Ha la decrescita qualcosa da dire sui recenti fatti parigini di Charlie Hebdo?

Mi ha fatto riflettere a riguardo un recente ed illuminante articolo scritto da Roberto Beneduce, Prof. di Antropologia all’Università di Torino e fondatore dell’Associazione Frantz Fanon.

“Non è possibile godere più di un istante per questa e altre ritrovate “unità” contro il “nemico comune”, il terrorismo, quando sappiamo perfettamente che cosa lo alimenta, lo nasconde o lo riproduce. Anzi, il fatto di sapere tutto ciò lo rende ancora più minaccioso, e odioso, di quanto già lo sia. Il perturbante è il nostro volto, nello specchio, scambiato per quello di uno sconosciuto. Ed è questo volto che vorremmo guardare, sebbene la tragedia renda ciò difficile o impossibile […] I governi occidentali e i loro porta-parola sembrano dimenticare che la crescita del benessere e dei diritti non può essere immaginata solo come il privilegio di alcuni paesi, di alcune aree del mondo, poco importa se ciò avvenga o meno a scapito di altri, poco importa se ci siano o meno responsabilità. Ricchezza e diritti non possono stare solo da una parte del pianeta come le foreste pluviali: un’osmosi caotica e incoercibile di donne, uomini, ragazzi proverebbe a ridurre la tensione insostenibile di un gradiente così alto di vita, cibo, opportunità, ed è quanto sta accadendo (la chimica può talvolta aiutare a pensare i fatti, come suggeriva Primo Levi).
In un mondo attraversato dal confine invisibile quanto invalicabile di un nuovo manicheismo economico (vero) e morale (falso), nessuno sa uscire da un labirinto in cui il vero e il falso sono diventati indiscernibili.”[1]

Il mondo è sempre più ingiusto. Viviamo in un pianeta in cui il 20% più ricco controlla più dell’80% della ricchezza mondiale. Nel 1970 il divario di ricchezza tra il 20% più povero del mondo e il 20% più ricco era di 1 a 30. Nel 2004 è salito a 1 a 84.[2] Dagli anni 70 ad oggi, sia nel parallelismo nord-sud che all’interno dei singoli paesi, i ricchi sono sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri.[3] I danni all’ambiente ed il riscaldamento globale crescono senza sosta ed esacerberanno sempre di più queste diseguaglianze.

Non sono forse i sacrifici (umani e ambientali) “consumati” sull’altare della crescita economica per inseguire la religione dello sviluppo?

Al colonialismo vero si è sostituito un neocolonialismo economico e culturale che non solo è funzionale ai più ricchi e potenti, ma che ha gradualmente imposto in tutto il mondo una cultura (la nostra) sotto l’egida del salvifico progresso.[4]

Per farvi un esempio, in Kenya sulle sponde del lago Naivasha un tempo la gente viveva di autosussistenza coltivando i propri campi e allevando bestiame. Ora le terre migliori sono state acquisite da una multinazionale che produce rose, le quali vengono vendute a noi occidentali. Il lago è quasi prosciugato, l’ecosistema è a rischio ed i contadini di un tempo lavorano sottopagati e sfruttati, rischiando la salute a causa dell’elevato uso di pesticidi.[5]

Come vi sentireste al loro posto?

Vivendo in uno stato di estrema povertà, sentendosi dominati ed invasi materialmente e culturalmente da un qualcosa di Altro (che rimembra un passato tenebroso), vedendo alla televisione i “neocolonizzatori” che vivono felici nel lusso, non credo vi sia da stupirsi se cresce (più o meno consciamente) l’odio verso l’Occidente. E non è forse questo odio la sorgente primaria da cui si abbevera il terrorismo?

In questo contesto, se lo sfruttamento degli esseri umani e dell’ambiente è funzionale alla crescita economica, solo chiudendo (o meglio cambiando) questo rubinetto potremo forse far rinsecchire le radici del terrorismo, senza cadere nella trappola della psicologia del terrore e nella sterile spirale di violenza che genera violenza.

Chi è il vero nemico? Il terrorista, l’immigrato, i politici corrotti, le cattive multinazionali?

Oppure il sistema socio-economico impazzito in cui ci troviamo?

O meglio, il vero nemico si cela forse in quel volto grigio dietro allo specchio: quell’indifferenza, ipocrisia e torpore che si nasconde nelle rughe della nostra coscienza mentre ci accingiamo ad acquistare un bel mazzo di rose per San Valentino o l’ultimo modello di smarthphone, etc. senza domandarci cosa vi stia dietro e sapendo in fin dei conti che qualcosa di oscuro e sinistro vi si nasconde?

Potremo in un futuro raccontare a noi stessi e ai nostri figli che non sapevamo dove “quei treni” (del consumismo, della crescita economica fine a stessa, dell’insostenibilità) ci stavano portando?

 

Jean-Louis Aillon

 

 

 

 


[1] R. Beneduce, IL NEMICO INTIMO, O DELLA MEMORIA MOLESTA, http://associazionefanon.it/index.php?option=com_content&view=article&id=144%3Ail-nemico-intimo-o-della-memoria-molesta-qualche-parola-sui-tragici-fatti-di-parigi&catid=4%3Aanalysis&Itemid=1&lang=it

[2] Latouche, S. (2009). La scommessa della decrescita. Feltrinelli Editore.

[3] Piketty, T., & Saez, E. (2006). The evolution of top incomes: a historical and international perspective (No. w11955). National Bureau of Economic Research.

[4]Duverger,  T.  2011.  La  décroissance,  une  idée  pour  demain:  une  alternative  au  capitalisme:  synthèse  des  mouvements.  Paris:  Sang  de  la  terre.

Latouche, S. (2005). Come sopravvivere allo sviluppo. Bollati Boringhieri, Torino.

[5] Per maggiori informazioni:  http://www.cdca.it/spip.php?article1708&lang=en;

 

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