Sembrava fosse andata a buon fine la questione degli spot sui referendum in Rai, con l’approvazione del testo sulla par condicio da parte della Commissione di Vigilanza ed il richiamo alla tempestività del Presidente Napolitano cui era seguita a breve la messa in onda dei primi spot. Ma gli ingranaggi oleati della censura avevano subìto in quell’occasione solo una piccola interruzione, per riprendere prontamente la loro attività.
Basta guardare le fasce orarie riservate all’informazione sui referendum per capirlo. In televisione, un media che registra i massimi ascolti agli orari di pranzo e cena, è prevista la trasmissione dei messaggi autogestiti solo alle nove del mattino su Rai3. Per la radio, che invece si ascolta spesso in macchina mentre ci si reca al lavoro o si torna a casa – quindi la mattina e nel tardo pomeriggio – le fasce orarie sono alle 14.30 circa su Radio1, alle 22.25 su Radio2.
Oltre ai messaggi autogestiti, la legge prevede la messa in onda delle cosiddette ‘illustrazioni’, una sorta di spiegazione dei quesiti prodotta dalla stessa Rai. Queste sono stati i primi messaggi ad andare in onda, dopo l’appello di Napolitano. Ecco, queste illustrazioni saranno trasmesse alle 7.25 su Rai3, alle 17.40 su Rai2 e all’una di notte su Rai1. Anche in questo caso si evitano accuratamente gli orari di punta, e l’unica fascia piuttosto centrale, quella pomeridiana su Rai2, è in un orario in cui generalmente sono i bambini a guardare la tv.
E se invece volessimo guardarci le tribune elettorali o gli spazi autogestiti? Beh, in quel caso dovremmo attendere un bel po’. Almeno fino al 19 maggio, visto che a partire dalla data di approvazione del regolamento sulla par condicio (4 maggio) devono passare ben 15 giorni per garantire una corretta organizzazione delle tribune.
C’è poi un fatto che rende ancor più evidente la censura in atto. Spiega il comitato promotore ‘2 Sì per l’Acqua Bene Comune’ che “non esiste alcuna legge che impedisce alla Rai di parlare dei referendum prima delle date stabilite dal regolamento”. Il regolamento entrato in vigore serve infatti a garantire degli spazi esclusivi a tutte le fazioni in causa, ma “niente può impedire di parlare dei referendum nelle trasmissioni preesistenti”. Dunque, il fatto che non se ne parli da nessuna parte – se si esclude una puntata di Annozero – è ulteriore conferma dell’atteggiamento ostile del servizio pubblico (più presunto che tale) nei confronti dei referendum.
Così la disinformazione sui referendum continua, in barba alle leggi e all’interesse della popolazione. Disinformazione che per di più non si esprime solo con la censura sui referendum, ma investe anche i temi ad essi legati. Basti pensare al silenzio che è calato sul disastro di Fukushima, tuttaltro che concluso. O alla situazione italiana, in cui si vuole tornare al nucleare senza ancora aver risolto i problemi relativi allo smaltimento degli impianti precedenti. È di oggi la notizia che sei comuni, ex-sedi di impianti nucleari, hanno avviato un’azione legale contro il Governo che ha tagliato loro i fondi per lo smaltimento delle vecchie centrali e delle scorie radioattive. Ma questa, certo, è un’altra storia.
Fonte: Il Cambiamento