Di seguito la terza parte dell’intervista che Filippo Schillaci ha fatto ai membri del gruppo Ecosol di Fidenza, che stanno avviando un’esperienza di cohousing. In questa puntata Fulvia, Luca, Fabio e Lucio ci descrivono più dettagliatamente le caratteristiche del ‘condominio solidale’: dagli spazi agli arredi, dagli elettrodomestici all’energia.
Luca – Diciamo che a grandi linee tutte quelle che erano le esigenze dei singoli nuclei familiari, che ognuno aveva espresso nel questionario iniziale, più o meno sono state rispettate. E poi anche gli spazi comuni e i servizi comuni sono stati approvati all’unanimità.
Fabio – Abbiamo fatto un’assemblea dedicata a questo.
Io – Quali sono gli spazi comuni?
Luca – Si tratta di un grosso salone, a proposito del quale avremo un incontro col sindaco.
Fulvia – Perché ci vogliono far pagare gli oneri come se fosse un appartamento abitato. O meglio, non è che voglia lui; l’ufficio tecnico segnala che non c’è una normativa specifica e quindi a regola il tecnico dice: voi dovreste pagare gli oneri. O li pagate o facciamo prendere una decisione di tipo politico. Ben venga, e quindi andremo a proporre la questione.
Io – Parliamo di com’è fatto questo spazio.
Fulvia – È uno spazio pluriuso di poco meno di 100 mq: può fare da soggiorno, da incontro, sala da pranzo eccetera. Avrà in dotazione un servizio igienico e una cucina utilizzabile liberamente. Al contrario degli spazi interni che sono garantiti per la piena autonomia degli alloggi, è uno spazio da usare quando si vuole condividere oppure anche quando si ha bisogno. Ad esempio la festa di compleanno dei ragazzini: non la fai in casa dove non c’è spazio ma la fai giù. È oltre tutto in forte connessione con lo spazio verde dietro. Un’altra delle cose che abbiamo detto è che lo si può utilizzare per mangiare insieme una volta a settimana con una delle famiglie che si occupa della cucina a rotazione.
Luca – Cosa che noi, in quattro o cinque famiglie, facciamo già da tanti anni.
Inoltre, così come un certo grado di relazione viene cercato fra gli appartamenti, il massimo della relazione è stato cercato fra lo spazio comune e l’ingresso per cui una delle scelte fatte è che chiunque passa per la scala, attraverso la vetrata sia ‘obbligato’ a vedere attraverso la vetrata cosa succede nello spazio comune.
Con qualche accorgimento di arredi mobili poi questo spazio potrebbe essere utilizzato anche come foresteria se c’è qualche ospite. È stato pensato come spazio flessibile per un’ampia tipologia di utilizzi. Poi ci sarà la dispensa appunto per il discorso dei gruppi di acquisto e una zona operativa a gestione comune. Dal punto di vista informatico ad esempio ci sarà un server che darà la possibilità di avere servizi come la telefonia a tutti i condomini, poi una cantina e, all’ultimo piano, uno spazio lavanderia comune.
Soprattutto alcuni elettrodomestici che ci daranno la possibilità – non l’obbligo – di condividerli. Ovvero, se si vuole acquistare una lavatrice industriale con maggiore efficienza lo si fa in tre o quattro famiglie; si risparmia nell’acquisto, nell’uso e non si ha lo spazio in casa occupato da elettrodomestici individuali. Conviene visto che ciascuno non lo usa di certo tutto il giorno.
Un altro aspetto, abbastanza nuovo, che stiamo affrontando è tecnico, ma secondo me con implicazioni che vanno al di là.
Noi avremmo la volontà di gestire tutta l’energia come condominiale, cioè vorremmo che l’impianto solare che abbiamo sopra il tetto fosse comune e la normativa vigente questo non lo consente perché io non posso avere più utenze attaccate allo stesso impianto. C’è, ancora una volta, tutta una serie di cose che sono sempre state pensate nella logica tradizionale, vecchia. Norme che probabilmente non sono state fatte per punire comportamenti come i nostri ma per punire gli atti fraudolenti. Se le cose andassero avanti anche con altre esperienze ci sarebbe secondo me da aprire un dibattito anche dal punto di vista normativo.
Io – Diciamo che il legislatore non ha preso in considerazione che potessero venir fuori esperienze di questo genere.
