Una delle caratteristiche del Natale è lo scambiarsi gli auguri. Auguri di cosa, resta spesso difficile comprenderlo. In tempi più o meno recenti, quando si era tutti “cattolici per cultura”  si poteva dare un senso o un indirizzo agli auguri. Senso ed indirizzo più o meno condiviso anche se a volte celato di ipocrisia. Oggi che la società è fortunatamente plurale e molto più libera, la festa del Natale è per così dire “tolta” al Natale cristiano ed è festeggiato e sentito da tutti ed in vari modi. Per fortuna ripeto, perché le anime sono molte e i modi di vivere in pienezza, anche.

Sentirsi dire allora”auguri” con l’immancabile schiocco di labbra più o meno appassionato (a seconda dei destinatari) può risultare ripetitivo, abitudinario e forse anche banale. Eppure così non deve essere. Uno dei cardini della decrescita felice è il valore che va dato alle cose e al tempo, bene prezioso.

È difficile vivere certi natali quando fuori le cose sembrano andar male. Lo è ancora di più quando anche dentro le cose vanno non bene. Quando viviamo un disagio, una difficoltà, una depressione, aridità. Quando si, si affacciano nuvole nere che ci turbano e disturbano. Noi siamo stati “educati” a mandarli via. Soprattutto in questi giorni poi, sembrano proprio che stonino con le fotocopie umane perse in negozi per fare regali e regalini (a volte utili, spesso inutili) e a dirsi e scambiarsi vuoti auguri. Ed è strano poi, che proprio in questo periodo di parossistico entusiasmo buonista, vengano fuori sentimenti di tristezza, nostalgia, animi bui.

Qualche psicologo sostiene che chi vive questi stati d’animo in questo periodo è perché ha perso persone care. Non sono un medico, ma mi sembra una mezza cavolata. O una verità a metà. Penso invece che molti di noi vivano o possono vivere questo tempo in modo diverso dalla massa, proprio perché la massa sta indossando una maschera e perde la sua unicità e autenticità. Che ce ne facciamo di tanti buoni e buone obbligati ad esserlo per un giorno all’anno? Si, ma “a Natale puoi…” recita l’adagio…pubblicitario, di un panettone. “Guarda a che punto ci siamo rimbecilliti”  mi viene da pensare. Ci facciamo condizionare, colonizzare da un panettone.

No, io credo che a Natale, gli auguri migliori da farsi siano quelli di “svegliarsi“; di prendere coscienza di quello che siamo, di guardarci dentro e vedere anche le cose che non vanno. E se a Natale siamo o possiamo essere meno “felici” di come lo è la massa, non è una cosa negativa, anzi è la garanzia che siamo vivi e che stiamo dando ascolto alla nostra anima. Lei sa veramente ciò di cui abbiamo bisogno. Il nostro Se’ profondo ci lancia dei segnali, ed ogni disagio forse vuol dirci che non stiamo vivendo come vorremmo. Non stiamo guardando il mondo come vorremmo veramente. Il mio augurio a Natale è quello di percepire la Vita, tutta, con tutti i suoi lati di luce ed ombre. Solo così si è veramente vivi, ed essere vivi non corrisponde al falso mito del “va tutto bene e per questo sono felice” ma bensì alla verità che “Questa è l’unica vita che ho e me la voglio giocare bene. Sia quel che sia, ma io sono qui presente e vivo, così come il mio Sé profondo dice, così come la mia anima mi vuole. Senza troppi pensieri ma con tanta consapevolezza e presenza”. Se cambia lo sguardo allora cambia tutta la partita.

La decrescita felice, non è da meno. È un’azione di risveglio. Spesso fastidiosa ai più, perché ricorda ai tanti che la felicità non è fatta di ebeti auguri o di shopping frenetico e obbligatorio perché. “è Natale, lo fanno tutti. E poi a Natale puoi…”. La decrescita felice ci ricorda che ci sono altre gioie, altre felicità che passano per altre strade, per vie “secondarie” ma fondamentali. Strade che in tanti non hanno il coraggio di intraprendere per paura. I decrescenti invece hanno fatto il salto di qualità: hanno saputo guardare in volto le loro paure, il loro lato oscuro, lo hanno accettato e lo accettano, non lo esorcizzano come tanti altri, buttandosi nelle braccia del benessere inteso come tanto avere; accettando le loro paure, le superano e si risvegliano e hanno uno sguardo diverso sul mondo e le persone.

Forse non verranno capiti, forse non subito e non da tutti. Ma sono un segno di un’umanità risvegliata. Un augurio vivente di autentica gioia (fatta di luci ed ombre) per questi giorni di artefatta felicità.

“A Natale puoi…” si, rivegliarti e liberarti da una felicità costruita e finta.

Auguri a tutti.

Alessandro Lauro

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