Se vuole uscirne vincente, l’Europa deve adattarsi alla sfida dei cambiamenti climatici, e ridurne l’entità: parola dell’Agenzia europea dell’ambiente (Eea). Che, con un nuovo rapporto, mostra rischi ed opportunità celati nel climate change. Secondo lo studio, infatti, nonostante gli sforzi e i progetti di molti Stati europei per mantenere l’aumento di temperatura sotto i 2ºC, stiamo andando verso un’era che impone di adeguarsi a cambiamenti comunque in corso. Per mitigarli, molte città e regioni europee stanno già sviluppando progetti che attraverso la tecnologia, la governance o un uso diverso delle risorse possano aiutarle ad affrontare siccità, aumento delle precipitazioni o altri effetti estremi provocati dal riscaldamento globale. Il tutto con un occhio di riguardo a un dettaglio importante, vista la crisi in cui versa gran parte d’Europa: adattarsi può fare risparmiare somme enormi di denaro, sia pubblico che privato.
Progetti tecnologici e ingegneristici; approcci basati su natura ed ecosistemi; innovative politiche a livello locale: sono i tre tipi di misure, indicate rispettivamente come “grigie”, “verdi” e “soft” che, se combinate fra loro, secondo il rapporto Adaptation in Europe possono aiutare gli Stati europei ad uscire da un’impasse nella lotta ai cambiamenti climatici che si sta facendo pericolosa. Non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale ed economico. Una necessità, dunque, che può portare a grossi vantaggi. Un esempio? Barcellona, città con seri problemi di scarsità idrica, combinando misure grigie (come la costruzione di un impianto di dissalazione) e soft (come gli incentivi per la riduzione dei consumi di acqua), si prepara ad affrontare prolungati periodi di siccità.
Gli eventi meteorologici estremi interessano tutto il continente: se nelle zone artiche, settentrionali ed alpine si hanno allarmanti aumenti delle temperature medie e gravi perdite di specie e biodiversità, nell’Europa centrale e orientale i problemi principali sono legati alla diminuzione delle precipitazioni e all’aumento degli incendi, con relativa riduzione del valore commerciale delle zone boschive. L’area che soffre di più, insieme a quella artica, sembra però quella mediterranea, che racchiude quasi interamente l’Italia. Lì, infatti, ai problemi che attanagliano il resto del continente si aggiungono quelli della pesante riduzione di portata dei fiumi, di una ormai imminente desertificazione e del possibile arrivo di malattie tropicali. Come quelle trasmesse dalle zanzare, che hanno reso il nostro Paese all’avanguardia nello sviluppo di sistemi che le possano prevenire.
In particolare, Regione ed Arpa Emilia Romagna hanno sviluppato un sistema (ben spiegato nello studio) per il monitoraggio sanitario che (dopo il verificarsi proprio nella pianura emiliana dei primi due casi di contagio in Europa negli ultimi cinque anni), avverta sulle emergenti malattie trasmesse da insetti come la zanzara tigre asiatica (Aedes albopictus), appunto. Ma anche sui rischi per la salute causati da ondate di calore nelle aree urbane e sui possibili danni a persone e proprietà da fenomeni idrogeologici, a partire da quelli legati alle esondazioni del Po. Di queste, infatti, si prevede un aumento nei prossimi anni che potrà portare ad enormi esborsi da parte della collettività.
Se da una parte il costo di adattamento può essere elevato, dall’altra i risparmi complessivi dovuti ad alcuni interventi di adattamento sono ben superiori. Quello con cui si sta ristabilendo lo stato naturale del bacino del Danubio, ad esempio, è uno dei più grandi progetti in questo senso attualmente in corso. Anche se avrà un costo stimato di 183 milioni di euro, dovrebbe aiutare a prevenire inondazioni come quella del 2005, che in Svizzera, Germania, Austria e Romania causò ben 396 milioni di euro di danni.
Nell’Ue, tra il 1980 e il 2011 le perdite economiche per cittadini e imprese dovute alle alluvioni sono state più di 90 miliardi di euro. Per questo, come ricordato recentemente a Bruxelles dal Commissario europeo per il clima, Connie Hedegaard, la Strategia Europea sull’adattamento ai cambiamenti climatici è da considerarsi una politica per la coesione sociale. “L’adattamento riguarda nuovi modi di pensare e di affrontare rischi e pericoli, incertezza e complessità”, afferma invece Jacqueline McGlade, direttore esecutivo della Eea: “Ciò richiederà agli europei di cooperare, per imparare gli uni dagli altri, e di investire nelle trasformazioni a lungo termine necessarie per sostenere il nostro benessere di fronte al cambiamento climatico”.
Andrea Bertaglio
Fonte: La Stampa Tuttogreen