Mentre di ora in ora si aggrava l’allarme in Giappone per la centrale di Fukushima scossa dal devastante terremoto che ha provocato migliaia di vittime, la Germania ha deciso di sospendere la propria attività nucleare: la cancelliera Angela Merkel ha bloccato il prolungamento del ciclo operativo dei 16 reattori atomici tedeschi ancora in funzione, mentre l’Austria chiede un riesame dell’energia nucleare a livello europeo e la stessa Svizzera ha bloccato la procedura per l’autorizzazione di tre nuovi siti. Mentre a Fukushima si teme l’ipotesi peggiore – la fusione del “nocciolo” nucleare del reattore in avaria – l’Europa sembra orientata verso un drastico cambio di rotta: basta col nucleare, via libera alle energie rinnovabili.
La frenata della Germania giunta tempestivamente, con l’aggravarsi dell’emergenza nucleare in Giappone. Per il 15 marzo, scrive Andrea Angela MerkelTarquini su “Repubblica”, la Commissione Europea terrà un vertice a Bruxelles con i responsabili ufficiali dei paesi Ue in possesso di centrali nucleari e con i gestori degli impianti. «Lo scenario di un addio al nucleare e di una conversione il più veloce possibile della produzione energetica nel Vecchio continente, dall’atomo alle energie rinnovabili, sembra diventare sempre più realtà», scrive Tarquini, commentando la scelta della Germania: la Merkel ha annunciato che il prolungamento della vita operativa delle centrali tedesche sarà sospeso per 3 mesi, e tutto indica che la decisione non verrà abbandonata, almeno finché un severo e profondo controllo e riesame dei livelli di sicurezza non verrà concluso.
Secondo la Cancelleria federale, i controlli sulle centrali tedesche saranno orientati proprio in base alla tragica esperienza delle centrali atomiche giapponesi. Il ministro dell’Economia, il liberale Rainer Bruederle, ha auspicato un passaggio più rapido del previsto alle energie rinnovabili, da cui entro i prossimi decenni la Germania vuole già ricavare il 30% del suo fabbisogno energetico. E le Borse, con il crollo generalizzato delle aziende che gestiscono l’industria nucleare sulla spinta dello shock giapponese, sembrano confermare questo trend. «La svolta di Angela Merkel – scrive Tarquini – è di primaria importanza politica, e ancora una volta la Germania Fukushima esplosione 2da paese-leader può influenzare con le sue scelte gli orientamenti di fondo del resto dell’Europa».
La Repubblica federale, che attualmente ricava circa il 30% del suo fabbisogno dai 16 reattori ancora in funzione, aveva deciso l’addio a tappe al nucleare già nel 1998. In base a un calendario di chiusura cadenzata – spegnere prima i reattori più vecchi e meno moderni – l’ultima centrale avrebbe dovuto chiudere entro il 2023. La scelta, continua “Repubblica”, è stata confermata nel 2005 con l’avvento del primo governo Merkel. Quando nel 2009 la cancelliera decise di provare a prolungare la vita delle centrali atomiche tedesche fu duramente criticata dagli ambientalisti. Ora è lei stessa a frenare, incoraggiata anche da esponenti del partito liberale che le suggeriscono addirittura di spegnere immediatamente 8 dei 16 reattori ancora attivi.
«Il ripensamento è in atto a tappe forzate in tutta Europa», osserva Tarquini. Per il commissario europeo all’energia, Guenther Oettinger, «il caso giapponese ha cambiato il mondo e molte situazioni reali che giudicavamo sicure sono ora rimesse in discussione». L’Austria, che decenni fa dopo un referendum decise di rinunciare alla sua unica centrale, ora chiede una verifica e controlli di sicurezza in tutte gli impianti atomici europei, come conferma il ministro dell’Ambiente di Vienna, Nikolaus Berlakovitch. Dal canto suo, il Belgio sta ripensando a fondo l’uso dell’energia nucleare, dice Annemie Turtelboom, ministro dell’Ambiente, nonostante Bruxelles ricavi oltre il 70% del fabbisogno dai suoi reattori.
«Lo shock per il dramma nipponico e i suoi terribili insegnamenti pesano più di ogni altra considerazione», scrive Tarquini. Ripensamenti di fondo, dicono fonti dell’Unione Europea a Bruxelles, si sono aperti anche in Polonia, il paese europeo dove l’economia cresce più velocemente, e il cui governo aveva deciso recentemente di costruire una prima, peraltro modernissima centrale atomica. In Svizzera, paese non aderente alla Ue, il governo ha deciso di sospendere la procedura di domande autorizzative per la prevista costruzione di tre nuove centrali nucleari. «La sicurezza ha la verdi tedeschimassima priorità, e la procedura non sarà riavviata finché non verrà fatta un’analisi approfondita dei sistemi di sicurezza e non si sarà proceduto a un loro eventuale aggiornamento», spiega da Berna la ministro dell’Ambiente e dell’Energia, Doris Leuthard.
Ma non è tutto: persino in Francia, il paese europeo più convinto della giustezza della scelta del nucleare civile, dubbi e paure si diffondono. Gli ecologisti, scrive “Repubblica”, hanno chiesto un referendum sul futuro dell’atomo. Parigi ha in funzione 59 reattori civili più uno per le bombe atomiche, e sta costruendo un nuovo, gigantesco impianto. «Da decenni, la commistione d’interessi e strategie tra potere politico, industria e lobby dell’atomo è una realtà importante dell’establishment francese», osserva Tarquini. «I ripensamenti polacchi possono influenzare anche le scelte future delle altre democrazie del centro-est europeo che, per sostenere la loro espansione economica da dopo la caduta dell’impero sovietico, hanno puntato più a fondo sul nucleare, come la Repubblica Ceca e la Slovacchia». In controtendenza l’Italia: vorrebbe rientrare nel “club nucleare” europeo, ma è l’Europa che ora sembra non voglia più saperne di centrali atomiche (info: www.repubblica.it).
Fonte: Libre