Il Lupo riprende la sua diffusione in Italia.
Sopravvissuto in poche unità ad una caccia spietata solo in poche zone isolate del Sud Italia, nell’Appennino settentrionale l’ultimo esemplare era stato abbattuto in Liguria nel 1878, negli ultimi decenni ha ripreso la sua diffusione e dal sud, lungo il corridoio ecologico costituito dalla dorsale montuosa dell’Italia, ha raggiunto le Alpi. E’ ormai stabilizzato in Liguria, Piemonte e Val d’Aosta e sta diffondendosi verso est, raggiungendo l’
Austria, dove incontra i Lupi provenienti dai Carpazi e dalla ex Jugoslavia. In Piemonte ha già incontrato i Lupi francesi.
I motivi del ritorno sono riconducibili a 3 fattori. Il graduale abbandono delle montagne, l’incremento della disponibilità di grandi ungulati (Camosci, Daini, etc), le azioni di protezione messe in atto dall’uomo.
Il Lupo è sempre stato in passato in Italia all’apice della catena alimentare. Vive in branchi di circa 5 – 7 elementi, costituiti da padre e madre alfa dominanti, dai cuccioli più giovani e da qualche soggetto più maturo che però non ha diritto a riprodursi.
Il branco occupa uno spazio di circa 200 kilometri quadrati e in questo modo è in armonia con la disponibilità di risorse naturali. Ha un forte senso della territorialità e non consente ad altri lupi di invadere il suo spazio.
Una buona autoregolamentazione della crescita demografica.
Cosa insegna la storia del Lupo?
Essendo al vertice della catena alimentare era il vero competitore dell’uomo, che lo ha sostituito in questa funzione. Infatti ha avuto nei suoi confronti un atteggiamento sempre conflittuale e lo ha demonizzato nella sua cultura a partire dal Lupo mannaro per finire a Cappuccetto rosso.
D’altro lato ha saputo prenderne l’anima e soggiogarlo a proprio vantaggio, creando un nuovo animale: il Cane, nelle sue versioni di difesa personale, pastore di pecore, compagno di caccia, animale da compagnia.
Ora che lo ha completamente soggiogato, ne fa uno dei simboli della propria bontà, controllando che non abbia incidenti, compreso il bracconaggio, e dedicandogli dei Musei (vedi quello di Entracque – Cuneo).
L’uomo ha quindi esercitato nel confronti del lupo il suo ruolo di grande predatore. Ieri di animali, oggi di tutte le risorse naturali possibili e di tutto ciò che può soddisfare la sua sfrenata voglia di conquista e di possesso. In Italia vivono 60 milioni di uomini e nemmeno 1000 lupi.
Avendo uno spazio definito da gestire e non potendolo ampliare, o meglio ridurre, il numero di lupi non può crescere a dismisura. Questo è d’altra parte un meccanismo di base in natura.
L’uomo invece ha otto tutti i meccanismi di regolamentazione e si avvia ai 7 miliardi i esseri umani sulla Terra.
Infine il Lupo vive in branco, cioè si onda sulla famiglia, valore che l’uomo sta perdendo.
L’Uomo quindi alla propria storia col Lupo dovrebbe recepire la consapevolezza della sua innaturale espansione, il valore del limite come armonia con il territorio, la validità del bioregionalismo, la consapevolezza di essere un formidabile e spietato predatore e la necessità di porre un freno a questa attitudine e in fine il rispetto per le secolari forme di aggregazione sociale. E’ questa l’Ecologia profonda.
Fonte: Ecologia Profonda