Cancellare 12 linee ferroviarie, la rivoluzione dei trasporti?

da | 13 Lug 2012

Pubblichiamo un commento di Karl Kraehmer notissimo e famosissimo ambientalista tedesco, nonché studente illustre del Politecnico di Torino e membro del direttivo del circolo MDF di Torino – sui tagli previsti dalla Regione Piemonte ad alcune linee ferroviarie della regione. “I cosiddetti rami secchi in verità sono le radici nutrienti del sistema ferroviario”

“Rivoluzione sulle ferrovie, Cancellate dodici linee” si intitola l’articolo de La Stampa del 06 aprile che informa sul piano della Regione Piemonte e del suo presidente Cota di dismettere il traffico su 12 “rami secchi” della rete ferroviaria piemontese (http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/449249/) e di sostituirli con dei pullman. Le linee sono: Alba-Asti, Alba-Alessandria, Asti-Casale-Mortara, Cuneo-Mondovì, Cuneo-Saluzzo-Savigliano, Novi-Tortona, Alessandria-Ovada, Casale-Vercelli, Santhià-Arona, Pinerolo-Torre Pellice, Chivasso-Asti, Ceva-Ormea (fonte: La Repubblica). Strano, si potrebbe dire, non era “Rivoluzione” un termine sempre positivo o quantomeno associato al progresso? È quindi progresso cancellare queste linee?
Ovviamente ci sono dei buoni motivi: “Una scelta quasi obbligata sia per la riduzione dei finanziamenti statali ma anche, e forse soprattutto, per i costi pro-capite che su alcune tratte e in determinati momenti della giornata raggiungono punte che definire esagerate è quantomeno riduttivo: il viaggio di un passeggero, infatti, arriva a costare tra i 29 e i 30 mila euro.“ scrive La Stampa (citando senza dirlo quanto ha detto l’assessore ai trasporti Bonino).

Ma pensiamoci un po’ meglio. Probabilmente non saranno sbagliati i dati citati dalla Regione, come per esempio il fatto che ci sono dei sevizi con “sette passeggeri al giorno”.
Però vengono in mente due domande. La prima: Una tale scelta è (o dovrebbe essere) una scelta “politica”, cioè inserita in un contesto / un piano politico più ampio. Quale? (e quale dovrebbe essere?). La seconda: Perché ci sono così pochi passeggeri? Solo perché c’è poca gente interessata a usufruire di tali servizi?

Ovviamente questo articolo non può e nemmeno vuole dare delle risposte definitive al destino delle singole linee. Per questo serve un’analisi molto più dettagliata e complessa di costi, utilità e sostenibilità delle singole linee. Ciò che vogliamo mostrare è più che altro che una tale analisi non è stata fatta – un’analisi più che altro che tieni conto anche delle potenzialità future delle linee e non solo del loro stato attuale.

La risposta alla prima domanda è abbastanza semplice. Se ci troviamo in una situazione in cui dovremmo proteggere il clima e il settore dei trasporti è quello di cui le emissioni di gas serra crescono più velocemente in Europa, si dovrebbe 1) cercare di ridurre la domanda di mobilità (soprattutto quella superflua ovviamente) e 2) cercare di spostare il resto della domanda sul vettore più ecosostenibile che su scala interurbana è praticamente sempre la ferrovia (e non l’autobus, perché inquina di più, ma anche perché è tutto sommato molto meno attrattivo e quindi porta meno gente a scegliere il trasporto pubblico). Forse con l’eccezione di tratte con pochissima domanda, e cercherò di spiegare di seguito se questo è il caso per le tratte in oggetto. Perché se no significherebbe palesemente che la strada intrapresa dal governo regionale non è quella di una politica dei trasporti intelligente, ma per l’ennesima volta, una politica a favore dell’automobile.

