Ha suscitato in me una profonda amarezza il modo in cui è stata impaginata l’intervista che mi ha fatto giovedì 20 settembre Federico Mello per il quotidiano Pubblico, diretto da Luca Telese. Sebbene quanto è scritto nell’articolo rispecchi sostanzialmente il mio pensiero (ho inviato delle precisazioni al testo che mi è stato sottoposto, ma non sono state apportate), il titolo e i sommarietti ne capovolgono totalmente il senso, riproducendo in sostanza una tesi precostituita che non ha trovato conferma nelle mie risposte.
Da ciò deduco che lo scopo dell’intervista non fosse la conoscenza dei fatti ma un tentativo di strumentalizzazione politica perseguito nonostante abbia ricevuto una smentita. Da questa amarezza traggo una ragione in più per ribadire la mia totale estraneità alle dinamiche politiche-istituzionali e confermare la mia fedeltà a un’idea della politica come elaborazione di analisi e proposte da offrire a chi pensa di agire nelle istituzioni per risolvere i problemi sociali, economici e occupazionali che affliggono la nostra società.
Allego pertanto il testo dell’intervista rivisto da me:
Parla lentamente pesando le parole, Maurizio Pallante. 65 anni, oltre dieci libri all’attivo, consulente del sindaco di Parma Pizzarotti, è considerato un guru da ambientalisti e movimenti civici. La “decrescita felice”, un’economia dove il Pil non segni la dittatura dello sviluppo, è il suo pallino da sempre. Normale che collaborasse da vicino con Grillo: se si cerca sul blog più letto d’Italia, si trovano almeno 10 pagine di contenuti legati all’argomento. Ora i rapporti tra i due si sono diradati e, in questa intervista a tutto campo, Pallante dà i suoi consigli ai Cinque Stelle (“Più lavoro sui contenuti”) e risponde alle domande su due episodi finora rimasti inediti: lo “stop” di Grillo alla sua candidatura in Piemonte nel 2010 – anche se la richiesta era arrivata dai gruppi locali – e un episodio riferito al VDay2 di Torino quando Di Pietro era ministro, Casaleggio lavorava per l’Idv ed era meglio non affrontare la questione Tav.
Pallante il vostro è un movimento politico?
No, è scritto nel nostro statuto che “Il movimento per la decrescita felice” non si presenta alle elezioni: siamo un pensatoio che produce proposte da suggerire ai gruppi politici che sono nelle istituzioni.
Quando ha conosciuto Grillo?
Era il 1994, non era in campo come oggi ma nei suoi spettacoli stava già virando su contenuti politici.
Che rapporto avevate?
Io, come altri, gli davo dei consigli: ho elaborato per lui delle proposte su energia e rifiuti. A volte, durante qualche spettacolo, dava un piccolo spazio anche a me.
Avete continuato anche quando sono nati i meet-up?
Sì, abbiamo fatto nel 2006 “La scienza in piazza”, una serie di iniziative in giro per l’Italia durante le quali Grillo dava la parola ad una serie di tecnici che affrontavano problemi concreti calandoli anche nella realtà locale.
Poi il primo Vday e la nascita del 5Stelle.
Ho fatto 2-3 passaparola sul blog, ho partecipato a moltissime iniziative locali del movimento e sono intervenuto al primo vDay del settembre 2007.
Il 25 settembre 2008 arriva il secondo vDay e lei, seppur invitato, non parla. Cosa avrebbe detto?
Mi ero preparato sulle politiche amministrative e contro le grandi opere. Le due questioni hanno un legame molto stretto, ed essendo a Torino non potevamo non parlare della questione Tav. Però nessuno affrontò l’argomento e il mio intervento slittò fino a saltare. A un certo momento fu anche rimosso uno striscione contro l’alta velocità.
Tra i Cinque Stelle circola la voce che lo stop venne da Casaleggio che ai tempi curava la comunicazione di Di Pietro, ministro delle infrastrutture fino a pochi giorni prima e schierato per il sì alla Tav.
