Potrebbe essere la Cmc, «potentissima cooperativa rossa», ad azzannare con le sue ruspe anche il sottosuolo di Chiomonte per il “cunicolo esplorativo” destinato ad avviare i cantieri per la Torino-Lione: proprio loro, gli imprenditori amici dello “smacchiatore” Bersani, sono già stati coinvolti nel disastro ambientale del Mugello rimasto a secco per i lavori della Bologna-Firenze. Ma non solo: sempre la Cmc, scrive Fabio Balocco sul “Fatto Quotidiano”, è oggi impegnata in un’opera altrettanto contestata, l’ampliamento della base Nato Dal Molin di Vicenza. E dopo aver partecipato all’ingrandimento della base siciliana di Sigonella, la Cmc sarebbe coinvolta anche per il ponte sullo Stretto di Messina.

«Ci rubano il territorio, cioè il futuro», scrive Balocco, che è un avvocato che milita nel pool legale dei No-Tav. «Tra i primati alla rovescia di cui Antonio Cedernapossiamo vantarci – scriveva Antonio Cederna, pioniere dell’ambientalismo italiano e storico leader di “Italia Nostra” –  c’è anche quello di essere i maggiori produttori-consumatori di cemento nel mondo, due-tre volte gli Stati Uniti, il Giappone, l’Unione Sovietica: 800 chili per ogni italiano. E lo spreco porta al consumo irreversibile di quella risorsa scarsa e irriproducibile che è il territorio». Gli esperti, scriveva Cederna all’inizio degli anni ‘90 nel saggio “Brandelli d’Italia”, calcolano che nell’ultimo trentennio abbiamo sommerso sotto cemento e asfalto un quinto dell’Italia, circa sei milioni di ettari.

«Andando avanti con questo ritmo – proseguiva Cederna – tra tre o quattro generazioni tutta l’Italia sarà consumata e finita, ricoperta da un capo all’altro da un’ininterrotta e repellente crosta edilizia e stradale, con tutte le catastrofiche conseguenze immaginabili: inquinamento, dissesto idrogeologico, cancellazione di paesaggio e natura». Per Cederna, l’Italia è dunque «un paese a termine, dalla topografia provvisoria, che si regge su un avverbio: questa foresta non è ancora lottizzata, quel centro storico è ancora ben conservato, questo tratto di costa non è ancora cementificato ecc. E lo diciamo ben sapendo che il peggio deve ancora venire». Previsione esatta, datata 1991: secondo il rapporto “Ambiente Italia 2011” di Legambiente, spiega Balocco, negli ultimi 15 anni il consumo di suolo è cantieridrammaticamente cresciuto: raggiungendo una superficie stimata equivalente a quella di Puglia e Molise messe insieme, qualcosa come 2.350 ettari.

«Forse un po’ ingenuamente – osserva Balocco – nel suo “La distruzione della natura in Italia”, del 1975, Antonio Cederna etichettava come “di destra” l’economia che c’è a monte del consumo di territorio. In realtà – aggiunge l’avvocato No-Tav, editorialista del “Fatto” – già allora si capiva che il consumo di territorio non ha colorazioni politiche: è grigio come il cemento». La Liguria, ad esempio: «Regione tradizionalmente di sinistra, aveva già perso negli anni Settanta buona parte dei suoi aranceti per fare spazio alle seconde case di torinesi e milanesi, ed è proprio in Liguria che nasce il fenomeno della “rapallizzazione”, condannato anche da un giornalista conservatore e illuminato come Indro Montanelli».

Se poi ci spostiamo più avanti negli anni e arriviamo al primo decennio del terzo millennio dopo Cristo, ecco l’esempio della regione ancor più tradizionalmente di sinistra, l’Emilia-Romagna, in cui negli ultimi  cinque anni – secondo l’Istituto Nazionale di Urbanistica (Inu) – il territorio urbanizzato è cresciuto del 8,1 per cento. E l’Osservatorio Nazionale per il Consumo di Suolo (Oncs) ha stimato che in Emilia Romagna dal 1975 ad oggi si è costruito con un ritmo di 8 ettari al giorno. Inutile aggiungere che Fabio Baloccoproprio la Romagna è la terra da cui proviene l’ormai potentissima Cmc, vicina al partito di Bersani e inserita a pieno titolo nella lobby nazionale del cemento.

Per fortuna non mancano indizi di segno contrario: «La gente comincia a prendere coscienza e arriva qualche piccolo segnale di speranza: da Domenico Finiguerra, dai Comuni virtuosi, dal movimento “Stop al Consumo di Territorio”. Non è tantissimo – ammette Balocco – ma è già molto, dopo che per anni si è subita passivamente la logica brutale ed insensata di questa economia, che ruba il futuro a noi tutti». In ultimo, sempre sul versante positivo: la multinazionale Ikea, che ci tiene a dare di sé un’immagine ecosostenibile. «Parafrasando Albanese – chiosa Balocco – si potrebbe affermare: “Ecosostenibile una beata m…”». Proprio alle porte di Torino, l’Ikea ha infatti realizzato il più grande centro vendita d’Europa su terreni agricoli di alta qualità, a Collegno. «E finalmente ha ricevuto un rifiuto a realizzare un secondo punto vendita in Piemonte con l’occupazione di altri 16 ettari, sempre di terreni agricoli».

Fonte: Libre

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