Sì alla Torino-Lione: dietro l’accordo, l’uomo del Bilderberg

da | 21 Dic 2011

Il gruppo Bilderberg, cupola finanziaria mondiale che ha piazzato a Bruxelles l’euro-presidente Van Rompuy e a Palazzo Chigi il professor Monti, sembra aver “commissariato” anche la valle di Susa per la realizzazione della linea Tav Torino-Lione: l’olandese Jan Brinkhorst, coordinatore per la politica europea dei trasporti ferroviari e membro del più esclusivo club mondiale dell’oligarchia finanziaria, farà parte del nuovo organismo italo-francese che il 20 dicembre i governi di Roma e Parigi hanno stabilito di costituire per realizzare entro dieci anni, a partire dal 2012, la tratta ferroviaria più controversa del pianeta. Vano l’appello di 150 docenti universitari italiani al presidente Napolitano: la Torino-Lione si farà, anche se finora i promotori non ne hanno mai dimostrato l’utilità. E i lavori di Chiomonte saranno affidati alla Cmc di Ravenna, coop “rossa” considerata storicamente vicina al leader del Pd, Pierluigi Bersani.
 
Il nuovo accordo italo-francese prevede un tunnel di 57 chilometri che unisca le future stazioni internazionali di Susa e St. Jean de Maurienne: i lavori per il traforo alpino partirebbero dal versante francese, mentre in Italia si prevedono cantieri a Bussoleno per l’interconnessione con l’attuale linea ferroviaria internazionale Torino-Modane, che già attraversa la valle di Susa ma, dato il crollo ormai clamoroso del traffico merci, è utilizzata per meno del 20% della sua capacità di trasporto.
 
I lavori di Chiomonte, nell’area della Maddalena sgomberata a giugno dalla polizia e ora trasformata in “fortino” militarizzato per tenere lontana la protesta popolare, riguardano un “cunicolo esplorativo”: costoso sondaggio geognostico orizzontale, che intersecherebbe la direttrice sotterranea del futuro traforo ferroviario. L’incarico alla Cmc, osservano i No-Tav, è stato affidato senza gara d’appalto: forse per evitare le penali innescate dalla cooperativa, che già nel 2005 si vide bloccare il cantiere di Venaus dopo le proteste di massa che misero fine al primo progetto Torino-Lione.
 
La nuova società ferroviaria per l’alta velocità transalpina avrà in Francia la sede legale e in Italia quella operativa: sarà il terzo organismo societario creato in vent’anni per la Torino-Lione dopo Alpetunnel e Lyon-Turin Ferroviaire, due autentiche “fabbriche di progetti”, finora soltanto cartacei. Ufficialmente mista, la nuova società sarà verosimilmente strutturata secondo le modalità del famigerato business pubblico-privato all’italiana: al general contractor privato gli enormi proventi dei lavori di cantiere, mentre al contribuente il peso finanziario schiacciante di un’opera faraonica, la più grande mai progettata in Italia: 8 miliardi il valore nominale dichiarato nell’accordo del 20 dicembre, ma in realtà oppositori e tecnici universitari parlano di almeno 20 miliardi; per il professor Ivan Cicconi della Sapienza di Roma, massimo esperto italiano in materia di project financing e annesse voragini di bilancio, la Torino-Lione potrebbe aggravare il debito pubblico per una cifra di addirittura 40 miliardi di euro.
 
E la tenace protesta popolare della valle di Susa? Carta straccia, come il pronunciamento democratico degli italiani, decisi a tutelare i beni comuni coi referendum di giugno? Se l’opposizione contesta innanzitutto l’impatto ambientale devastante di un’opera così oscuramente faraonica – paure per l’uranio e l’amianto del sottosuolo, ma anche per le falde acquifere, senza contare il disagio incalcolabile dei maxi-cantieri (nessuno crede che potrebbero davvero durare “solo” dieci anni) – ad aggravare il quadro è la stima preoccupante dei costi, sociali e finanziari, imposti all’Italia in piena recessione, che dal 2012 assaggerà tutto l’amaro della manovra “lacrime e sangue”, disposta da Mario Monti in ossequio al diktat della Bce firmato da Trichet e Draghi. Se, come dice Beppe Grillo, la Torino-Lione è «un crimine contro l’umanità di domani», costretta a pagare l’eredità di un debito mostruoso, in questo caso sfugge completamente il “movente”: perché dissanguarsi per un’opera che i migliori specialisti universitari definiscono già obsoleta e comunque inutile, dato che la direttrice delle merci è ormai la Genova-Rotterdam?
 
