Prendo spunto dalle preziose osservazione di Nello de Padova in risposta ad un mio post sul problema abitativo e la decrescita felice, per elaborare un secondo pensiero che si sviluppa in continuità con quello precedente anche se approda su altri lidi.

La difficoltà, o meglio le difficoltà che emergono ogni qualvolta seriamente si cerca di sbrogliare la matassa del sistema crescita, ci fanno capire come la questione sia urgente e meriti ogni attenzione ed impegno.

Un dato che credo emerga ad una riflessione un tantino più approfondita, è la palese evidenza che: da soli non si va da nessuna parte. Nuove comunità e nuovi modi di affrontare la vita si stanno facendo avanti e dovranno ogni giorno essere perfezionati, inventati, sperimentati in ogni dove ci si vuole sciogliere dalle catene del produttivismo esasperato legato alla crescita scriteriata.

Al giorno d’oggi e con l’incalzare del crollo del gigante dai piedi d’argilla, che è questo sistema occidentale, saranno sempre di più coloro che andranno in cerca di nuovi modi di vivere o di sopravvivere. Ed alcuni lo faranno in modo non preparato e con strumenti non sempre adeguati o giusti e con modalità tutta da scoprire e non sempre positive.

Altri al contrario, a questo scenario di cambiamento si stanno già preparando (vivendolo) da tempo e arrivano a questi appuntamenti, non certamente immuni dai danni ma sicuramente più preparati e con fondamenta più solide.

Ma il problema ora non è più del singolo e della famiglia singola. No, il problema ora è sempre di più di intere comunità, quartieri, città piccole o medie fino a toccare le grandi mettendo in crisi stili di vita e di convivialità prima intangibili o quantomeno sicuri. Sempre più persone perdono il loro lavoro, gli stipendi si assottigliano mentre i costi fissi restano tali o addirittura aumentano.

Sono convinto che la strada (non il fine) della decrescita felice sia sempre l’unica reale, concreta e migliore pista da percorrere con assoluta determinazione, ed il salto di qualità in questo momento si può avere solo se coloro che vivendo nei loro luoghi sanno essere una vera comunità decrescista.

Solo in questo modo, cioè con piccole o grandi comunità di persone capaci di vivere nel modo migliore possibile la decrescita, ci si potrà sostenere a vicenda e colmare le difficoltà degli uni con gli altri. Solo in questo modo, si possono aggirare le difficoltà che costi fissi (attualmente difficilmente eludibili), costi di tempo e spazio possono causare al processo di decrescita consapevole che è già in atto.

La sfida è sicuramente alta e non semplice, ma la cosa che conforta è che è già in atto. Abbiamo i circoli territoriali che prima ancora di essere una proposta per l’esterno devono essere ( a mio parere) una testimonianza interna di vita buona e bella che si riflette all’esterno come attrattiva e alternativa perché appetibile nella sua percorrenza. Paradossalmente mi piace immaginare le future comunità, comuni piccoli o grandi che siano, come dei circolo MDF allargati, dove ogni condominio, quartiere, paese si basi e parta dal rispetto per la natura, delle persone e che usi il denaro solo per lo stretto necessario. Tutto questo presuppone l’abbandono dell’illusionistica chimera del  “mi salvo da solo”. Oggi questa illusione millenaria non ha più, nuovamente, basi solide su cui poggiare la sua propaganda ed è ora, soprattutto ora, che chi ha scommesso sulla decrescita deve mettere in comune con gli altri quello che ha imparato. Soprattutto i circoli MDF devono essere quello per cui sono nati ( e che ho già sottolineato in questo spazio) un lievito buono che faccia fermentare tutta la pasta. Circoli sempre più credibili che siano sempre di più delle mini-comunità o delle comunità in potenza, dei modelli di vita che ridestino in chi guarda da fuori con sospetto e diffidenza, quel piacere di vivere che è stato assopito, drogato e falsificato dal mito della crescita infinita apportatrice di benessere.

Sono queste comunità in potenza, i circoli, – che acquisendo credibilità perché fanno quello che dicono e insegnano quello che fanno – che devono e possono dare quel passo in più capace di cambiare molte cose.

Del resto se non ci crediamo con la vita prima noi, perché dovrebbero gli altri?

Alessandro Lauro

Mdf Sorrento

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