Quando mi viene chiesto “perché proprio la decrescita felice?” le reazioni interne sono sempre molto varie. Mi viene chiesto in svariati ambiti e svariate situazioni. La presentazione di un libro, un incontro di formazione, una semplice discussione tra amici o tra conoscenti.

Se le situazioni sono varie, posso dire che le argomentazioni anche lo sono. E questo per ovvie ragioni di contesto.

Tuttavia vi è un linea rossa di fondo che accompagna sempre le mie argomentazioni. E se volete, la passione delle mie argomentazioni. Non si sceglie la filosofia della decrescita felice per pura moda o per convenienza. Si è vero, molti lo fanno e lo faranno, ma quando è così, solitamente svanisce tutto in breve tempo.

Dalle passioni invece non si può abdicare.

Qual è dunque questo filo rosso che lega la mia scelta e credo quella di tanti altri? Qual è questo filo sotterraneo che spinge sempre più persone a mettere in discussione l’attuale modo di vivere e pensare?

Senza ombra di dubbio è il desiderio di una vita differente. E’ da qui che passa lo spartiacque tra chi aderisce o guarda al movimento con simpatia ma alla distanza e chi invece ne fa quasi una ragione di vita. Una seconda pelle.

Si, va detto con franchezza: a noi un certo modo di vivere non piace proprio. E non restiamo con le mani in mano oppure non ci fermiamo alla sterile lamentela. Amiamo provare, osare risposte che potranno anche fallire, ma che sono ben ponderate e calibrate. Non abbiamo timore dei fallimenti. Sappiamo molto bene che sono solo passi necessari verso il traguardo.

Non amiamo accontentarci di un mondo inquinato. Un mondo dove l’acqua ha perso il diritto di essere di tutti, dove i mari e i fiumi sono solo enormi cestini a disposizione di persone senza una coscienza e sensibilità. Un mondo dove la terra e i suoi abitanti sono solo mezzi per la soddisfazione dei bisogni – spesso indotti – della specie umana, e non esseri con una loro autonoma dignità che va sempre preservata e rispettata.

Non ci accontentiamo di sistemi produttivi dove nel nome del Moloch denaro, vengono sacrificati gli uomini e i loro affetti. Dove i ritmi di lavoro sono più importanti degli affetti. Dove i messaggi che i mass media trasmettono, sono sempre che senza denaro non vi è futuro. Non ci accontentiamo di questo stato di cose dove sembra non esserci alternativa: “O lavori e vivi a queste condizioni, oppure puoi arrangiarti da solo”.

Non ci accontentiamo di dover sempre rimandare le nostre vite perché ora qualcun altro deve vivere la sua a nostre spese e spalle.

Non ci accontentiamo di società dove ognuno è portato a pensare a se stesso o al suo piccolo orticello. Dove la parola solidarietà o comunità è stata sostituita dal concetto di individualismo e menefreghismo.

Non ci accontentiamo di essere massificati in questo modo di ragionare. E non ci accontentiamo neanche di vedere tanti nostri amici, parenti, simpatizzanti, essere schiavi di questo pensiero e non accorgersene o di non avere la forza per uscirne.

Non ci accontentiamo di questo e di tante altre situazioni che rendono quotidianamente gli esseri umani, animali e vegetali, strumenti e non fini.

Non ci accontentiamo di rinunciare alle nostre relazioni, perché sappiamo che gli altri sono il bene più prezioso che abbiamo.

Siamo quelli, che con tutti i difetti di questo mondo e senza alcuna pretesa di superiorità, hanno iniziato ad aprire gli occhi. Persone normali che hanno su di sè un piccolo fardello da portare. Trasmettere in un mondo di persone convinte di un certo modo di vivere, che sono nell’errore e che perseguire tale modello porterà solo alla distruzione personale e comunitaria.

Non è facile. Può essere affascinante, ma non è semplice andare controvento. Eppure questo ci viene chiesto quotidianamente. Ci viene chiesto dai fatti. Ci viene chiesto dalla natura che agonizza. Ci viene chiesto da quelle stesse persone apparentemente sorridenti ma insoddisfatte e infelici, che ogni giorno cercano una rotta e un approdo sicuro ma non li trovano.

Si, la decrescita felice è un’esperienza di sensibilità e cultura. Occorrono spalle forti e animo robusto. Non la si inventa e non la si improvvisa, la si pratica e la si trasmette a quante più persone.

Presto, se possibile.

Alessandro Lauro

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