E’ pubblica la prima mappatura delle isole galleggianti formate da residui di materiali plastici e situate fra i continenti di america africa e australia.
Il lavoro del team dell’ecologo marino Andres Cozar Cabañas, pubblicato questo mese su Proceedings of the National Academy of Sciences, ha rilevato che dovrebbe esserci molta più plastica di ciò che risulta. La notizia apparentemente positiva, in realtà non lo è affatto, poiché invece, sottende alla più che probabile ipotesi che i
piccoli pezzetti di plastica delle dimensioni di un chicco di riso derivati dall’azione di sole, vento e onde siano finiti negli stomaci dei pesci pelagici. Tali pesci sono il principale anello di congiunzione tra il plancton e i vertebrati marini e sono anche anche la prima fonte di alimentazione per le specie d’interesse commerciale.
Tutta la plastica che ingeriscono entra direttamente nella catena alimentare umana, a partire dal tonno e pesce spada.

“Esistono prove a sufficienza che suggeriscono che gli organismi che si nutrono di plancton, i piccoli pesci, fungono da canali per l’inquinamento da plastica e per i contaminanti a essa associati”, spiega Cozar nel pezzo pubblicato da National Gaeographic qui http://www.nationalgeographic.it/ambiente/2014/07/17/news/mappa_estensione_plastica_oceani-2216804/
“Se questa ipotesi verrà confermata, l’impatto di tale fenomeno, alimentato dall’attività antropica potrebbe estendersi fino ai grandi predatori che abitano l’oceano, su larga scala”.
Sempre nello stesso post il ricercatore aggiunge amaramente: “L’effetto che questi frammenti di plastica avrà sulle profondità oceaniche – l’ecosistema più ampio e meno esplorato del pianeta – è ancora un mistero. “L’accumulo di plastica potrebbe modificare questo ecosistema così enigmatico prima ancora di lasciarci la possibilità di conoscerlo davvero”.

Motivi in più per spingere e stimolare la promozione centri di riciclo tipo Vedelago come prima soluzione nel breve periodo.
In parallelo e per un periodo medio lungo servirebbe anche il sostegno delle aziende che promuovono materiali biodegradabili, attrezzature e macchinari adatti alla revisione e al riuso a fine vita  e dei disincentivanti, in termini di tassazione, per chi invece inquina.
Sappiamo tutti che nulla si crea e nulla si distrugge e che i rifiuti sono una risorsa, non un problema se solo ci fosse volontà politica.
Ciò presupporrebbe la gestione dello stato e delle politiche comuni, orientata verso lo l’incremento dell’occupazione utile e la promozione della salute, non tanto direzionata allo sviluppo in termini economici
generici a tutti i costi. Ai cambi di quadri politici dovrebbe in qualche modo corrispondere un mutamento di prospettiva, un evoluzione del pensiero e delle soluzioni per risolvere i problemi. Ci stiamo arrivando? Forse ci stiamo avvicinando … a poco a poco.

 

Francesco Badalini
MDF Verona

 

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