Ogni buon intenditore di cose di casa sa che a tempi precisi bisogna dare una lucidata agli oggetti di valore che si hanno in casa. Oro e argento abbisognano di manutenzione per essere tirati a lucido. E’ un po’ quello che mi prefiggo di fare ritornando alle origini del movimento cristiano, per tentare di risvegliare una certa lucentezza che con duemila anni di storia si è offuscata abbastanza. E siccome resto sempre convinto che siano molte le affinità che la decrescita ha nei riguardi del cristianesimo e che quest’ultimo possa attraverso le donne e gli uomini di oggi dare un grande apporto di cambiamento sociale – come lo fu ai suoi albori – provo a dare un’ulteriore rispolveratina in modo tale che ognuno possa farne memoria per se (se credente) o per i credenti se avrà il piacere (si spera!) di incontrali.

Oggi parliamo del rapporto tra condivisione e felicità. Resto convinto che aldilà di ogni motivazione religiosa (legittima) quello che fa la differenza in questa nostra epoca di enormi disparità sociali e soprattutto di mancanza di senso e felicità, sia soprattutto il mostrare concretamente una gioia e un modo di vivere che produca felicità.
Una via, una strada è sicuramente quella di uno stile di vita che sia sobrio e che sia fatto di condivisione. Oggi si sente tanto parlare di “peccato contro natura” e con questo termine si fa solo riferimento alla sfera sessuale e al mondo della famiglia. Ma facendo questo – senza entrare nel merito delle specifiche questioni – si fa un’opera di non verità nei confronti del Vero peccato contro natura che per i padri Antichi era la proprietà privata! Basta andare a leggere con intelligenza la Bibbia e i discorsi di vescovi e autori autorevolissimi come Ambrogio, Agostino, Giovanni Crisostomo, Basilio, che additano come grave peccato per gli uomini la proprietà privata intesa come una divisione tra uomini di serie A e di serie B che generi sofferenze e divisione tra gli uomini. Un vero abominio agli occhi di Dio.

Ma ritornando al nostro tema, possiamo dire con certezza che siamo tutti coinvolti nella spirale perversa che questa società da anni ci ha inculcato: “Chi più ha più è felice!”; “Possedere qualcosa, beni e denaro, ci assicurano il futuro ed una vita meno faticosa e più serena”. Ma ne siamo sicuri? Il mito della “Roba” – come scriveva Pirandello – ci ha annebbiati tutti – per cui oggi se qualcuno non può permettersi di acquistare qualcosa, se qualcuno non può permettersi (pur lavorando) di acquistarsi una casa, o un’automobile, oppure l’ultimo modello tecnologico, cade preda del buio e delle tenebre interiori e si rischia di non vedere più un futuro, né tantomeno la felicità e il rischio di una vera depressione è sempre dietro l’angolo. Ma anche qui non ci si ferma e si pensa: esistono le medicine e se non posso permettermi una casa, posso almeno permettermi un dottore che mi aiuti a sopravvivere.

Precisando che è un davvero un “peccato contro natura” che non tutti possono permettersi una casa di loro proprietà, che non tutti possono accedere al VERO benessere, resto fermamente convinto che questa spirale vada spezzata ed anche presto. E un ruolo fondamentale devono, non possono, ma devono rivestirlo i cristiani, quelli veri e fedeli al loro Signore. Pena una loro infedeltà al Vangelo! Bisogna spezzare l’idea che la felicità sia legata al denaro! Questa è una grande truffa che uccide letteralmente donne e uomini rendendo la loro vita un vero inferno qui! Certamente, i soldi servono, sono necessari per poter vivere ma la differenza lo fa lo stile di vita. Chiusi in un individualismo sfrenato, abbiamo dimenticato la dimensione comunitaria del vivere, dello scambio e del dono reciproco. In una ceca autosufficienza pensiamo di poter fare da soli, siamo sospettosi verso tutti e pensiamo di potercela cavare da soli. Anzi siamo certi che da soli dobbiamo andare avanti eliminando tutto e tutti quelli che ci sono di ostacolo. Questa è la via verso la catastrofe. Va recuperato lo stare insieme, il condividere i beni, il fare qualcosa per l’altro, il donare. Nella Bibbia, negli Atti degli apostoli è detto da Paolo che Gesù era solito dire “Che c’è più gioia nel dare che nel ricevere” E questo è vero ma per essere creduto va sperimentato! Dove sono le comunità belle che “splendono come lampade sopra i lucernieri”? Dove sono i cristiani che vivendo con uno stile sobrio sanno inquietare i signori di questo mondo spezzando l’illusione che sia il denaro l’unica fonte di felicità? Dove sono i cristiani che vivendo insieme come comunità si fanno riconoscere da come si vogliono bene e da come vivono in sobrietà e felicità? Dove sono le comunità cristiane, uomini e odnne che lavorano insieme a noi che mostrano la loro felicità di essere tali e che non fondano la loro gioia nel possedere ma nel condividere tutto perché hanno il cuore pieno? Credo che da credenti abbiamo una grandissima responsabilità soprattutto in questa società – che eminenti sociologi dichiarano depressa –di mostrare una vita ricca di senso e portatrice di segni di felicità! Lo chiedono i nostri figli, amci, compagni, amori… spenti, senza senso, depressi da una società di consumi che ci consuma l’anima di qualunque credo, religione, movimento appartenga.
Esistono beni che nessuna moneta potrà mai comprare e uno di questi è la Gioia.

