Quello che tutti temevano, e che le autorità giapponesi hanno tentato fino all’ultimo di negare, sta avvenendo: la centrale di Fukushima è completamente fuori controllo e potrebbe dare origine alla più grave catastrofe nucleare della storia. L’ennesima scossa di terremoto il 12 aprile ha indotto Tokyo a innalzare a 7 il livello di rischio, lo stesso di Chernobyl, e a ordinare l’evacuazione precipitosa dell’impianto, dove i tecnici – dopo il disastro dell’11 marzo, terremoto e tsunami – non sono mai riusciti a fermare la fuga di materiale radioattivo che sta contaminando il Giappone. Se dovesse esplodere uno dei reattori, avverte l’esperto nipponico Hirose Takashi, collasserebbero anche gli altri: e a quel punto nessuno può dire fin dove arriverebbe l’ondata di morte.
Secondo gli scienziati austriaci, il colossale impianto di Fukushima è gravato da un deposito Fukushima annuncioaltamente pericoloso di 1.760 tonnellate di combustibile nucleare: a Chernobyl erano solo 180. La quantità di radiazioni che fuoriescono dalla centrale, ha spiegato un funzionario della Sicurezza nucleare giapponese, per ora è pari a circa il 10% di quella di Chernobyl. Tuttavia, secondo quanto dichiarato sempre dai dirigenti Nisa, uno dei fattori alla base della decisione di dichiarare il massimo rischio è che l’importo complessivo di particelle radioattive rilasciate nell’atmosfera dall’inizio della crisi ha raggiunto quantità tali da provocare un incidente di livello massimo sulla scala dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica. Lo confermano i timori della Tepco, l’azienda energetica, che ora ammette: Fukushima potrebbe far impallidire il ricordo della tragedia di Chernobyl.
Per l’Aiea di Vienna, il nuovo ranking significa un «grave incidente», con «conseguenze più ampie» rispetto alla soglia precedente. «Abbiamo alzato il livello di gravità a 7 perché la fuoriuscita di radiazioni ha avuto impatto nell’atmosfera, nelle verdure, nell’acqua di rubinetto e nell’Oceano», ha detto Minoru Oogoda, portavoce della Nisa. La revisione, scrive il “Corriere della Sera”, si è basata su un controllo incrociato e valutazioni dei dati sulle perdite di iodio-131 e cesio-137, ha spiegato un altro uomo Nisa, il portavoce Hidehiko Nishiyama: «Abbiamo evitato di fare dichiarazioni finché non abbiamo avuto dati certi, l’annuncio è stato fatto adesso perché è stato possibile controllare i dati raccolti in due modi diversi», ovvero le misurazioni di Nisa da un lato e della commissione per la Sicurezza nucleare dall’altro.
Nishiyama ha sottolineato che, a differenza di Chernobyl, finora non ci sono state esplosioni del nocciolo dei reattori dello stabilimento, anche se si sono verificate esplosioni di idrogeno. «In questo senso – ha concluso Nishiyama – questa situazione è totalmente diversa da Chernobyl». Tuttavia la Tepco ha ammesso per bocca del portavoce Junichi Matsumoto che sono ancora in corso le operazioni per stimare la quantità totale di materiale radioattivo che potrebbe essere rilasciato nell’incidente: inquinamento nucleare che potrebbe superare di gran lunga quello di Chernobyl. La prima falla nel muro di silenzio era stata aperta da un alto dirigente nucleare Fukushima centralegiapponese con una rivelazione al “New York Times”, che indicava una pericolosa crepa nell’involucro del reattore 3, provocando la fuoriuscita di fluidi e gas.
Oltre alla crepa, a mettere in crisi la grande centrale com’è noto è stato il guasto all’impianto elettrico di raffreddamento: l’incidente ha fatto aumentare la temperatura all’interno dei reattori causando la fuoriuscita di radiazioni. Per giorni, le autorità di Tokyo hanno tentato di arginare la falla irrorando i reattori con le più disparate sostanze, compresa l’acqua di mare. Un rimedio peggiore del male, avvertiva nei giorni scorsi Hirose Takashi, perché l’acqua salata corrode gli impianti e finisce per aumentare il pericolo: «Se io fossi il primo ministro Kan – diceva Takashi – ordinerei di fare quello che l’Unione Sovietica ha fatto nel 1986 quando esplose il reattore di Chernobyl, la soluzione sarcofago: seppellire tutto sotto il cemento, mettere al lavoro tutti i cementifici del Giappone e scaricare cemento dal cielo sugli impianti». Perché, aggiungeva l’esperto, «si deve ipotizzare il caso peggiore».
Ipotesi che ora sembra drammaticamente confermata, con conseguenze purtroppo imprevedibili viste anche le dimensioni della gigantesca installazione atomica: «A Fukushima vi è l’impianto Daiichi con sei reattori e impianto Daini con quattro, per un totale di dieci reattori», osserva Takashi. «Se anche uno solo di essi degenera nel caso peggiore, i lavoratori devono evacuare dal sito o rimanervi e perire. Così, per esempio, se uno dei reattori a Daiichi collassa, per gli altri cinque sarà solo una questione di tempo. Non potremo sapere in quale ordine collasseranno anche loro, ma sicuramente capiterà a tutti. E se questo accade, Daini non nucleareè poi così lontano, così probabilmente anche quei reattori cederanno». L’esplosione di dieci reattori nucleari è qualcosa che il mondo non ha ancora conosciuto.
Nessuno può davvero dirsi al riparo, avverte Mike Whitney su “Il Cambiamento”: le ciminiere asiatiche arrivano a inquinare la California, territorio sul quale si deposita anche la sabbia asiatica del Deserto del Gobi. E la metà del mercurio presente nell’atmosfera su tutti gli Stati Uniti proviene dalla Cina. Non solo: una settimana dopo un test di ordigni nucleari in Cina, secondo il “Washington’s Blog”, lo iodio-131 può essere individuato nella tiroide dei cervi del Colorado. E quindi: «Le carcasse fumanti di Fukushima sono una macchina perpetua di morte che avvelena tutto quello che ha intorno: mare, cielo e terra». L’inquinamento del suolo è già elevatissimo: il doppio di quello di Chernobyl, stando alle dichiarazioni rilasciate da Tetsuji Imanaka sul “New Scientist”. E nell’Oceano sono già finite tonnellate di acqua contaminata. «Fukushima ha cambiato il mondo – dice lo scrittore Günter Grass – perché è successo qualcosa di diverso da quanto finora avevamo vissuto, saputo e presunto». Cosa accadrà, ora? Nessuno è in grado di prevederlo.
Fonte: Libre