È un’ipotesi plausibile. Ma io i retroscena non li so e preferisco mantenere un atteggiamento di servizio: non ho ambizioni politiche e non mi sono posto la domanda. Ciò detto, può essere che sia andata così.
Nel 2010 arrivano le regionali e dal movimento cinque stelle Piemonte le arriva la richiesta di correre come candidato come governatore della regione.
Venne a trovarmi un gruppo di ragazzi rappresentativi delle realtà piemontesi: avevano la stessa età dei miei figli e suscitarono in me una spinta etica a non abbandonarli. Ma visto che lo statuto del mio movimento non consente nostre candidature dirette, presi tempo per consultare l’assemblea nazionale.
Come andò poi?
L’assemblea nazionale mi lasciò libero di decidere. Comunque se avessi accettato la candidatura mi sarei dovuto dimettere da presidente. E ciò avrebbe creato dei problemi al nostro interno. Poi mi chiamò Grillo.
Per dirle cosa?
Che lui preferiva portare dei giovani nelle istituzioni e che, vista la mia età, sarebbe stato meglio mantenere il mio ruolo di suggeritore. Accettai, anche perché questa richiesta si conciliava con i miei dubbi.
Le suonò come un aut-aut?
Ai tempi collaboravamo strettamente e tra amici e si può parlare con chiarezza.
I suoi rapporti con Grillo come sono adesso?
Non più così frequenti come erano in precedenza: lui ha fatto una scelta più caratterizzata politicamente
Cosa pensa del ruolo di Casaleggio?
L’ho incontrato solo due o tre volte, ma so che è molto presente nel movimento e che ha un rapporto privilegiato con Grillo. Eppure una forza politica che probabilmente avrà il venti per cento dei voti, penso che debba avere un gruppo dirigente più allargato.
È d’accordo con le battaglie del movimento?
Oggi in Italia c’è uno scollamento molto forte tra elettorato e partiti politici che può sfociare in una deriva autoritaria. Grillo, sebbene io veda dei limiti nei contenuti del suo progetto politico, sta dando un orientamento di carattere democratico a chi non si riconosce più nel sistema dei partiti. Ciò detto ho la convinzione che ci sia bisogno di una maggiore elaborazione nelle proposte politiche che ora come ora mi appaiono ancora troppo legate a un ruolo di opposizione e non di governo.
In che senso?
Quando si fa politica dall’opposizione si può anche essere molto tranchant, se invece si comincia ad entrare nelle istituzioni bisogna approfondire nel merito e dare gambe concrete alle proposte, un conto è quello che fa Pizzarotti e un conto fare quello che fa il consigliere piemontese Davide Bono: uno è al governo l’altro all’opposizione.
In questi giorni si è parlato molto di Giovanni Favia.
L’ho sempre trovato un ragazzo intelligente, brillante e capace di svolgere bene il ruolo istituzionale che ricopre. Il prototipo, se così si può dire, del politico giovane e a tempo limitato che auspica Beppe Grillo
E l’esperienza di Pizzarotti?
Insieme a Loretta Napoleoni e altri abbiamo offerto la nostra disponiblità gratuita. Nel mio caso vado a Parma una volta al mese con altri amici del movimento della decrescita: stiamo cercando di realizzare progetti che mostrino la nuova politica all’opera a cominciare dalla razionalizzazione energetica di alcuni edifici.
Un’ultima domanda provocatoria: la decrescita ha fan che la vedono come una prospettiva inevitabile e detrattori che la giudicano luddista. Come risponde lei? La Grecia per esempio è in piena decrescita ma per niente “felice”?
Si confonde il concetto di decrescita e quello di recessione. Non sono la stessa cosa. Si può fare un’analogia con due persone che non mangiano quanto vorrebbero, uno perché non ha i soldi per comprarne e uno che ha deciso di fare una dieta: stanno facendo la stessa cosa? La decrescita consiste nella riduzione degli sprechi e richiede più tecnologia per aumentare l’efficienza con cui si usano le risorse. E crea un’occupazione utile che ripaga i suoi costi con i risparmi che consente di ottenere.
Maurizio Pallante