Si salvi Caldarosa dalle trivelle. È l’accorato appello degli abitanti (e non solo) di questa piccola frazione in provincia di Potenza, in Basilicata, a ridosso dell’Appennino Lucano (qui trovate la petizione online).

In questi luoghi , tra pascoli, boschi e sorgenti, proprio sul confine del parco nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, ci ha messo le mani l’Eni, con l’intento di trivellare questa magnifica zona della Lucania (regione che, ahimé, già conosce i danni dello strapotere del petrolio).

Era il dicembre del 2012, infatti, quando ENI S.p.A. – Distretto Meridionale chiese alla Regione Basilicata, dipartimento ambiente, ufficio compatibilità ambientale, la pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi della L.R. 47/98, per il “progetto di sviluppo Caldarosa” situato nel comune di Calvello – concessione Val d’Agri.

Progetto sviluppo“, attenzione, che prevede la realizzazione di due nuovi pozzi “Caldarosa 2 e 3” e la relativa strada di accesso e la messa in opera di due oleodotti di collegamento tra la postazione “Caldarosa 2 e 3”, il pozzo Volturino 1 e il centro olio Val d’Agri.

In buona sostanza, la compagnia del famoso cane a sei zampe, nel suo nuovo programma diraddoppio petrolifero in Val d’Agri e in Basilicata, è intenzionata a trivellare i pozzi “Caldarosa 2” e “Caldarosa 3” in un’area che si dimostra vulnerabile sia dal punto di vista ambientale che naturalistico. E non solo: il progetto di Eni minaccia anche il delicato sistema idro-potabile dell’Appennino Meridionale, già pericolosamente sottoposto alla intensa attività di ricerca e alle estrazioni di idrocarburi, che hanno inquinato corsi d’acqua, laghi e sorgenti.
È per questo che occorre dar voce e solidarietà ai cittadini lucani e fermare questa tragedia ambientale.

Ecco la petizione online.

PERCHE’ FERMARE IL PROGETTO.

Perché è un luogo di gigli rossi e zafferano ancora scarsamente antropizzato. E già solo questo vale oro.
Perché è una splendida zona a ridosso dell’area Sito di Interesse Comunitario del Monte Caldarosa, inserita nell’elenco nazionale dei biotopi dalla Società Botanica Nazionale.
Perché vigono le misure di salvaguardia della Rete Natura 2000, una rete ecologica istituita ai sensi della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE per garantire il mantenimento degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna.
Perché confina con il Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.
Perché è una zona riconosciuta a livello europeo come area importante per l’avifauna.

Ma, lamentano i cittadini, quando l’interesse economico spinge, non ci sono “riconoscimenti ambientali” che tengano e tutto è consentito. Come se le trivellazioni fossero cosa da poco. Intanto, la OLA (“Organizzazione Lucana Ambientalista”) e l’Associazione “Articolo9 ” hanno inviato il loro esposto alla Commissione europea per chiedere un formale controllo delle procedure d’autorizzazione finora seguite. E a ottobre Ola, Salviamo il Paesaggio e “Articolo 9″ hanno presentato ed illustrato presso il ministero dell’Ambiente il loro dossier.

Insomma, salviamo la Basilicata dalle trivellazioni!

Germana Carillo

Fonte: GreenMe.it

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