Giappone: “Il nucleare è di vitale importanza”. Parola del premier Noda

da | 12 Giu 2012

Il Giappone è già pronto alla rinascita nucleare? Per il primo ministro Yoshihiko Noda la risposta è sì. È necessario fare ripartire subito i reattori 3 e 4 della centrale di Ōi, ha dichiarato il premier: “Senza reattori funzionanti la società giapponese non potrebbe sopravvivere”. Il suo timore principale? I possibili blackout nei periodi di picco estivi, molto dannosi per l’economia. La decisione verrà presa già nei prossimi giorni, ma l’ultima parola spetterà alla prefettura di Fukui, che ospita l’impianto. Gran parte della popolazione giapponese si dice contraria a questa opzione, ma il vero problema è un altro: quasi il 60% delle città vicine ad Ōi sarebbe impreparato ad affrontare un’emergenza come quella di Fukushima. A oltre un anno dalla tragedia del marzo 2011, infatti, in Giappone manca ancora un vero piano di emergenza.

Per Yoshihiko Noda non ci sono dubbi, il suo Paese è diventato eccessivamente dipendente dai combustibili fossili, troppo cari e troppo inquinanti: “Il nucleare è vitale per il Giappone, privo di risorse naturali”. Di conseguenza, con l’atomo “si proteggerebbero l’economia, i posti di lavoro e la stessa società giapponese”. Noda ha ricordato in diverse occasioni le misure di sicurezza prese dal governo per evitare quanto accaduto lo scorso anno a Fukushima, ed ha assicurato che, anche con un terremoto o uno tsunami come quelli dell’11 marzo 2011, i due reattori in questione “non rilascerebbero alcuna radiazione”.

Della necessità è ovviamente convinta anche la Kansai Electric Power, colosso energetico gestore dell’impianto di Ōi, anche se la piena realizzazione dei suoi nuovi piani di sicurezza sarà conclusa solamente fra tre anni. Le modifiche più importanti per evitare quanto visto solo 15 mesi fa a Fukushima sono state fatte, ma oltre un terzo delle migliorie sono ancora da completare, ha ammesso la compagnia. Nel tentativo di persuadere i giapponesi della sua affidabilità, il governo ha anche deciso di estendere la zona in cui migliorare la capacità di risposta ad un eventuale incidente da 10 a 30 km intorno alla centrale in questione. Una scelta rischiosa, dal potenziale effetto boomerang: le municipalità della prefettura di Fukui in cui ci si deve preparare ad un’emergenza nucleare, infatti, sono ora più di 130. Un lavoro immane, da condurre in pochi giorni.

Secondo i risultati di un sondaggio eseguito dall’emittente radiotelevisiva statale NHK, ad oggi la maggior parte delle città coinvolte sarebbero del tutto impreparate a gestire una tale situazione di emergenza: il 57% dei rispondenti ha ammesso che non sarebbe in grado di prendere effettive misure per evacuare efficacemente la sua popolazione, mentre il 29% sarebbe preparato solo parzialmente.

Ciononostante, per il primo ministro il riavvio dei reattori nucleari sarebbe “a protezione della vita delle persone”. Una convinzione che non sembra però contagiare il popolo nipponico. Ancora prima che finisse il suo discorso, infatti, il premier ha visto oltre mille persone fuori dal suo ufficio di Tokyo radunarsi per protestare.

“La stragrande maggioranza del pubblico [giapponese] non vuole che si riavviino i reattori, ed è più che pronta a lavorare insieme e conservare energia durante l’estate per rimanere libera dal nucleare”, afferma Greenpeace Japan: “Ignorandola e continuando la sua spericolata pressione per riavviare Ōi, il primo ministro Noda sta compromettendo la salute e la sicurezza di milioni di persone, e dimostrando quanto il suo governo sia tenuto in pugno dall’industria nucleare”.

In effetti, i giapponesi hanno già dimostrato che è possibile vivere anche usando meno energia, anche grazie a fenomeni come il setsuden(risparmio di elettricità). E hanno già fatto capire negli scorsi mesi che un premier nuclearista ma incapace di gestire le emergenze è destinato a perdere il posto. Neppure un anno fa, infatti, il predecessore di Noda, Naoto Kan, proprio per le sue inadeguate risposte all’incidente atomico di Fukushima era stato costretto a rassegnare le dimissioni.

Fonte: ilfattoquotidiano.it