Conoscere, sapere, essere informati è sicuramente un grande potere. Non a caso i regimi dittatoriali o assolutistici del passato come del presente, la prima cosa che tendono a fare è quella di imbavagliare la vera informazione.

Spesso questa parola  si tende a identificarla o a limitarla, consciamente o inconsciamente, con la sola parte politica o di cronaca con tutte le sue sfaccettature. Eppure resto convinto ogni giorno di più, che una parte ancora troppo abbandonata sia quella dell’informazione ambientale che raccoglie una grande varietà di sottosettori.

Se è vero come dice padre Zanotelli che “noi facciamo politica ogni volta che andiamo a fare la spesa”, allora è bene e urgente essere sempre molto ben informati su quello che compriamo, come lo compriamo, dove lo compriamo e perché lo compriamo.

Non a caso è di pochi giorni fa la notizia che in Europa in sede di commissione europea ci si stia interrogando seriamente sul problema. Ed infatti dal 15 gennaio scorso e fino al prossimo 10 aprile tutti noi cittadini europei possiamo esprimere (ufficialmente) il nostro punto di vista sulle produzioni biologiche. La Commissione europea ha infatti aperto le consultazioni per la revisione della politica europea in materia di agricoltura biologica, al fine di individuare e creare le migliori condizioni possibili per incoraggiare lo sviluppo della produzione biologica europea. Per i cittadini è una grande opportunità di essere coinvolti nella preparazione del futuro dell’agricoltura in Europa. E anche un importante modo per dire la nostra in materia e ribadire a gran voce il nostro no agli Ogm. Inoltre emerge sempre di più un dato interessante e che cioè come ha spiegato il Commissario per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale Dacian Ciolos: «Cresce il numero di consumatori informati, di quanti vogliono sapere da dove arriva il cibo che portano nelle loro tavole. Questo è quindi un buon momento per migliorare le nostre politiche, sottolineare il nostro impegno per sostenere le produzioni bio ad alta qualità e, se necessario, rivedere i regolamenti in materia»
Un dato importante dunque che vede le persone vogliose di essere informate sulla provenienza dei cibi che mettono in tavola. Questo dato non va sottovalutato e allo stesso tempo non garantisce che le produzioni sane siano in aumento o che possano esserlo. Al momento infatti il mercato del bio si attesta (fonti europee) al 2%.  Sappiamo benissimo che qui si può incorrere nel rischio (sempre presente!) di cadere nella trappola della famosa green economy, che altro non è che una forma di crescita spruzzata di verde.

Intendiamoci: bene sia l’aumento di produzione a livello nazionale ed europeo di coltivazioni e produzioni veramente biologiche, che salvaguardano il territorio, l’ambiente in generale, possono creare molti posti di lavoro utili (che cioè non producono cose inutili e dannose) riportando una vera attenzione alle tematiche ambientali. Nello stesso tempo bisogna essere ben attenti a non cadere nel pericolo (sempre dietro l’angolo) di rendere tutto un commercio per cui, a mo di esempio, nei miei supermercati o dal mio salumiere bio di fiducia posso ritrovarmi prodotti bio (magari ottimi) ma provenienti dalla Germania o dall’Olanda e non dalla mia nazione e meglio ancora dalla mia regione o dal mio territorio, cioè a Km zero. Per cui magari acquistiamo si Bio ma involontariamente (più o meno) stiamo alimentando fonti di inquinamento attraverso i trasporti o il consumo di fonti fossili. Su questo bisogna vigilare, ed ancora una volta ribadisco che il ruolo di un circolo MDF debba essere quello appunto di sentinella capace di informare i proprio concittadini e allo stesso tempo saper operare per agevolare e facilitare una produzione locale sempre più naturale e salubre, che sappia spezzare l’enorme e inquinantissima catena dei trasporti e magari incrementare la propria agricoltura locale.

La questione diventa ancora più urgente se si tengono conte alcune ultime notizie, provenienti soprattutto dalla verde Umbria, dove sta diventando impossibile coltivare anche un proprio piccolo orto, per colpa di agenti inquinanti presenti nelle falde acquifere.

Come fare? Da un minimo di esperienza sul campo, posso dire che basta cercare e spendere un pò di tempo. Cercare contadini o appassionati di agricoltura naturale, biologica. E vi assicuro che ce ne sono di persone e soprattutto giovani. Esistono ma lo fanno per se stessi (per mancanza di manodopera e per mancanza di incentivi) o per poche persone che le conoscono. Una volta individuate e una volta appurato il loro modo di lavorare (basta trascorrere una o due giornate con loro) si può iniziare a pensare e organizzare un vero e proprio gruppo di acquisto solidale. Dal contatto con questo tipo di produttori, oggi ancora in fase embrionale perché non favoriti da una sana politica, c’è solo da imparare. E imparando ci si informa direttamente sul campo sui valori nutrizionali e sul benessere di determinati prodotti ed indirettamente sul malessere che determinati acquisti quotidiani hanno sul nostro organismo e sulla nostra stessa vita sociale (inquinamento, sfruttamento del lavoro, impoverimento di terreni etc etc…). Senza dimenticare un aspetto molto importante: la possibilità (oggi quasi scomparsa) di poter ritrovare momenti di convivialità attorno ai naturali cicli della natura, alla possibilità di educare le nuove generazioni (dai piccolissimi in poi) ad un rapporto più sano e consapevole con il cibo (vedi alla voce obesità in Europa).

Tutto questo poi si tramuterebbe automaticamente in una costituzione di un vero e proprio “esercito pacifico” di persone che avranno a cuore il proprio territorio perché non solo gli fornisce un lavoro salariato ma soprattutto perché gli garantisce un livello di qualità di vita molto ben superiore a quello che l’attuale sistema di crescita promette (vanamente) di dare.

Del resto perché dovrei aver a cuore il mio paese o il mio territorio? Perché mi fornisce parcheggi, auto, sale giochi, termovalorizzatori (alias inceneritori), industrie inquinanti, 48 ore di lavoro a settimana sottraendomi dalla vita? Oppure perché mi dà il cibo naturale di cui ho bisogno, ad un costo minore e di qualità maggiore, assieme al tempo trascorso con ritmi più naturali e in modo più umano?

Sì, da una corretta informazione e da una rivalutazione concreta dell’agricoltura passa il nostro destino.

di Alessandro Lauro (Mdf Sorrento)