Una delle nuove attitudini che il genere umano deve necessariamente sviluppare è quella del guardare. 

Per poter guardare, vedere e osservare bene c’è bisogno di rallentare un momento il ritmo frenetico che ci fagocita ogni giorno, compresi quelli così detti “liberi”. Una volta rallentanto il ritmo, a partire da quello respiratorio, allora saremo in grado di poter vedere qualcosa di diverso.

E’ molto importante quest’aspetto e forse è decisivo. Lo è perché se non sappiamo vedere bene corriamo ben due rischi gravissimi ed imperdonabili. Il primo, quello di non vedere la vita che ci sta scorrendo e scappando dalle mani. Il secondo: quello di non vedere dinnanzi strade nuove e migliori e quindi nella migliore delle ipotesi di adeguarci al sistema schiavistico attuale. Nella peggiore di metter fine alle nostre esistenze. Si perché il suicidio di cui si parla sempre troppo poco e che sembra prenderci sempre alla sprovvista, cos’altro è se non un dolore così grande di fronte a strade non viste o che sembrano senza via d’uscita? E i malesseri interiori – sempre più in aumento – cos’altro sono se non effetti collaterali di un sistema diabolico, nel senso etimologico del termine, cioè che scinde le persone fino a farle perdere?

Ecco allora che imparare a guardare è una disciplina da insegnare fin da piccoli. Un’ancora di salvezza e di forza per tutta una vita. Oggi il nostro allenamento alla vista è esercitato perlopiù su schermi televisivi, tablet o di cellulari. Nella migliore – e auspicabile – delle ipotesi attuali, su pagine di un buon libro. Il sempre crescente bisogno indotto di velocizzare tutto, ci ha tolto anche il gusto del saper ammirare un paesaggio mentre si è in viaggio.

Se si usa l’auto, abbiamo tragitti pensati in modo da restare o imbottigliati nel traffico e a stressarci oppure progettati per correre quanto più possibile, per arrivare prima. Gli stessi treni oramai sono “ad alta velocità”, sempre più veloci, sempre più lucenti, sempre “più”. Così veloci che ammirare un paesaggio diviene una sfida col contachilomentri del veicolo, che non manca di segnalarci che “stiamo viaggiando a 300 km/h”. Chissà forse arrivando a 350 m/h si vince qualcosa…

Eppure educare lo sguardo, ci dicono ricerche recenti di neuroscienze, è fondamentale anche per il corretto funzionamento del cervello, per il suo sviluppo e per la sua giusta produttività e soprattutto per la crescita umana della persona.

Saper guardare significa saper accorgersi che non si è soli su questo pianeta. Significa per prima cosa saper porre una distanza salutare e accorgersi che esistono altri essere viventi. Non solo altre donne ed uomini che meritano il nostro rispetto e la nostra giusta attenzione ma anche che esiste la Natura, di cui noi razza umana non ne siamo i padroni e – magari stupirò qualcuno – neanche più i custodi, se per custodia si intendono gli scempi degli ultimi decenni in particolare.

La natura e i suoi infiniti abitanti sa badare tranquillamente a se stessa! del resto ha fatto così per milioni di anni producendo perle di evoluzione e sofisticati sistemi di sviluppo. Di tutto questo sviluppo millenario pochissime persone ne conoscono la storia e la tramandano e quindi pochissimi possono e riescono a goderne in pieno. Ma questo non è colpa di questi pochi che ne hanno la conoscenza e il piacere ma dei molti che hanno preferito mettere gli occhiali dello sviluppo ad ogni costo e usare il collirio dell’arroganza umana nello gestire la ricchezza della Terra.

I nostri figli e i nostri nipoti non sanno come nasca un fiore, cosa sia un albero, come spuntino le insalate. Se provate a chiedere in una scuola, potrebbero rispondervi che le verdure crescono nei supermercati!

Vi sono mondi, letteralmente mondi, che sono oscurati e nascosti. Mondi fatti di una bellezza che cura. Il mondo vegetale ricchissimo di specie viventi con innumerevoli sorprese evolutive, da far restare a bocca aperta chiunque. Vi è il mondo degli insetti che è di un fascino e di un’importanza cruciale. Basti pensare al fondamentale apporto delle api.

Vi è poi il mondo animale, che negli ultimi anni potrebbe insegnare tantissimo alla così detta razza umana. Un mondo eccezionale nella sua varietà che stiamo sperperando e inquinando. Siamo capaci anche di “antropotizzare” certe specie privandole del loro naturale istinti. Sinceramente con tutta la buona volontà, non riesco proprio a concepire le persone che castrano cani e gatti perché magari sono “irrequieti”. Ma perché non si castrano i loro padroni? perché privare altri esseri dei loro istinti? Ma si può essere così cattivi ed idioti? Si se non si possiedono occhi nuovi, sguardo profondo.

Deforestazioni, mari invasi da ogni tipo di spazzatura, consumo del suolo, scomparsa di specie animali e vegetali, sono solo il “frutto cattivo” della nostra mancanza di occhi veri, capaci di scoprire la meraviglia del mondo di cui facciamo parte e di cui non siamo padroni né custodi.

Dovremmo esserne responsabili,che è diverso. Avere la pretesa di esserne i padroni porta solo allo sfruttamento. Ma anche la pretesa di esserne custodi può nascondere in sè la presunzione di poter decidere a priori ciò che è giusto e buono da ciò che in vece non lo è- Diverso in vece è il discorso sulla responsabilità. Questa infatti implica il renderne conto ai nostri figli, i nostri vicini, ai nipoti e le generazioni future. Implica il sentirci chiamati in causa, investiti dal peso giusto di qualcosa di importante e vitale. Si, perché quando parliamo di natura, di animali, piante, insetti stiamo parlando di Vita.

Ma per poterne essere responsabili, per poter assolvere questo nobile compito, bisogna avere occhi diversi, occhi “altri” capaci di commozione e compassione anche verso forme di vita che – con superbia – definiamo inferiori.

Le scuole e le famiglie dovrebbero investire tempo e risorse per recuperare il sano contatto con quell’organismo vivente che per convenzione chiamiamo Natura. Sarebbe il più grande investimento per il futuro. Vi sarebbe uno sviluppo umano pieno, ricco di imprescindibili sfumature, con capacità di discernimento per il futuro qualitativamente alte. Oggi se uno o più alberi sembrano pericolanti o sono semplicemente d’intralcio è molto più probabile che con una perizia di parte si ottenga l’abbattimento dello stesso. Senza tener conto del numero degli anni di quella pianta e senza tentare soluzioni alternative. Questo è il frutto di occhi chiusi, ristretti, opachi, che si sono alimentati di orizzonti ristretti e miseri. Uno sguardo largo, fatto di occhi diversi tiene in considerazione il valore inestimabile della vita vegetativa e il vantaggio che questa può arrecare all’intera comunità, così come il danno che la sua mancanza può arrecare ad un’intera comunità. Lo stesso esempio può essere applicato su altri campi e in altre situazioni.

Ma chi può fare questo discernimento? chi può rendersi responsabile? Soltanto chi ha occhi nuovi. Del resto se non si è capaci di vedere, osservare, gustare quanto di bello e di buono e di sano vi è intorno a noi, come possiamo sapere chi, cosa e come esserne responsabili?

Alessandro Lauro

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