Nell’ottica della decrescita la gestione dei rifiuti va finalizzata prioritariamente alla loro riduzione e solo in seconda battuta al riuso e al riciclaggio delle materie prime secondarie di cui sono composti. L’obbiettivo di fondo a cui tendere si può riassumere nella formula zero rifiuti. In questo contesto, la raccolta differenziata è l’ultimo degli strumenti organizzativi utilizzabili per recuperarne e riutilizzarne la maggiore quantità possibile.

Se il paradigma della crescita non viene messo in discussione, la politica dei rifiuti viene impostata principalmente sulla raccolta differenziata di una parte dei materiali dismessi e l’incenerimento del rimanente. Il contesto culturale di riferimento di questa metodologia è l’ossimoro dello sviluppo sostenibile. In tale contesto si dà per scontato che la crescita della produzione di merci comporti una crescita dei rifiuti. Poiché di conseguenza aumentano i loro ingombri fisici e il loro impatto ambientale, si propone di ridurre queste conseguenze collaterali indesiderate riciclandone una parte e spacciando per distruzione dell’altra la sua trasformazione in fumi. Tuttavia, se i rifiuti aumentano, la raccolta differenziata diventa una fatica di Sisifo che non ridimensiona il problema ma si limita a rallentare la velocità con cui cresce, mentre la liberazione degli spazi fisici che si ottiene con l’incenerimento, oltre a emettere CO2 aumentando l’effetto serra, riempie l’atmosfera di veleni, micro e nano polveri dagli effetti devastanti sulla salute umana e sugli ambienti. Al contempo distrugge materiali riutilizzabili e produce quantità di energia molto inferiori a quelle che sono state necessarie a produrli. I danni economici che genera sono direttamente proporzionali ai danni ambientali.

Ecco alcune proposte per realizzare una politica dei rifiuti finalizzata a ridurli e successivamente a riutilizzare e a riciclare le materie prime di cui sono composti gli oggetti al termine della loro vita utile.

1. Incentivazione del passaggio dalla commercializzazione dei beni durevoli alla commercializzazione dei servizi che offrono. Questo passaggio in parte è già avvenuto nell’industria: non si comprano fotocopiatrici, ma il servizio di fotocopiatura; non si comprano le automobili ma si paga un leasing; non si comprano combustibili ma il servizio calore. Può avvenire anche nel settore civile: il servizio del freddo al posto del frigorifero, il servizio di televisione al posto del televisore eccetera. Se l’hardware resta di proprietà del produttore, a lui spetta lo smaltimento. Pertanto diventa suo interesse che aumenti la durata degli oggetti e che la progettazione venga effettuata in funzione della riparabilità e del recupero dei materiali di cui sono composti quando vengono dismessi.
2. Smaltimento degli imballaggi a carico di chi li utilizza per il trasporto delle merci.
3. Tassazione dei vuoti a perdere.
4. Abolizione delle condizioni di privativa alle aziende controllate dagli enti locali nella gestione e trattamento dei rifiuti. Assegnazione della gestione e del trattamento dei rifiuti con gare d’appalto finalizzate a ridurre al minimo le percentuali da conferire allo smaltimento.
5. Abolizione della tassa raccolta rifiuti e applicazione in tempi rigidamente definiti di una tariffa commisurata alle quantità di rifiuti indifferenziati conferiti allo smaltimento.
6. Incentivazione dei più efficienti sistemi di raccolta differenziata controllata e del trattamento meccanico-biologico della frazione residua di rifiuti indifferenziati.
7. Gestione economica delle materie prime recuperate dalla raccolta differenziata. Poiché il riciclaggio della materia è più conveniente economicamente dell’energia ricavabile dall’incenerimento (anche per le frazioni combustibili: con la raccolta differenziata del legno conviene di più fare truciolati che alimentare stufe), chi ricicla è disponibile a pagare di più, chi vende guadagna di più e l’ambiente è più tutelato.
8. Introduzione di una rigida normativa di controllo per verificare il riuso e il riciclo dei materiali provenienti dalle raccolte differenziate.
9) Incentivazioni fiscali alla vendita di prodotti ottenuti da materiali riciclati.
10. Autorizzazione alla combustione del solo CDR (combustibile derivante da rifiuti) proveniente dalla raccolta differenziata delle frazioni combustibili, con un potere calorifico non inferiore alle 6000 chilocalorie al chilo e solo se i kWh prodotti sono sostitutivi di altrettanti kWh termoelettrici. Questa misura può essere applicata nelle realtà con problemi pregressi particolarmente gravi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *