Leggendo il libro di Marino Ruzzenenti “L’Autarchia Verde” sembra di sfogliare una moderna rivista ecologista. Risparmio energetico, riciclaggio estremo dei rifiuti, raccolta porta a porta, lotta allo spreco, studio di nuovi materiali ecologici e sostenibili, tutto questo lo ritroviamo nella fase autarchica degli anni ’30 in Italia, periodo questo che, depurato certamente dalle incrostazioni dovute all’ideologia fascista, è l’unico momento storico in cui il nostro Paese ha potuto definirsi una nazione sostenibile.

Un rigorso studio quello di Ruzzenenti, che mira a rivisitare le realizzazioni del periodo autarchico italiano nella prospettiva di limitatezza dello sviluppo dovuto proprio ai limiti del nostro Pianeta.

Questo libro propone una chiave di lettura di quel particolare momento storico italiano offrendo alcuni interessanti spunti d’iniziativa che permetterebbero di uscire dall’impasse economico-ambientale in cui ci troviamo oggi.

Parallelamente “L’autarchia Verde” mette in evidenza i limiti di alcune idee che si stanno facendo strada in alcuni settori ambientalisti come, ad esempio, una sperata autosufficienza alimentare del nostro Paese. L’Italia nel periodo antecedente alla seconda guerra mondiale contava circa 42 milioni di abitanti che riuscivano a malapena a sfamarsi, pur mettendo in campo quanto di meglio poteva offrire l’impegno autarchio. Come potrebbe essere autosufficiente oggi con 60 milioni di abitanti e con una fetta importante del territorio nazionale sacrificato alla cementificazione?

Stesso discorso vale per le materie prime. Bene ricorda Latouche in un suo scritto che si riferisce proprio al libro di Ruzzenenti: “Si è saputo trasformare il carbone in petrolio, tuttavia bisogna avere del carbone. Si è potuto, certo, rimpiazzare il carbone con il legno, comunque bisogna averne a sufficienza. Si può rimpiazzare la seta con il rayon, comunque bisogna avere della cellulosa. Si può produrne trasformando il legno, ma allora con che cosa ci si scalderà? Con del carbone? Ma allora, bisogna rinunciare ad utilizzarlo per fare del carburante.“

Viene alla luce quindi come l’Italia debba non solo pianificare delle strategie decrescenti, ma anche realizzare fitte reti di scambio con altri Paesi proponendo ciò che può offrire: eccellenze, cultura, arte e turismo.

Sono molte le difficoltà da affrontare, tuttavia, come ricorda Giorgio Nebbia nella prefazione del libro, «un’autarchia va oggi praticata perché abitiamo tutti in un’unica “nazione”, il pianeta Terra, i cui confini sono chiusi: possiamo trarre quello che ci occorre soltanto dal suo interno e la “nazione planetaria” soffre degli stessi limiti che affliggevano i paesi in guerra nel XX secolo. Contare sulle proprie forze, fare di più con meno non sono capricci, ma linee della politica economica da adottare nel XXI secolo».

L’autarchia verde.
Un involontario laboratorio della green economy.
Di Marino Ruzzenenti
Jaca Book

di Simone Zuin

Fonte: Decrescita.com

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *