Referendum, il comitato per il No all’acqua pubblica batte cassa per i rimborsi dallo Stato

da | 22 Ott 2011

C’è una strana richiesta intorno ai rimborsi elettorali per i referendum dello scorso giugno. Una richiesta che coinvolge chi si è opposto con tenacia alla valanga di “Sì” (il 95,6 %) raccolti dai due quesiti presentati dal movimento per l’acqua pubblica. Nel decreto n. 160 pubblicato nei giorni scorsi che autorizza legittimamente l’erogazione di un milione di euro a favore del comitato promotore per i due “Sì”, compare una richiesta decisamente curiosa. “E’ pervenuta alla Camera una lettera con la quale lo Studio legale Maietta, in nome e per conto del comitato AcquaLiberaTutti e del suo presidente Antonio Iannamorelli – si legge – diffida la Presidenza all’erogazione del rimborso elettorale connesso alla consultazione referendaria in oggetto, chiedendone al tempo stesso l’accreditamento sul conto corrente intestato al Comitato medesimo”.

Il problema è che “AcquaLiberaTutti” non ha mai raccolto le firme per i referendum. Anzi, il comitato si è costituito per sostenere le ragioni del “No”, schierandosi apertamente per la difesa della privatizzazione della gestione dell’acqua. A che titolo, dunque, avrebbe chiesto di accedere ai rimborsi elettorali? Mistero. Lo stesso documento della presidenza della Camera recita che “la domanda non ha avuto nessun seguito”, perché “manifestamente priva di base giuridica”. Insomma, ci hanno provato.

Il comitato che si è battuto per il “No” e che ad agosto ha chiesto il contributo non dovuto, secondo la presidenza della Camera, è presieduto dal giornalista economico Oscar Giannino, divenuto nei mesi scorsi l’icona della battaglia contro i referendum. Il rappresentante legale è il vice presidente del Consiglio comunale di Sulmona Antonio Iannamorelli del Partito democratico. E’ lui che ha firmato la paradossale richiesta di rimborso. Il gruppo dirigente del comitato è politicamente trasversale: da Giacomo D’Arrigo, coordinatore nazionale Anci giovani, a Massimiliano Dolce, esponente del Pd laziale, Luigi Antonio Madeo, membro dell’assemblea nazionale dei democratici, Fabio Santoro, esponente del Pd di Napoli, Marino Fardelli, capogruppo dell’Udc al Consiglio comunale di Cassino, Annalisa Chirico, esponente radicale, fino a Luciano Nobili, portavoce di Apidi Roma.

La vicinanza con l’area della grande alleanza verso il centro promossa da Massimo D’Alema sembra evidente. Subito dopo il referendum, il promotore dei No all’acqua pubblica Iannamorelli è stato assunto dalla società di lobbying di Claudio Velardi, la Reti spa. Tra gli “amici” su Facebook di Iannamorelli spiccano poi i tanti contatti con quella parte dei democratici che male hanno digerito la vittoria referendaria. Primi fra tutti Raimondo Luigi Besson, vice presidente di Acqualatina – la contestata società del servizio idrico integrato partecipata per il 49% da Veolia – ed ex importante dirigente della Regione Lazio, autore, tra l’altro, della legge regionale del 1996 sugli ambiti idrici. Besson nella sua lunga carriera di tecnico di area Pd ha ricoperto anche il ruolo di amministratore delegato della Sorical, la società degli acquedotti della Calabria, partecipata anch’essa dalla francese Veolia, creata con il fondamentale contributo istituzionale di Aurelio Misiti, quando ricopriva il ruolo di assessore regionale ai Lavori pubblici nella Giunta di centrodestra guidata da Giuseppe Chiaravalloti.

Antonio Iannamorelli – contattato da ilfattoquotidiano.it – ha confermato di aver presentato la richiesta di accesso ai contributi elettorali lo scorso agosto: “Ora sicuramente faremo ricorso, arrivando fino in fondo, perché una parte di quei soldi, pari alla percentuale dei No, spetta a noi”. Si tratta di circa sessantamila euro, secondo i calcoli di AcquaLiberaTutti. “Noi non avevamo partiti alle spalle, abbiamo speso pochissimo, abbiamo raccolto poco più di cinquemila euro”, prosegue Iannamorelli. Rispetto al mancato accoglimento da parte della Camera dei deputati – che ha considerato, come prevede la legge, il diritto solo di chi ha raccolto le firme per proporre i referendum – il consulente della società di Velardi ritiene che “la legge, alla sua prima interpretazione, non è chiarissima”.

Fonte: ilfattoquotidiano.it