Lascio spazio a voci molto più autorevoli di me, ricchi di una profonda conoscenza psicologica e del cuore umano, attualissimi pur essendo vissuti molti secoli addietro. che dovrebbero scuotere noi credenti e noi uomini e donne nelle fondamenta, perché ognuno deve sentirsi responsabile del bene proprio e del prossimo.

“Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (Gesù di Nazareth)

“Sii povero sei vuoi essere ricco” ( Giovanni Crisostomo)

“State attenti voi che sguazzate nelle vostre ricchezze, affinché non sospirino i bisognosi, e il loro gemito non giunga a Dio e non veniate chiusi fuori della porta, voi con tutte le vostre ricchezze” (Il pastore di Erma)

“Chi ha troppo non è fratello ma ladro” (Gregorio di Nissa”)

“Considera anche quelli che reputi ricchi e che aggiungono possedimenti su possedimenti, scacciano i poveri dalla propria terra e allargano le loro tenute fino a non conoscerne i confini. Possiedono un’immensa quantità d’oro e d’argento, favolosi depositi di ricchezze che si elevano imponenti o sono nascosti nella profondità della terra. Eppure costoro, in mezzo alle loro ricchezze, sono pieni d’ansia e di preoccupazioni. Hanno paura che i ladri li derubino, che i sicari li perseguitino, che i più ricchi presi da invidia li tormentino con calunnie e liti. Non mangiano e non dormono tranquilli. Quando banchettano, anche se bevono in coppe preziose, sono preoccupati. Quando poi vanno a dormire con il corpo rovinato dalle gozzoviglie e si sprofondano nelle morbide coltri di un letto troppo soffice, pur tra le piume, non riescono ad addormentarsi. Questi infelici non capiscono che quelle meraviglie non sono altro che tormenti, che non sono loro i padroni dell’oro, ma è l’oro che li tiene e li possiede…dicono che è loro quel denaro che custodiscono con inquietudine chiuso in casa come se fosse di altri e non spendono mai nulle per gli amici, per i figli e neppure per se stessi…terribile contraddizione chiamano beni ciò che serve loro sola a far del male. (Cipriano)

“Che cosa risponderai a Dio, tu che rivesti i muri e non vesti il tuo simile? Tu che orni il tuo cavallo e non hai uno sguardo per il tuo fratello in miseria” (Basilio il grande)

“Piccoli figli, non amiamo a parole e con la lingua, ma con l’opera e la verità” (Gesù di Nazareth)

“C’è il ricco che ruba il bene di tutti, e c’è il ricco che distribuisce il proprio ai poveri: uno è ricco nell’ammassare, l’altro nel distribuire; uno semina la terra, l’altro coltiva il cielo” (Giovanni Crisostomo)

“Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede, ma non ha le opere?…Potrà forse salvarlo la fede? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: “andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede, se non ha le opere, è morta in se stessa. Al contrario uno potrebbe dire: “Tu hai la fede e io ho le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”. Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene! Ma anche i demoni lo credono e tremano. Ma vuoi capire o stolto, che la fede senza le opere è inutile?” (San Giacomo apostolo Gc 2,14-20)

“Se pratichi l’elemosina con ciò che hai ricavato da un’inumana esazione delle imposte, essa è piena delle lacrime e dei sospiri altrui. Se il povero sapesse da dove ricavi l’elemosina, non l’accetterebbe, per non divorare la carne dei fratelli e il sangue dei familiari. Ti direbbe con grande franchezza: “Non nutrirmi o uomo, con le lacrime fraterne. Non dare a un povero del pane impastato con i singhiozzi dei fratelli di miseria. Restituisci al tuo simile quello che gli hai ingiustamente sottratto e te ne sarò riconoscente”. Che giova, quando rendi poveri molti, consolarne uno solo?” (Gregorio di Nissa)

Fonte: Sorrento per la Decrescita

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