Ogm: perché riprodurre i semi? Perché farlo in zone isolate?

da | 22 Gen 2013

Gli OGM cosa sono? Gli OGM sono per prima cosa un prodotto industriale e non un prodotto tipico che si possa incontrare nei mercatini rionali o di paese. Sono sostanzialmente 4 le piante geneticamente migliorate che vengono oggi coltivate al mondo e tutte sono prodotte a milioni di tonnellate e vengono normalmente descritte come “commodity”, appunto per chiarire che si tratta di produzioni industriali. Si tratta di soia (il 57% della soia mondiale è da OGM), mais (25%), cotone (13%) e colza (5%).

Sono coltivate nei 5 continenti, in particolare nei grandi Paesi agricoli mondiali come USA, Brasile, Argentina, Canada, India, Cina e Sudafrica. Nel 2007 sono stati coltivati nel mondo oltre 112 milioni di ettari con piante ingegnerizzate.
Per paragone, tutte le piante coltivate in Italia coprono una superficie di 13 milioni di ettari.
Mai nella storia dell’agricoltura mondiale una tecnologia si è sviluppata tanto rapidamente, su superfici così vaste, in così tanti continenti.

“Il mais Ogm è veleno”. Studio choc in Francia  vedi   http://it.novopress.info/2012/09/il-mais-ogm-e-veleno-studio-choc-in-francia/  

L’Italia è stato l’unico Paese nell’area dei paesi “sviluppati” a bloccare la sperimentazione di campo degli OGM alla Ricerca Pubblica. Questa posizione non corrisponde ad un blocco del consumo, poiché l’importazione di prodotti OGM in Italia è consentita. Dunque in ogni caso non è evitabile il consumo degli OGM, se non in circuiti di prossimità ben controllati o, nell’autoproduzione alimentare.

Gli schieramenti contrapposti sono in sostanza tre: 1) il blocco delle aziende sementiere, industrie chimiche ed imprese per la produzione di macchine agricole che non sono funzionali alla nuova tecnologia, 2) l’insieme delle aziende legate ai nuovi brevetti di sementi geneticamente modificate e 3) il gruppo minoritario in forza economica, ma maggioritario nei numeri, dei cittadini e di contadini si stanno mobilitando per creare circuiti di prossimità che non aderiscano a nessuno dei due precedenti blocchi economici.

Se scartiamo le piccole aziende sementiere che lavorano  a livello territoriale e familiare, possiamo affermare che, in generale, anche questo tipo di azienda contrasta fortemente l’autoproduzione e lo scambio di sementi locali. Ecco qui un esempio http://nunhems.it/www/NunhemsInternet.nsf/id/IT_IT_AIB-signs-cooperation-agreement

Nell’ottica dell’autoproduzione e dell’autosufficienza alimentare e quindi nella nostra idea di coltivazione,  l’acquisto delle sementi e delle piante è un passaggio fondamentale come scelta iniziale. E’ una valutazione ed azione che, però non può che essere che  momentanea, perché il nostro  interesse maggiore è verso la ricerca di sementi “tradizionali”, la riscoperta dei saperi e sapori tipici delle località dove l’ambiente naturale, con gli stessi identici meccanismi delle aziende sementiere, ha selezionato specie e cultivar adatte a specifici ecosistemi, microclima ed ambienti.

Nella nostra scelta agronomica siamo pienamente coscienti della dinamicità di ogni ambiente naturale  Quelle stesse sementi che mio nonno seminava, non saranno esattamente identiche in morfologia di sviluppo della pianta a quelle che seminerà mio nipote. La differenza, dunque è nei tempi, che se rispettati si evolvono in parallelo all’evoluzione del nostro mondo circostante, dello stile di vita e relativi cambiamenti di abitudini alimentari che l’uomo ha da sempre assimilato nei secoli.

Siamo coscienti che le patate tipiche di un tal luogo d’Italia sono una contraddizione, poiché le patate sono, in realtà, originarie del Centro America, dove venivano coltivata presso le culture Mesoamericane e Andine ad esempio.