Veniamo allora alla seconda domanda, per quanto riguarda i nostri casi concreti: si può capire presto che c’è qualcosa che non torna. La prima cosa che stupisce è il fatto che tra le tratte da cancellqare ci sono alcune linee ripristinate al traffico solo pochi anni fa: la Cuneo-Mondovì nel 2003 dopo 9 anni (era chiusa per il crollo di un ponte), la Pinerolo-Torre Pellice nel 2005, la Chivasso-Asti (chiusa a causa di danni di un’alluvione nel 1994) nel 2000. D’accordo, queste linee erano state chiuse per danni, non per una decisione politica – ma se non ci fosse stata una domanda di mobilità perché sono state ripristinate? Se non c’è una domanda di trasporto lungo queste assi perché parallele alle linee Alba-Asti, Alessandria-Ovada, Casale-Vercelli corrono delle autostrade (e lungo le altre ferrovie comunque delle grandi strade) e non lontano dalla Chivasso-Asti si vuole costruire la Tangenziale Est di Torino?

Facciamo qualche confronto con la Merano-Malles, unico caso clamoroso in Italia in cui su una ferrovia nel 2005 dopo 15 anni di chiusura è stato ripristinato il traffico (ed è stato fatto bene). Per la linea per Torre Pellice questo confronto sembra avere senso: sia Malles, sia Torre Pellice sono località montane di circa 5 mila abitanti legate al turismo. A Malles ci sono un treno ogni ora per Merano, più treni espressi aggiuntivi (25 corse in tutto in partenza), servizio uguale nei giorni festivi. A Torre Pellice invece ci sono treni solo fino a Pinerolo (complessivamente 19 nei giorni feriali in partenza), dove si deve fare il cambio per Torino, alcune corse sostituite da autobus (7), un cadenzamento solo parziale, nei giorni festivi soltanto sei corse, fino a Pinerolo tutte effettuate con autobus. Tutto ciò con un bacino d’utenza tendenzialmente più grande, considerando che già Pinerolo ha una dimensione pari a quella di Merano, Torino è molto più grande di Merano e Bolzano insieme e che Luserna San Giovanni è più grande del comune maggiore tra Malles e Merano. Ma è ovvio che con una qualità di servizio come attualmete viene svolto sulla Pinerolo-Torre Pellice, meno gente sceglie la ferrovia come mezzo di trasporto.

Poi ci sono i casi delle linee Tortona-Novi, Alba-Asti, Chivasso-Asti, Cuneo-Mondovì, Asti-Casale-Mortara e Casale-Vercelli che collegano città piuttosto grandi (di rispettivamente 28 e 28, 31 e 77, 27 e 77, 23 e 56, 77 e 36 e 16 (più collegamento verso Milano), 36 e 47 mila abitanti) e tra le quali sicuramente ci sarebbe una domanda di trasporto, che però non viene soddisfatta dal cattivo servizio delle ferrovie. E la Santhià-Arona che potrebbe essere percorsa per esempio da treni diretti tra Torino e il Lago Maggiore (Arona) per scopi turistici e servire potenzialmente anche a collegamenti internazionali tra Torino e la Svizzera, per cui fu inizialmente costruita. Poi ci sono i centri medi che sarebbero in futuro privi di un collegamento ferroviario: Saluzzo, con 17 mila abitanti e Ovada con 12 mila abitanti che, visto l’esempio di Malles (pur con condizioni un po’ diverse) non sembrano affatto troppo piccoli per una ferrovia. Per comuni come Saluzzo e Torre Pellice che si trovano vicino a Torino una soluzione per rendere più attrattivo il collegamento ferroviario potrebbe essere la sua integrazione nel sistema ferroviario metropolitano. E non sono neanche troppo piccoli per una tale soluzione: Da Monaco di Baviera, ad esempio, parte un treno della ferrovia metropolitana ogni mezz’ora circa per Herrsching che ha 10 mila abitanti.
L’unico caso nel quale non appare in modo così chiaro e immediato la necessità, utilità e sostenibilità della ferrovia è la Ceva-Ormea: Ormea ha meno di 2 mila aitanti e il centro piú grande lungo la linea, Garessio, 3 mila. Ma anche in questo caso sarebbe una follia chiudere la linea senza di valutare attentamente le sue potenzialità (in questo caso per esempio per un turismo e escursionismo “lento” e sostenibile nella Alta Valle Tanaro). Una follia visto anche che una ferrovia, e questo vale per tutti i casi, è sempre una opera che una volta è stata pagata cara dalla popolazione e che nel tempo ha segnato il territorio che percorre.
È inoltre importante considerare che questi cosiddetti rami secchi in verità sono le radici nutrienti di un sistema ferroviario, perché pure la Torino-Milano perde di attrattività se in generale ci sono meno possibilità di spostarsi col treno e quindi la scelta di lasciar stare la macchina o di persino liberarsene diventa sempre più sfavorita.

