Finiti i giochi: si viene al dunque

da | 14 Nov 2011

Nel mezzo della comprensibile euforia per quella che sembra esser la fine della ventennale parabola politica di Berlusconi, mi sembra utile richiamare l’attenzione sull’incredibile rapidita’ e facilita’ con cui il premier ha dovuto stavolta, diversamente dal suo solito,  rassegnarsi a lasciare il posto (e con cio’ probabilmente presto ad uscire del tutto di scena). Un passaggio avvenuto con una immediatezza che ha dell’incredibile proprio nel senso che dovrebbe far ricredere molti su tante cose, a cominciare dal fatto che sia la democrazia il valore primo e fondante dell’Occidente (tale per cui si pretende perfino di giustificare guerre in suo nome).
A far cadere Berlusconi non sono bastate la defezione di Casini e poi quella di Fini, ne’ la  indefessa  monotematicita’ delle opposizioni che, dentro e fuori il Parlamento, hanno fatto per vent’anni del pericolo da lui rappresentato la loro vieppiu’ unica ragion d’essere. Ora vincendo (e non di poco) le elezioni, ora comprandosi il sostegno di politicanti a un tanto al voto, l’imbonitore di Arcore e’ riuscito a restare al governo per gran parte degli ultimi vent’anni nonostante scandali sessuali, una sequela interminabile di processi per corruzione e la sfacciataggine manifesta di una serie di leggi ad personam.
Vien quasi da non credere a quante parole ed energie politiche siano state spese in questo paese sulla questione Berlusconi si, Berlusconi no, quasi che da cio’ dipendesse la salvezza della democrazia dal pericolo comunista o viceversa dall’avvento di un nuovo fascismo. Ed e’ soprendente, visto cio’ che sta avvenendo in queste ore, quanto la questione della democrazia fosse al centro di questo dibattito.

