Ricordate, intorno al 2006, il gran parlare che si faceva dei rigassificatori? Ce ne occupammo parecchio anche qui su Petrolio, incapaci di comprendere come mai sembravano così “indispensabili” (parola di Bersani) se avevano invece tante controindicazioni non solo ambientali, ma proprio di mercato.
Bene, ora finalmente si capisce ove risiedeva l’indispensabilità dell’operazione promossa dai leader politici: nel solito inciucio, nascosto nel comma, che rende conveniente ciò che conveniente non è. Lauto guadagno per alcuni, ed esborso inutile di quattrini per tutti gli altri, cioè noi. Lo racconta Qualenergia. In pratica proprio nel 2005, dopo gli spauracchi della crisi del gas russo, sapienti manine hanno messo insieme un bel decreto sulla costruzione dei rigassificatori, e vi hanno inserito la clausola del “fattore di garanzia”. Eccola:
un fattore garanzia, che assicura, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto, la copertura di una quota pari all’80% di ricavi di riferimento. Tale copertura è riconosciuta dal sistema tariffario del trasporto e ha durata per un periodo di 20 anni.
Insomma, alle solite: si programmava la costruzione di rigassificatori che, qualora inutilizzati, avrebbero goduto ugualmente dei profitti. Pagati da chi? Ma da Pantalone, naturalmente, con la sua bolletta! Così come accade col CIP6 e con tanti altri trucchetti in cui gli investimenti dei prenditori sono in realtà un modo per scucire soldi a noi. Oggi il fattore di garanzia è stato abolito da un’inchiesta UE, seguita ad una denuncia da uno dei comitati territoriali, e gli “indispensabili” impianti non interessano più a nessuno.
Ecco così spiegata la corsa al rigassificatore che ci aveva tanto lasciato perplessi. A qualcosa serve, tenere un blog da 7 anni: è come stare seduti sulla famosa riva del fiume.
di Debora Billi
Foto – Photopin
Fonte: Petrolio.blogosfere.it