Consumo di suolo in aumento, ma recuperare il territorio è possibile

da | 15 Giu 2012

Il consumo di suolo, una delle principali cause della perdita di biodiversità sul Pianeta, non rappresenta soltanto un ‘male’ italiano ma un’emergenza globale.

Se nel 1700 il 95% del Pianeta si trovava in condizioni di naturalità e soltanto il 5% mostrava i segni delle attività umane, oggi la maggioranza delle terre emerse è interessata da aree agricole e urbanizzate, meno del 20% si trova in uno stato seminaturale e solo un quarto può essere considerato ancora in uno stato di naturalità.

L’Italia ha consumato il suolo ad un ritmo di 33 ettari al giorno e nei prossimi 20 anni il nostro territorio scomparirà al ritmo di 75 ettari al giorno. Una superficie complessiva di 600mila ettari sarà consegnata all’asfalto e al cemento.

A fronte del progressivo consumo di suolo nel nostro Paese, significative sono le cifre riguardanti il patrimonio inutilizzato in Italia: su un totale di quasi 29 milioni di abitazioni, quasi 5 milioni risultano o seconde case o non occupate (dati ISTAT).

Proprio al fine di riconvertire a ‘destinazioni d’uso green’ le aree dismesse o degradate il WWF ha lanciato la Campagna Riutilizziamo l’Italia. L’associazione, grazie anche al supporto di una rete di docenti universitari ed esperti di urbanistica e tematiche relative al consumo del suolo, invita cittadini e ‘addetti ai lavori’ (architetti, urbanisti, ingegneri, designers, geologi, studenti ecc.) ad inviare le proprie segnalazioni di aree dismesse o degradate e suggerimenti per individuarne il riuso ambientale e sociale ed evitare un ulteriore consumo di suolo.

Come ha spiegato Adriano Paolella, Direttore Generale del WWF Italia, si tratta di “un’azione di grande valenza ambientale, sociale ed economica attraverso la quale creare nuovi posti di lavoro, riqualificare l’ambiente e il paesaggio”.

Al fine di fermare il consumo del suolo libero e fertile, lo scorso ottobre il movimento ‘Stop al consumo di territorio’ ha avviato la campagna nazionale ‘Salviamo il Paesaggio, Difendiamo i Territori’. L’iniziativa è stata ufficialmente lanciata il 29 ottobre 2011 a Cassinetta di Lugagnano, in provincia di Milano, noto come il ‘comune a crescita zero’ per la decisione presa dai suoi amministratori di porre un limite concreto alla cementificazione.

Oltre al caso di Cassinetta di Lugagnano vi sono però nel nostro Paese altri casi virtuosi. Il WWF ha individuato in particolare in 7 regioni 9 casi virtuosi di aree restituite alla natura e alla società, che da cave, discariche, paludi, siti militari o industriali sono state trasformate in oasi naturalistiche, parchi agricoli, luoghi di aggregazione, sedi per servizi sociali e l’economia locale.

In Lombardia quella che un tempo era una cava d’argilla è divenuta l’Oasi WWF Foppe di Trezzo, area naturalista e tappa migratoria per molte specie di uccelli. Il Parco delle Noci di Melegnano, in provincia di Milano, è tra le prime oasi urbane in Italia recuperata da un’area prima sovrasfruttata dall’agricoltura intensiva e poi divenuta sito industriale.

In Friuli Venezia Giulia, a Rivignano (Udine), grazie ai fondi europei del progetto LIFE+ è stato fatto rinascere con un bosco umido planiziale l’antico habitat friulano.

Nel Veneto, il Forte Marghera (Venezia), un tempo sito militare è oggi un parco pubblico con numerosi edifici storici e sede di diverse associazioni oltre che attività artigianali incentrate sulla produzione locale e biologica.

Un altro esempio di recupero del demanio militare viene dall’Emilia Romagna, a Reggio Emilia, dove il complesso dell’ex-polveriera ospita oggi, oltre alla sede di associazioni cittadine, un centro per disabili e uno per la famiglia.

L’Oasi WWF Stagni di Focagnano, in Toscana, oggi sede di numerose specie e laboratorio di ricerca per molti studiosi, è stata sottratta al degrado e all’avanzata dello sviluppo urbano.

Nel centro storico di Roma, l’ex-mattatoio, inattivo dagli anni ’70, ospita ora la ‘Città dell’Altra Economia’, il museo d’arte contemporanea MACRO, la Facoltà di Architettura di Roma Tre e un centro sociale.

A Napoli, infine, il Parco “Lo Spicchio”, dove prima venivano abbandonati i rifiuti e si svolgevano attività illegali è oggi un parco urbano con laboratori didattici.

Fonte: Il Cambiamento