Consumismo, decrescita e diritti umani
Trovate di seguiti l’intervento di Maurizio Cossa (avvocato e socio di MDF torino) alla conferenza “Decrescita e Diritti umani” Viviamo , almeno dagli anni 50 , in una società del consumo , basata sul dogma della crescita. Consumare è un imperativo che viene perseguito con ogni mezzo , attraverso l’uso massiccio della pubblicità , dei media e dell’obsolescenza programmata dei prodotti . La società basata sul consumo richiede sempre maggiore sfruttamento sia delle risorse materiali (materie prime, energia , suoli ) sia di quelle umane , in quanto occorre lavorare sempre di più ed in modo sempre più precario , spesso indebitandosi . Dall’altro lato, questa società produce sempre più rifiuti , spesso altamente nocivi . La Terra è un sistema sostanzialmente chiuso e dunque è sempre più problematico e costoso sia l’approvvigionamento energetico che quello di talune materie prime fondamentali e si riducono grandemente le terre coltivabili , sia per l’aumento demografico , sia per i biocarburanti … Siamo di fronte a probabili gravi cambiamenti climatici che incideranno maggiormente sui Paesi poveri che non hanno grosse responsabilità in tale situazione , e che si manifestano con fenomeni estremi e impoverimento dei suoli . In questi ultimi anni si è assistito a forti polarizzazioni : i Paesi ricchi dell’Occidente sono diventati più ricchi e quelli poveri più poveri ( con in mezzo alcuni Paesi emergenti) , ma anche all’interno dei Paesi vi sono oggi maggiori diseguaglianze economiche e sociali . La globalizzazione ha significato sostanzialmente la vittoria schiacciante di un solo modello culturale ed economico , capitalista e neoliberista , che vige ormai anche nei Paesi ex comunisti. Di fatto in tutto il mondo la miseria ha lasciato il posto alla povertà. Tra le conseguenze di questo nuovo modello di colonialismo vi sono lo sradicamento delle tradizioni solidaristiche e dei legami sociali , l’espropriazione delle terre o l’acquisto fittizio, l’aumento delle megalopoli e delle bidonvilles , ma soprattutto condizioni di lavoro subumane, prive di diritti, senza alcuna tutela , e in condizioni ambientali estremamente degradate . Le popolazioni dei Paesi poveri vengono schiacciate da elites ricche che consentono il saccheggio dei loro territori da parte delle multinazionali di cui incassano le royalties e sono contenute con l’uso della forza e con violazioni sistematiche dei diritti umani . Ciò peraltro avviene anche nei Paesi emergenti e, in minor misura , all’interno degli stessi Paesi occidentali con le minoranze e gli immigrati. Unica via di salvezza per molti è la fuga , l’emigrazione nei Paesi ricchi . A parte i rischi del viaggio , i migranti troveranno comunque discriminazioni , razzismo e nuovamente lavoro para-schiavistico ( vedi Rosarno o le serre spagnole) . Già, perché per produrre o coltivare in Occidente a costi bassi e concorrenziali merci sostanzialmente inutili, occorre che i lavoratori siano privi di diritti , vivano anche qui in baracche o officine dismesse, e siano pagati pochissimo. Oltre ad essere perennemente ricattabili ( e dunque disponibili a tutto) a causa delle normative in materia di immigrazione. Conseguentemente il cittadino-consumatore , nel momento in cui acquista , in particolare nella grande distribuzione, merci palesemente sottocosto , deve sapere che quel prezzo non può non incorporare o un lavoro schiavistico nel resto del mondo, oppure uno sfruttamento vergognoso che avviene solo poco fuori della sua finestra , nei campi calabresi o pugliesi, così come nelle officine cinesi. Posto che in molti Paesi del mondo avvengono ogni giorno terribili violazioni dei diritti umani fondamentali ,bisogna anche domandarsi , più in generale, se questa situazione dipenda da singole responsabilità , di dittatori spietati, di militari paranoici assetati di sangue, oppure se tutti questi siano delle pedine di un gioco più grande . Facciamo l’esempio dei Paesi sudamericani interessati tra il 1973 agli anni ’80 da colpi di stato e regimi dittatoriali che violavano sistematicamente i diritti umani . Nel 1976 Amnesty Int. Pubblica un fondamentale rapporto sull’Argentina che le varrà l’anno successivo il Nobel per la Pace . Ma nello stesso 1976 viene dato in Nobel per l’Economia a Milton Friedman , che è l’ispiratore della teoria economica che sta alla base di tutte quelle dittature . In sostanza – sostiene Naomi Klein – la ricetta neoliberista di Friedman e dei cd. Chicago Boys prevede che solo il mercato faccia le regole del gioco e poco importa se ci saranno vittime . E’ inevitabile che i cittadini si oppongano alla legge del più forte ed allo sfruttamento e dunque sarà inevitabile che i governi usino la forza , la tortura , l’esercito , per sottomettere e terrorizzare la popolazione . Queste teorie economiche , ormai estese al mondo intero e veicolate anche negli organismi internazionali economici ( FMI e Banca Mondiale) , non democratici, saranno poi alla base di tutti gli “aggiustamenti strutturali “ richiesti ed imposti agli Stati nazionali che , disarticolati dalle speculazioni finanziarie mondiali, chiedano prestiti . Del resto anche le maggiori multinazionali , molto più ricche e potenti della maggior parte degli Stati , sono in grado di foraggiare despoti amici e bloccare politiche sane . La società dei consumi in perenne movimento necessita dunque di vittime , immolate in nome della crescita, e poco importa se pochi invece godranno dei vantaggi di essa e molti verranno stritolati nel meccanismo . Sta ai cittadini attenti e consapevoli , aprire gli occhi . Non fermarsi a compatire le vittime delle carestie africane o i bambini al lavoro in Asia , ma cercare di capire i meccanismi che legano indissolubilmente un mazzo di fiori kenioti, un paio di jeans o di scarpe , o un cespo di banane , proprio a quelle vittime . Nessuno è innocente. In un mondo interconnesso dove la plastica travolta dallo tsunami giapponese approda in California, è sempre più vero il detto cinese (poi rivisto in tempi recenti) che afferma che anche il battito d’ali di una farfalla può alterare la vita in un lontano punto del globo . Maurizio Cossa