E che succede ora? Succede che nel teatrino della politica vengono fuori dei problemi tecnici, strutturali per il funzionamento dello spettacolo. Problemi urgenti sui quali non c’e’ tempo da perdere: si e’ aperto uno squarcio sul telo di fondo e, per un momento si intravedono i macchinisti, e perfino qualcuno di quelli che da dietro tirano le fila e fanno muovere le marionette. Il guasto va riparato immediatamente e gli stessi tecnici/burrattinai sono costretti a far salire sul palco qualcuno dei loro…….gli tocchera’ atteggiarsi anche lui a personaggio, almeno finche’ di nuovo the show can go on.
Succede che la Grecia si azzarda anche solo ad ipotizzare un referendum in cui la gente possa esprimersi sull’accettazione del “sostegno” (di questo si dovrebbe trattare, no?) e delle relative misure economiche “proposte” dall’UE ed immediatamente il suo premier Papandreu deve dimettersi e lasciare il posto a Papademos, uomo della Goldman Sachs (la piu’ grande banca d’affari americana e mondiale).
Succede che contemporaneamente i Btp italiani arrivano ad uno spread di oltre 500 punti rispetto ai bond tedeschi, subito dopo che la Borsa di Milano aveva registrato perdite del 7% in un giorno (2/11) e che (non va sottovalutato nel nesso tra gli avvenimenti) le azioni Mediaset perdono di colpo  il 12% del loro valore.
L’Italia sembra esser appesa al filo di quale sara’ l’andamento delle borse all’inizio della settimana seguente. Napolitano, questo baluardo della Repubblica che non aveva finora fatto valere il suo ruolo contro ogni sorta di leggi ad personam, trova – in modo quantomeno irrituale – l’Eletto (niente affatto eletto) che dovra’ sostituire Berlusconi e questo, gia’ in precedenza sopravvissuto a tutto e ad ogni costo (e’ il caso di dire), rassegna le dimissioni in men che non si dica.
Non lo aveva ancora detto, infatti, che gia’ Mario Monti (anch’egli uomo di Goldman Sachs come pure Mario Draghi), appena ricevuta una patina di leggittimita’ politica dalla tempestiva nomina a senatore a vita da parte di Napolitano, stava facendo il suo giro di consultazioni per il suo nuovo governo.  E neppure ha fatto in tempo a porre, il nostro ex-premier dall’improbabile ancorche’ innegabile longevita’ politica, le sue condizioni per lasciare il posto al quale lo avevano eletto gli Italiani: deve essergli stato fatto capire chiaramente che ora e’ arrivato il tempo di chi comanda davvero e gli argomenti per convincersene non devono essergli mancati vista la fretta con cui e’ per giunta passato dall’”elezioni subito” all’appoggio “responsabile” – esterno o meno che sara’.
Un passaggio analogo, anche nei tempi, lo abbiamo visto da parte di Di Pietro. Sembra purtroppo che, a ricordarci che cio’ che sta avvenendo sotto i nostri occhi e’ del tutto fuori dalle regole democratiche e incurante del rispetto per la volonta’ popolare espressa nel voto (che gia’ era andata a farsi friggere con la vigente legge elettorale) siano rimasti solo i Ferrara, i Feltri, i Sallusti,  il ministro Romano, la Santanche’, La Russa… ovvero, in sostanza, i buffoni di corte, quelli di contorno, che ravvivano il paesaggio facendo “a chi la spara piu’ grossa”,  personaggi che, fuori dal sottobosco mediatico-politicoide legato al berlusconismo, sanno bene di non poter sopravvivere mantenendo il proprio status.
Resta ora da vedere cosa faranno coloro che nell’opposizione a Berlusconi hanno trovato la propria unica identita’ e ci hanno magari anche costruito un personaggio pubblico ed una carriera. Del PD, ovviamente, gia’ sapevamo in anticipo: sono sessant’anni che, sotto mentite spoglie, stanno li’ a garantire il proprio appoggio (che sia implicito e di fatto, esterno o attivamente esplicito) ai poteri forti soprattutto internazionali, in attesa di superare i loro esami di affidabilita’ e, cambiato il nome e diluitisi ancora una cinquantina di volte come un farmaco omeopatico, un giorno forse ormai prossimo accederanno finalmente in pianta stabile al governo di questo paese (a rappresentare, ovviamente, gli interessi di coloro che hanno in realta’ sempre appoggiato).
Siamo dunque al punto: un governo “tecnico”, non eletto, composto da personaggi tutti o quasi non votati dal popolo, che si presenta come “meno e’ politico e meglio e’” il cui compito – tutti ben lo sappiamo – e’ quello di farci sputare lacrime e sangue in nome di ideali alti e nobili come il pareggio di bilancio e la riduzione dello spread. Alla fine se tutto va bene saremo noi ad essere votati e giudicati: dalle agenzie di rating.
Ma non erano queste, insieme alle grandi banche, come Goldman Sachs (che oltre che qui in Europa ha sempre avuto suoi uomini ben piazzati nei ruoli chiave dell’amministrazione americana, compresa quella attuale di Obama) ad esser dietro alla crisi del 2008, ad aver continuato poi a lucrare sui fondi spazzatura e derivati? Non hanno proprio loro il potere di far salire e scendere a piacimento gli andamenti delle borse? Non sono loro che hanno creato il problema e che dunque dovrebbero pagare? (vedi pure http://www.enzodifrennablog.it/index.php/informazione/goldman-sachs-e-il-default-mondiale-nel-2012.html che spiega ampiamente come tutto cio’ sia avvenuto).
Sono invece qui a piazzare i loro uomini al vertice delle nostre istituzioni e dirci cosa dobbiamo fare, noi, per pagare il loro debito o, meglio, la forma contabile/finanziaria in cui si palesa l’insostenibilita’ del modello di economia del quale vivono e solo all’interno del quale possono non solo prosperare, ma anche soltanto sussistere.  Cio’ che piu’ sconcerta e’ che tanta gente vede questo passaggio come una liberazione e che la presunta “neutralita’” del prossimo governo, proprio in quanto “tecnico” sia considerata una sorta di garanzia per un miglioramento. Non ci si rende conto di quanto cio’ che si presenta come “politica” oggi non sia che una variante del mondo dello spettacolo mentre la politica vera, quella che conta, sta in realta’ proprio in questo mondo di “tecnici”. Cosi’ come in altri contesti geografico-culturali le etichette di “destra“ e “sinistra” nascondono gruppi tribali di interesse, nel mondo globale sviluppato non son rimaste che ristrette elites superclaniche (vedi Giulietto Chiesa) del potere iper-capitalista……ed il resto e’ teatrino, buono per chi preferisce questo intrattenimento alle partite di calcio.

