Era da un po’ che mi stavo chiedendo come conciliare l’uso delle reti sociali su internet [questa e` proprio una parola che non riesco a trovare in italiano] con le pratiche della decrescita. Il problema non e` banale dato che piu` o meno tutti utilizziamo uno o piu` di questi strumenti che la globalizzazione ci ha messo a disposizione. E mentre vorremmo evitare che tale globalizzazione distrugga quel poco di individualita` locale che ci e` rimasta, il nostro comportamento produce profitti inimmaginabili a pochissimi personaggi che vivono dall’altra parte del mondo.

Ma la domanda vera e` “abbiamo proprio bisogno di credere di avere centinaia di amici e che ad ognuno di essi interessano le foto dei nostri animali domestici, delle nostre scampagnate domenicali o i nostri lamenti sul governo o sull’altro sesso o peggio, che cerchiamo di vendere lo smartofono penultimo modello di cui ci siamo stufati ?”

Per rispondere ho fatto un esperimento. Ho osservato innanzitutto il mio comportamento in una di queste reti, forse la piu` famosa al momento.

Avevo raggiunto un paio di centinaia di amici, dei quali pero` solamente una cinquantina erano persone che avevo incontrato almeno una volta, gli altri erano tutti illustri ed inutili sconosciuti. Alcuni a dire il vero li detestavo proprio e li tenevo li giusto per sapere come pensa chi non la pensa come me.

Inoltre avevo notato che le mie esternazioni destavano ben poco scalpore, certo potra` benissimo essere a causa della mia mediocrita` e non a causa del fatto che in realta` nessuno si cura di cio` che gli altri pubblicano. Ma questo e` proprio il punto, la pubblicazione periodica dei nostri pensieri, brillanti ma inascoltati o mediocri ed ignorati che siano, ci da` l’illusione di essere importanti. E puo` anche essere che alcuni di noi abbiano pensieri che interessano alle folle, certamente in un modo o nell’altro le avremmo raggiunte comunque, con o senza il supporto delle reti sociali, cosi` come fecero i grandi del passato, condottieri, statisti, profeti o criminali che fossero.

E quindi ho fatto la controprova, ho cominciato a cancellare quegli amici che in realta` non conoscevo… nessuno ha fatto una piega. Poi ho annunciato che me ne sarei andato dicendo che avrei continuato a restare in contatto con chi l’avesse voluto usando la normale posta elettronica… su un centinaio di “amici” solo quattro o cinque se ne sono accorti, gli altri neanche si son voltati. Infine ho chiuso le comunicazioni e messo il mio acconto in sospeso cambiandogli anche nome cosi` chi l’avesse voluto avrebbe ancora potuto trovarmi e contattarmi se gli mancavo.

Ebbene, delle centinaia di amici virtuali, gli unici che sono rimasti in contatto, sono stati quei pochi di lunga data o con cui si era sviluppato qualche particolare interesse che si sarebbe potuto scoprire anche con con mezzi tradizionali.

Cosa concludere ? La vita bilanciata a velocita` umana non ha bisogno di centinaia di amici fasulli, ma solamente di continuare a coltivare quei pochi validi e sinceri contatti con i mezzi di sempre e carta e penna vanno ancora benissimo (ho verificato che le poste funzionano ancora perfino tra emisferi diversi).

Insomma, possiamo continuare ad usare le velocita` che da sempre fanno parte della vita umana e soprattutto puntando sulla qualita` piuttosto che la quantita`. Ovvio no ?

Fonte: Decrescita Felice Social Network

2 thoughts on “Un’esperienza sociale”

  1. Hai espresso a parole scritte esattamente ciò che ho provato io un anno fa disattivando il mio profilo sulla suddetta rete sociale. E anzi, la cosa più buffa che a me è capitata è stata quando ho lasciato questo messaggio prima di abbandonare per sempre: “I am about to leave facebook, definitively. I wish I could hear my far friends anyway. It will cost an extra effort but I have faith in pure feelings”. Sai cosa mi hanno risposto in molti? Che avrebbero dovuto fare lo stesso o cose simili !!!

  2. non mi trovate d’accordo. facebbok permette di contattare persone che non si vedono da tanto tempo (ad esempio vecchi compagni di classe) o che abbiamo incontrato durante un’esperienza particolare (ad ex. durante un viaggio)senza per questo risultare invasivi (una telefonata può essere di troppo) o senza doversi ritagliare uno spazio di tempo apposito per mantenere in vita questi contatti (una lettera richiede tempo, gli indirizzi mail si cambiano e tanto sono su facebook, sento un pò che fa tizio).

    i social network sono un esempio di comunicazione postmoderna, che perde il suo carattere esperenziale forte guadagnandone in rapidità e nella possibilità di contattare più persone contemporaneamente. o meglio: quando scrivevo una lettera mi prendevo la mia bella ora, ci pensavo, ci ripensavo, scrivevo, buttavo ricominciavo: la lettera era un’esperienza forte, parte di me si trasmetteva in quel foglio per arrivare al mio interlocutore. ma arrivava davvero al mio interlocutore, o lui la leggeva rapidamente e rispondeva per cortesia? e quante lettere mandavo inviandovi parte di me? non facciamoci ingannare da le ultime lettere di Iacopo Ortis: nella realtà (e soprattutto nello scenario post-bellico) poche lettere hanno avuto un reale valore esperenziale per il mittente.

    facebook, invece, permette di contattare più persone con un messaggio (ho organizzato un sacco di feste o di serate così); permette inoltre di scriversi cazzate e scherzi (che non fanno mai male) e non impedisce di mandare messaggi importante alle persone a cui teniamo.
    quindi non demonizzerei facebook sul lato del messaggio.
    per quanto riguarda la bacheca: può essere uno strumento di informazione (come è successo per la primavera araba e per i referenda in Italia, anche se, naturalmente, nessuno dei due episodi si esaurisce in facebook) o di passatempo: non impedisce nessuno dei due usi. io su facebbok rido, guardo foto stupide, ma ho imparato anche a fare il dentifricio in casa perché seguo green economy.

    facebook è uno strumento quasi neutro (alcune cose potrebbero essere migliorate per garantire una maggiore selezione dell’informazione qualora richiesto) e per questo è l’uso che ne facciamo a qualificarlo. per favore, non fate i retrò “era meglio scrivere le lettere” perchè nessuno mi commenta sulla bacheca. se c’è una cosa che facebook insegna è che non sono i singoli ad essere seguiti, ma i gruppi che portano avanti qualche idea. poi magari questi gruppi troveranno qualcuno che ci mette la faccia, ma inizialmente sono le collettività a portare fuori le idee. questo procedimento è mascherato dalla lettura attuale della storia, che individua gli uomini e mai chi li ha formati, seguiti, aiutati nel loro cammino, per cui ci sembra quasi che Napoleone sia diventato imperatore da solo, mentre invece l’idea di superare la repubblica ce l’avevano già in molti, e Napoleone è stato il rappresentante migliore di quella istanza.
    non sputate a casaccio sul nuovo rifacendovi a un vecchio che spesso è diverso da come lo descrivete, altrimenti ha ragione chi dice che vogliamo tornare all’età della pietra.

    michele

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