I rami “secchi” sono quindi autoprodotti: il problema centrale delle ferrovie secondarie del Piemonte (e di quasi tutta l’Italia) è la loro scarsa valorizzazione, non la mancanza di un bacino d’utenza. Sono più che altro delle cose molto semplici che portano la gente ad usare il treno: un orario cadenzato, integrato e semplice da leggere, corse regolari anche fuori dalle ore di punta e nei giorni festivi, perché se non si ha sicurezza di poter gestirsi in modo flessibile i suoi tragitti (sia da pendolare, sia da chi viaggia occasionalmente), l’attratività del mezzo diminuisce, treni puliti e puntuali, informazione trasparente dei viaggiatori in stazione e sul treno, in più un efficace collegamento con gli altri mezzi con la possibilità di poter utilizzare un biglietto unico (come è il caso in tante regioni europee). E se invece ci metto pochi treni, con un orario irregolare, con pochi collegamenti diretti, una politica d’informazione inefficace, raggiungo ciò che apparentemente la Regione vuole raggiungere: Meno passeggeri sui treni e più macchine e quindi la scusa per chiudere le ferrovie. Perché dopo tutto può darsi che Trenitalia viene gestita male, però è la regione che decide quanti treni regionali ci sono e dove e con quale condizioni. E per quanto riguarda l’argomento dei trasferimenti dello stato alle regioni per il Trasporto pubblico tagliati da Berlusconi, questi sono stati ripristinati interamente da Monti, anzi, sono pure un po’ cresciuti.

Per la nostra visione della decrescita tutto ciò ci deve preoccupare, perché è vero che il nostro obiettivo principale nel campo dei trasporti dev’essere la riduzione di spostamenti e delle loro distanze. Ma rimarrà tuttavia una notevole domanda di mobilità (anche giustificata) che dev’essere soddisfatta in modo sostenibile. E facendolo con i mezzi semplici sopra descritti che aiutano a creare un sistema di trasporto pubblico di qualità, nel quadro complessivo si ridurrebbero pure i costi, perché proprio da un punto di vista politico si devono prendere in considerazione anche i costi esternalizzati dei trasporti e non solo i costi diretti delle sovvenzioni. In questo quadro una rete ferroviaria che nella situazione attuale (in tutta l’Italia) soddisfa ca. il 10% della domanda non è certamente eccessiva. Speriamo allora che ci sia una protesta forte contro questa scelta sbagliata che cambierà la decisione almeno in alcuni casi e esprimiamo il nostro dissenso.

Fonti: La Stampa, La Repubblica, www.wikipedia.it / www.wikipedia.de (numeri abitanti città), maps.google.com (parallelismo di grande strade), orari delle ferrovie,www.miol.it/stagniweb/risors12.htm, www.mvv-muenchen.de/de/netz-bahnhoefe/netzplaene/index.html (piano rete Servizio Ferroviario Metropolitano di Monaco di Baviera), www.mtm.torino.it/it/piani-progetti/progetti-a-scala-metropolitana/sfm/SFM_incontri_OT_in%20prefettura.pdf (Servizio Ferroviario Metropolitano progettato per Torino)

Fonte: Mdf Torino