Per essere dei buoni cremlinologi, scrisse Guido Ceronetti prima ancora che crollasse l’Unione Sovietica, occorreva essere innanzitutto valenti criminologi. Lo stesso Ceronetti, grande eretico della letteratura italiana, la scorsa estate visitò le barricate di Chiomonte e scrisse un eccezionale reportage per “La Stampa”, concludendo che la valle di Susa fa benissimo ad opporsi, perché anche la Torino-Lione fa parte di un grande disegno tecnocratico-demoniaco che ha per obiettivo la devastazione e la riduzione in schiavitù. Suggestioni culturali a parte, ecco che ora in mezzo ai monti della valle di Susa compare l’ombra del Bilderberg, sotto le sembianze del liberal-democratico olandese Brinkhorst: un commissario di Bruxelles, messo a guardia di questa anomala frontiera ferroviaria. Mandante: il super-potere finanziario mondiale, che per sviluppare i suoi affari nel Vecchio Continente si avvale degli euro-tecnocrati, quelli che stanno confiscando la sovranità dei popoli europei tagliando il welfare, imponendo rigore e promettendo una crescita ormai palesemente impossibile.
“Follow the money”, raccomanda il manuale di criminologia: se vuoi trovare l’assassino, ti conviene risalire il flusso di denaro, esattamente come fa la magistratura antimafia.
 
L’Europa, avverte il giallista Massimo Carlotto, è diventata la più grande “lavanderia di denaro” del mondo, e le grandi opere sono perfette per riciclare denaro sporco. Ma la ‘ndrangheta e i suoi protettori della casta nostrana in doppiopetto, sostiene il giornalista Paolo Barnard, sono soltanto “mafie regionali”, se si considera il paese-mondo. La cittadinanza planetaria, infatti, ormai soggiace a poteri ben più pericolosi, come quello del grande capitale che, attraverso la finanza e la manipolazione politico-mediatica, è riuscito a privare un intero continente – l’Europa – della propria sovranità democratica: grazie all’adozione dell’euro, moneta comune ma non pubblica, non erogabile a favore dei cittadini, gli Stati non possono più fare i necessari investimenti sociali e vengono inesorabilmente trascinati in una logica finanziaria non più autonoma, ma subordinata agli interessi dell’oligarchia planetaria di cui proprio gli uomini del Bilderberg sono tra i più influenti portavoce.
 
Allora, dov’è il “movente” per la Torino-Lione? Il blog “Anarchismo Comidad” fa nomi e cognomi: italiani ma, soprattutto, francesi. Se fino all’inizio degli anni ’90 il debito pubblico italiano era essenzialmente interno, «progressivamente è diventato anche un debito nei confronti di banche straniere, in gran parte francesi, come la mega-multinazionale Bnp Paribas, che detiene oggi anche la proprietà della Bnl, la banca italiana che prima apparteneva al Ministero del Tesoro (a proposito di privatizzazioni suicide)». L’altra multinazionale francese interessata al debito pubblico italiano è Crédit Agricole, che possiede anche Cariparma. Entrambe le banche francesi, continua “Comidad”, negli ultimi mesi hanno improvvisamente ridotto la loro esposizione nei confronti dei titoli italiani: se ormai è acquisito che il fatale attacco al nostro debito pubblico è stato avviato da Deutsche Bank e da Goldman Sachs, è altrettanto certo che anche Bnp Paribas esercita il suo peso in termini di pressioni sull’Italia. Obiettivo: ottenere grandi profitti attraverso grandi opere.
 
«Qualche sospettoso – continua l’analisi di “Comidad” – potrebbe ipotizzare che Bnp Paribas sia interessata anche al settore dell’alta velocità in Italia». Sospetto confermato: la maxi-banca francese ha in effetti acquistato lotti di terreno italiano destinati ad aree ferroviarie Tav, come quelli di Roma-Tiburtina. Lo stesso colosso finanziario transalpino è anche la banca di riferimento della multinazionale francese dell’alta velocità, la Alstom. Dunque, il legame tra il debito pubblico italiano e il business dell’alta velocità non è più solo un’ipotesi: «Le multinazionali francesi hanno compiuto una tipica operazione di colonialismo commercial-finanziario: si compra il debito di un Paese per costringerlo ad acquistare i propri prodotti, specialmente i più costosi e meno convenienti».
 
In valle di Susa i No-Tav hanno frenato il maxi-affare? La grande finanza allora ha agito premendo sul fantasma del default: «Ed ecco perché, in piena emergenza-debito, l’alta velocità non si tocca». Lumi e spiegazioni diverse dal signor Bilderberg? Macché: la Torino-Lione è semplicemente “strategica per l’Europa”, ha ripetuto Jan Brinkhorst, sciorinando il consueto dogma teologico che finora nessuno, nel Parlamento italiano, si è premurato di verificare.
 
 
Fonte: Libre