significa perdita secca per allevatori e filiera. Varisco e Daminelli hanno sottolineato che le regole europee, rigidissime, prevedono il controllo dalla «stalla alla tavola». Tutte le fasi della produzione sono verificate. «Più un macello è grande – ha detto Varisco – maggiore è la sicurezza richiesta. È interesse dello stesso imprenditore garantirla». In caso di problemi, infatti, il fermo della produzione avrebbe effetti economici devastanti.

Alla serata è intervenuto anche Alberto Ventura, fisico ambientale incaricato dal sindaco di valutare una possibile relazione tra il futuro macello e la fabbrica Finchimica. I due insediamenti disterebbero un chilometro. L’indagine serviva per capire le possibili ripercussioni di un incidente alla Finchimica sull’altra attività. L’esperto ha escluso collegamenti. La valutazione dei rischi prefigura conseguenze più o meno gravi solo all’interno dello stabilimento industriale. Il 2 luglio l’incontro con Pini.

di Enrico Mirani

Fonte: www.giornaledibrescia.it

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