Sappiamo tutti che il mais è autoctono del Messico. Ma i meccanismi di adattamento della natura hanno permesso, nel corso dei decenni e dei secoli poi, di adattarsi meglio ad un territorio, piuttosto che ad un altro e di conquistare diritto di cittadinanza.

Dobbiamo considerare, dunque nella nostra ricerca la grande potenzialità che la natura ci offre: l’adattabilità ad un ambiente, la selezione naturale di caratteri nuovi, talvolta recessivi, tal’altra dominanti e quindi l’enorme livello di mutabilità ed elasticità di ciò che noi chiamiamo tradizione, che, nel mio lessico ed esperienza, non fa rima con conservazione, parola statica e basata su un concetto d’immutabilità inesistente nei meccanismi di interazione di un qualsiasi ecosistema, come in quelli della evoluzione del pensiero ed azione umana, appena illustrato.

Sementi autoctone
Dobbiamo dire con molta chiarezza che la maggior parte del cibo che noi troviamo in commercio nella Grande Distribuzione Organizzata, è cibo prodotto con materie prime di cui spesso si fatica a risalire alla provenienza. Il tanto decantato menù Mediterraneo è zeppo di prodotti, anche base, coltivati a centinaia di chilometri di distanza. La pasta che italiani e non consumiamo è fatta con grano proveniente da chissà dove, poichè arriva con grandi navi da trasporto nei porti italiani e, guarda caso, proprio nel periodo di raccolta del grano italiano.

Dunque le sementi, è da li che parte la filiera. Una filiera controllata dovrebbe essere la più sana, la più garantita da governi e associazioni di categoria. Invece succede che con sentenza del 12 luglio 2013, la Corte di Giustizia della UE ha confermato il divieto di commercializzare le sementi delle varietà tradizionali e diversificate che non sono iscritte nel catalogo ufficiale europeo.

Scambio autoproduzione

Lo scambio dei semi in Italia avviene solo ed esclusivamente per sementi tradizionali, per cui non registrate dalle multinazionali, anche per i modesti quantitativi e per la minor capacità di produzione che scoraggia le multinazionali a brevettare tali sementi.
In Italia abbiamo fatto qualche passo e la buona notizia è l’avvio del percorso e la dichiarazione di legalità per lo scambio. Civiltà Contadina è una delle maggiori associazioni attive nella conservazione delle varietà antiche. Ha istituito l’arca dei semi nel 2006 per conservazione attiva, non museale. Infatti lo scambio e il ricambio è molto praticato. Mi chiedo come mai in Italia queste realtà non vengano prese di mira dalle multinazionali. Probabilmente il motivo sta nella legge 46 del 6 aprile 2008  sullo scambio dei semi che da allora, in Italia è legale, anzi .. quasi legale. L’inghippo c’è, ovvero la condizione che le sementi siano iscritte in un registro nazionale gratuito delle varietà da conservazione.

Le sementi tradizionali devono essere auto riprodotte, tramandate da almeno 50 anni e coltivate dallo stesso produttore che le scambia in ambito locale, cioè quello di tradizionale coltivazione di una varietà o nell’ambito della provincia, e in quantità limitata: 1000 m2 per patate e orticole; e un ettaro per cereali e colture da campo. Vedi http://www.aamterranuova.it/Ambiente-e-decrescita-felice/Scambio-di-semi-ora-e-legale.-Quasi

Detto questo, considerando che le notizie si trovano sopratutto in rete, si riporta un documentario con valide argomentazioni e documentazioni.

Ambiente e OGM di Rebeka Legovic  http://youtu.be/vooPDMmBRQM

Se vuoi agire firma queste due petizioni

Al bando gli OGM in Italia https://secure.avaaz.org/it/petition/Al_bando_gli_OGM_in_Italia/
ULTERIORI INFORMAZIONI   http://www.repubblica.it/ambiente/2012/10/12/news/arriva_in_italia_il_mais_ogm-44410227/

Al bando i salmoni OGM in USA: non li voglio nel piatto http://www.avaaz.org/it/stop_frankenfish_r/?bvMxvdb&v=21120

di Francesco Badalini

Fonte: Ortorto (Mdf Verona)