Sono queste le parole del Salmo 98 che mi sono improvvisamente affiorate alla mente quando mi è stato comunicato che la Corte Costituzionale aveva dato il via al referendum sull’acqua. Dopo anni di impegno, un sussulto di gioia e di grazie al Signore che riesce ancora a operare meraviglie e un grazie allo straordinario “popolo dell’acqua” che ci ha regalato in due mesi un milione e mezzo di firme. La Corte ha approvato due dei tre quesiti referendari: il primo, che afferma che l’acqua è un bene di non rilevanza economica, e il terzo, che toglie il profitto dall’acqua. Che la Corte Costituzionale (piuttosto conservatrice) abbia accolto queste due istanze sull’acqua in contrasto con i dogmi del sistema neo-liberista, è un piccolo miracolo …
E questo grazie agli straordinari costituzionalisti che le hanno formulate e difese, da Rodotà a Ferrara, da Mattei a Lucarelli senza dimenticare Luciani. Ma la grande vincitrice è la cittadinanza attiva di questo paese che diventa il nuovo soggetto politico con cui anche i partiti dovranno fare i conti.
"I cittadini si sono appropriati del diritto di esprimersi sui beni comuni – hanno commentato A. Lucarelli e U. Mattei – sui beni di loro appartenenza, su quei beni che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali. Si è dato
così significato e dignità all’art.1 della Costituzione Italiana, ovvero al principio che assegna al popolo la sovranità in una stagione di tragedia della democrazia rappresentativa.”
Tutto questo apre a una nuova stagione di democrazia: il cammino per riappropriarci dei beni comuni che ci sono stati sottratti. E questo l’abbiamo ottenuto senza finanziamenti (ognuno ha dato quello che ha potuto), senza i partiti presenti in Parlamento e senza l’appoggio dei grandi media. Questo rende ancora più straordinaria questa vittoria, la prima nel suo genere nell’Unione Europea.
Dobbiamo ora lavorare sodo per informare, sensibilizzare, per convincere 25 milioni di italiani ad andare a votare (questo è il quorum necessario per la validità del referendum). Sarà una campagna referendaria molto dura perché abbiamo davanti un Sistema economico-finanziario che non può perdere l’oggetto del desiderio del XXI secolo: l’oro blu che è già scarso e
andrà sempre più scarseggiando per il surriscaldamento del Pianeta.
Per questo dobbiamo organizzarci bene con comitati a livello sia provinciale come a quello regionale. Dobbiamo imparare i processi democratici partendo dal basso, lavorando in rete e tenendoci tutti per mano, nel profondo rispetto del volto di ogni persona. Dobbiamo far nascere il nuovo dentro un Sistema che mercifica tutto, anche le persone.
Nel frattempo invitiamo poi i cittadini a chiedere tre cose:
1) la Moratoria della legge Ronchi, per impedire la privatizzazione dell’acqua in pieno svolgimento del referendum perché, in caso di vittoria, quei Comuni che avranno privatizzato dovranno sborsare somme notevoli ai privati per riappropriarsi della loro acqua;
2) la convocazione di un consiglio comunale monotematico sull’acqua per sottrarre il servizio idrico alle regole del mercato e della concorrenza, e sostenere e appoggiare i due Sì al referendum promosso dal Comitato referendario "2 Sì per l’acqua bene comune";
3) il voto referendario venga associato alle elezioni amministrative previste per il mese di maggio.
Riteniamo poi fondamentale il ruolo che la Chiesa italiana può svolgere in questo referendum. Pertanto ai cristiani, alle parrocchie, alle comunità ecclesiali, chiediamo il coraggio di scendere a fianco di questo grande movimento dell’acqua pubblica. Chiediamo ai nostri vescovi di esprimersi ribadendo che l’acqua è la vita ed è un diritto fondamentale umano.
In vista del referendum, chiediamo che la CEI si esprima sul tema di questo referendum, perché si tratta di un problema etico e morale.
Tutto questo è stato espresso molto bene dal vescovo cileno Luis Infanti della Mora di Aysén (Patagonia), nella sua stupenda lettera pastorale “Dacci oggi la nostra acqua quotidiana”: "La crescente politica di privatizzazione è
moralmente inaccettabile quando cerca di impadronirsi di elementi così vitali come l’acqua, creando una nuova categoria sociale: gli esclusi. Alcune multinazionali che cercano di impadronirsi di alcuni beni della natura, e soprattutto dell’acqua, possono essere legalmente padroni di questi beni e dei relativi diritti, ma non sono eticamente proprietari di un bene dal quale dipende la vita dell’umanità. E’ un’ingiustizia istituzionalizzata che crea ulteriore fame e povertà, facendo sì che la natura sia la più sacrificata e che la specie più minacciata sia quella umana, i più poveri in particolare”.
E allora diamoci tutti da fare perché "i fiumi ritornino a battere le mani" quando il popolo italiano sancirà con i 2 Sì che l’acqua è bene comune, diritto fondamentale umano.
Fonte: AltritAsti