Luca – Ci sta. Secondo me non è una colpa, nel senso che sono novità che si stanno mettendo sul tappeto adesso. Del resto ci sono anche, come abbiamo visto in questi ultimi mesi, esperienze dove la politica, cioè le amministrazioni, si stanno cominciando a muovere. Noi abbiamo visto Vimercate dove il Comune ha pubblicato un bando per la messa in vendita di un lotto a prezzi calmierati vincolandolo alla realizzazione di un cohousing.
Oppure si parlava, giù a Firenze [1] di alcune norme regionali che comprendessero appunto queste nuove realtà, soprattutto nell’housing sociale, perché in alcune situazioni questo tipo di aggregazione lo si vede come molto migliorativo dal punto di vista della gestione dei rapporti interni dei condomini e quindi delle manutenzioni e della vita degli edifici.
Probabilmente qualcosa di nuovo sotto il sole si comincia a vedere, guarda caso nel momento in cui la crisi dell’edilizia tradizionale, cioè quella speculativa, comincia ad affiorare. E si torna invece al tema dell’abitare. Perché qui il tema è come si abita, non come si vendono case o come si investono i propri soldi per speculare, che è invece il tema più frequentemente preponderante anche in fase progettuale e in quella del pensiero d’uso del territorio.
Io – Parliamo ancora degli spazi comuni. Gli spazi esterni come sono suddivisi?
Luca – Negli spazi esterni si è cercato come dicevo prima di tenere il verde come percentuale più alta possibile. Questo si lega alla fruibilità di questi spazi e al problema ambientale della permeabilità dei suoli. Qui riusciamo a ottenere una permeabilità molto alta, tra il 50 e il 70%. Quindi non si fa defluire l’acqua piovana ma si torna a distribuire in falda come è nel ciclo naturale.
Lo spazio scoperto noi siamo riusciti ad aumentarlo il più possibile nel senso che la forma dell’edificio è molto compatta; questo anche per altre ragioni di tipo energetico e di orientamento. La nostra scelta è ricaduta su quel lotto perché a fianco c’è un’area verde che resterà pubblica e una delle cose che si pensava di fare è non creare una barriera eccessiva fra questi due spazi ma in qualche modo far dialogare l’edificio con quest’area pubblica e l’area pubblica con l’edificio.
Fulvia – Si è anche parlato di orto.
Luca – Sì, anche se va segnalato che lì di fianco, a cento metri, il comune ha riassegnato gli appezzamenti per gli orti degli anziani, che da noi è una tradizione. Da sempre il comune mette a disposizione degli anziani dei piccoli appezzamenti per fare l’orto. Uno fa richiesta e ha un fazzoletto di terra che coltiva. Io non trascurerei l’ipotesi di prendere contatto con qualcuno di questi anziani che delle volte hanno degli esuberi di produzione incredibili. L’altra possibilità era comunque di poter fare un piccolo orto nel nostro spazio. Sarebbe bello utilizzare anche le terrazze, il ballatoio.
Lucio – Si è parlato anche di autocostruzione.
Luca – Sì, l’autocostruzione è un altro ingrediente che si voleva buttar dentro. Anche se in questo caso sarebbe parziale: penso che realizzare tutto l’edificio non siamo in grado né come tempo né come capacità. Sicuramente l’aspetto statico strutturale, per il tipo di tecnologia scelta, sarà realizzato da un’impresa. Allora si pensava di fare un intervento su alcune lavorazioni, tipo alcune finiture a secco degli appartamenti oppure – e per noi sarebbe simbolicamente molto più bello…
Fulvia – La sala comune.
Luca – Sì. Che fosse realizzata insieme. Su questo siamo in dialogo, più o meno, col Comune perché c’è un’iniziativa della Provincia per finanziare alcune di queste attività, dove però la Provincia ha un’idea un po’ diversa, ovvero costituire realtà dal basso che facciano esclusivamente autocostruzione.
Noi stiamo cercando di far passare l’idea che, anche se non è totale, il processo ha lo stesso la sua validità. Si pensava di poter realizzare le finiture degli spazi comuni anche per sentirli nostri, e anche ovviamente per abbattere i costi perché essi incidono sul valore dell’immobile e quindi vengono poi ripartiti di fatto sul suo costo di acquisto.
Note
1. Al convegno L’altro abitare; dal cohousing all’autocostruzione, Firenze, 18 novembre 2010
Fonte: Il Cambiamento