Non e’ un caso che questo salto di livello cosi’ sfacciato sul piano politico avvenga nel momento in cui nell’elemento piu’ debole e sotto pressione del quadro si sia tentato di nominare la possibilita’ del referendum ovvero la questione dell’autodeterminazione popolare: questo e’ un terreno pericoloso sul quale non e’ assolutamente consentito avventurarsi e che va prevenuto all’origine (in Grecia l’hanno bloccato in extremis, in Italia ci si muove fin da ora): non si sa come va a finire (vedi il voto sulla Costituzione europea).
Ma la cosa che rende il discorso ancor piu’ serio di quanto non sembri e’ che, dal loro punto di vista, ovvero da quello di chi e’ ben addentro alla conoscenza dei meccanismi del Sistema, l’ipotesi di lasciare alla gente la parola decisiva sulle misure da prendere e’ realmente impraticabile; cosi’ come e’ realisticamente impercorribile una trafila politica tradizionalmente (e correttamente) istituzionale in quanto i mercati seguono leggi, tempi e meccanismi del tutto estranei a quelli non tanto della politica, ma soprattutto di una autentica democrazia. E sono i mercati, cioe’ i soldi,non altro, il valore per eccellenza del mondo globalizzato.
Quando le cose giungono al “dunque”, percio’, non dobbiamo stupirci che il potere venga allo scoperto e si apra da se’ la nuova strada che gli serve. Ora qui la chiameranno la “terza repubblica”, ma, come per la seconda, si tratta solo di avvicendamenti nella parte piu’ visibile dei gruppi dominanti nel controllo sullo Stato, non di reali passaggi costituzionali o di sistema….di nuovo, dunque, nulla su cui farsi illusioni, alla fine.
La tendenza che realmente si sta facendo strada, invece, e’ il progressivo e sempre piu’ esplicito autonomizzarsi del potere economico-finanziario dalla propria facciata e dai propri prestanome propriamente politici. Questo comporta un passaggio di efficienza/accelerazione di tutto il Sistema, passaggio necessario non in quanto ulteriore grado in un percorso evolutivo, ma, al contrario a causa della crisi a cui il Sistema e’ inesorabilmente destinato per la sua stessa natura di entita’ a crescita infinita e con cio’ soggetta al progressivo restringersi dei suoi spazi di agibilita’ nel contesto della societa’ e del pianeta.
Ma, se questo e’ vero, e’ ben difficile appellarsi ad una difesa della democrazia senza mettere in questione l’interezza di questo Sistema. Il punto che purtroppo non si comprende ancora abbastanza e’ che qui non si tratta di superare una crisi finanziaria, di far trovare agli economisti le ricette piu’ efficaci e veloci per uscirne ne’ di difendere procedure piu’ democratiche per sceglierle: la questione in gioco e’ di ben piu’ ampia portata.
In un Sistema come questo nel quale occorrono competenze di una complessita’ tale che perlopiu’ in realta’ mancano anche agli addetti ai lavori (i quali e’ chiaro che non sanno davvero cosa fare, ma solo cercano di allontanare l’orizzonte del collasso – vedi il rialzo del tetto del debito USA) l’autodeterminazione dei popoli non e’ piu’ un valore da salvaguardare all’interno del percorso di salvezza del Sistema, ma e’ invece in alternativa a questa salvezza.
E’ solo al di fuori di un tale Sistema che potremo salvare una partecipazione realmente democratica delle persone, la nostra sovranita’, la nostra autodeterminazione. Solo all’interno di un sistema altro, che rispetti noi come individui umani ed il mondo come lo spazio vitale di cui facciamo parte, non come un nostro strumento o la nostra scorta di materie prime. Solo all’interno di un sistema che sia a nostra misura e che possiamo gestire e controllare e conoscere sia in termini di dimensioni che di complessita’.
Non illudiamoci di salvarci dalla crisi e di salvare pure la democrazia senza uscire radicalmente da questo modello, da questo Sistema. Ancora mentre questo esiste e’ necessario costruire dal basso e nel piccolo altri modi di vivere, di produrre, di consumare (di usare i beni), di scambiare. Un po’ come e’ avvenuto in Argentina subito dopo il default, ma con un progetto che vada al di la’ dell’emergenza.
Sara’ questo non solo l’embrione di un modello futuro, ma la piu’ immediatamente necessaria strategia di sopravvivenza per molti di noi. E lo vedremo presto, non appena la crisi da un lato e le “contro”misure che i “tecnici”/salvatori si apprestano ad imporci avranno iniziato ad entrare davvero nel vivo. 

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