Anche quando i tempi sembrano apparentemente buoni, né la società né l’ambiente possono sostenere una continua espansione dell’economia.

Quanto di questo è reale? Quanto lo è gran parte della crescita economica degli ultimi sessanta anni? Quanto lo sono la ricchezza e il benessere, gli stipendi e le pensioni che le persone anziane ritengono normali, addirittura necessarie? Quanto di tutto ciò è un’illusione, creata da livelli di indebitamento, finanziario ed ecologico, che non possono essere sostenuti? Andate in Irlanda e vedrete che anche un negozio reale è oramai un miraggio: le meraviglie della new economy, costruita sul debito, sono vuote e senza valore.

Per sostenere l’illusione, abbiamo inflitto più danni ai sistemi viventi del pianeta dal 1950 ad oggi di quanto l’uomo ha fatto nei precedenti 100.000 anni. Il danno durerà per secoli, mentre i benefici potrebbero svanire entro la fine dell’anno. L’Irlanda, ancora una volta, punta un avvizzito dito verso il futuro. Tra le altre ingiustizie, il governo progettò un’autostrada nella Valle Gabhra, parte di un sito – il complesso della Collina di Tara – paragonabile per la sua importanza a Stonehenge. Si tratta sia di un atto di vandalismo intenzionale che di una dichiarazione di intenti: nessuna remora potrà essere d’ostacolo al miracolo economico. Ma non si è riusciti a inaugurare l’autostrada prima che il miracolo svanisse.
Una volta soddisfatte le nostre esigenze, la continua crescita economica avrà fatto alla maggior parte delle persone ben pochi favori. Durante la seconda metà del delirio della crescita sono aumentate disoccupazione e disuguaglianza, la mobilità sociale è diminuita, i poveri hanno perso i benefici conquistati (come la casa), mentre i ricchi hanno aumentato i propri. Nel 2004, al culmine del più lungo boom che il Regno Unito abbia mai vissuto,
la Nuffield Foundation ha pubblicato questa straordinaria scoperta: "L’aumento dei problemi di salute mentale sembra essere associato al miglioramento delle condizioni economiche."

Ora, basta con le urla, è tutto finito. La scorsa settimana il consulente di Wall Street Nouriel Roubini, uno dei pochi che predisse il crollo finanziario, ha annunciato che ci siamo dentro. I governi non possono permettersi di salvare le banche ancora una volta. Gli alleggerimenti quantitativi non sono più di aiuto, così come la svalutazione della moneta. Italia e Spagna saranno costrette, alla fine, a fallire, e la Germania non pagherà più. Il capitalista di successo ha raggiunto questa sorprendente conclusione: "Karl Marx, a quanto pare, aveva in parte ragione nel sostenere che la globalizzazione, l’intermediazione finanziaria sarebbero impazzite e la redistribuzione del reddito e della ricchezza dal lavoro al capitale avrebbe portato il capitalismo all’auto-distruzione".
Né può l’attuale sistema economico affrontare la crisi ambientale. I sostenitori dell’attuale sistema hanno promesso che la crescita economica e il danno ambientale potevano essere disgiunti: migliori tecnologie e maggiore efficienza avrebbero permesso di usare minori risorse pur aumentando la produzione economica. Niente di lontanamente simile è accaduto. In alcuni casi c’è stata una diminuzione di intensità delle risorse, il che significa un minore utilizzo di materiali per ogni dollaro di produzione economica, ma il consumo complessivo è aumentato. In altri, come per il ferro, la bauxite ed il cemento, non è accaduto nemmeno questo: l’utilizzo delle risorse per ogni unità di dollaro è aumentato.

Finora i governi hanno risposto alla rinnovata crisi del capitalismo cercando freneticamente di invocare nuovamente la magia antica, per avviare il motore della distruzione creativa ancora una volta. I mezzi per farlo non esistono più. Anche se lo facessero, potrebbero solo ritardare e ingrandire i problemi di base.
Ma ora, sulla scia dei disordini inglesi e di fronte a un possibile collasso, stiamo finalmente cominciando a discutere sulle questioni ignorate, mentre l’illusione persiste: iniziamo a discutere sui problemi dell’uguaglianza e dell’esclusione, sui ricchi selvaggi e sui poveri messi da parte e, nella parole di WH Auden, su "Ciò che il dio aveva battuto / Per compiacere suo figlio, il forte / Dal cuore di ferro uccisore di uomini Achille / Chi non vorrebbe vivere a lungo".

Il segno di maggiore speranza che i politici possano ora farsi le domande fondamentali è dato dalla presenza, nella pila dei testi da leggere durante le vacanze di Ed Miliband, del libro del professor di Tim Jackson “Prosperità senza crescita”. È un testo rivoluzionario, pubblicato due anni fa, la cui ora è arrivata.

Sottolinea che la crisi finanziaria non è stata causata da pratiche scorrette isolate, ma dalla deregolamentazione sistematica delle banche da parte dei governi, al fine di stimolare la crescita economica mediante l’emissione di più debito. La crescita e la necessità di incoraggiarla costituisce il vero problema, e nel mondo ricco tutto questo non più alcuna relazione con la prosperità.
Jackson ammette che il benessere materiale è una componente fondamentale della prosperità e che la crescita è essenziale per il benessere delle nazioni più povere. Ma in paesi come il Regno Unito, la continua crescita e le politiche che la promuovono minano la prosperità, che egli definisce come la libertà dalle avversità o dall’afflizione. Questo significa, tra le altre cose positive, salute, felicità, buone relazioni, comunità forti, fiducia per il futuro, il senso di un significato e di uno scopo.
Ma come si fa a sfuggire alla crescita senza intaccare l’economia e la nostra prosperità? Con l’attuale sistema non è possibile: quando la crescita si ferma, crolla. Così Jackson ha iniziato a sviluppare un modello macroeconomico che consenta alla produzione economica di stabilizzarsi. S basa sull’incremento del rapporto degli investimenti al consumo, variando la natura e le condizioni degli investimenti e il riequilibrio della spesa dal privato al pubblico, pur mantenendosi entro severi vincoli sull’utilizzo delle risorse. Egli ritiene che la redistribuzione del reddito e dell’occupazione (attraverso la riduzione dell’orario di lavoro) è essenziale per il progetto. È così la ri-regolazione delle banche, una maggiore tassazione per l’impiego delle risorse e la produzione di inquinamento, nonché misure per scoraggiare il consumo maniacale, come ad esempio restrizioni più severe sulla pubblicità.

Il suo sistema non è del tutto differente da quello odierno: le persone continueranno a spendere e risparmiare, le aziende continueranno a produrre beni e servizi, i governi continueranno a incrementare le tasse e a spendere soldi. Si richiede l’intervento del governo più di quanto siamo abituati, ma sarà così per qualsiasi soluzione con cui ci possiamo confrontare da ora in poi, soprattutto se si cerca di sostenere l’illusione di crescita. I risultati, però, sono radicalmente differenti: un’economia stabile, senza crescita che eviti sia il collasso finanziario ed ecologico.
D’ora in poi, visto che il vecchio sogno muore, nulla è semplice. Ma almeno abbiamo l’inizio di un programma.

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Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ALESSIA
 

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