Decresco, quindi sono

da | 15 Lug 2013

Se apriamo il vocabolario e cerchiamo «benessere», la definizione fa riferimento a: stato di buona salute fisica e psichica, felicità, senso di benessere interiore o prosperità economica, agiatezza. Per società del benessere si intende la nostra, quella occidentale, caratterizzata da agiatezza collettiva e un elevato reddito pro capite. Ma siamo proprio sicuri che la bussola dello sviluppo e del benessere di una società continui a essere solo determinata dal Pil (Prodotto interno lordo)?

Da queste considerazioni nasce e si sviluppa la teoria della decrescita che ne vede precursore l’economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen in particolare per la sfera ecologica. I sostenitori della decrescita affermano che la crescita economica – intesa proprio come accrescimento costante del Pil – non porta a un maggior benessere e che il miglioramento delle condizioni di vita deve essere ottenuto non con l’aumento della produzione e del consumo di merci ma con il miglioramento dei rapporti sociali, umani, della qualità ambientale, della collettività e del tempo liberato. Le parole di Serge Latouche, principale teorico della corrente, ne sono lo specchio: «La decrescita non è la crescita negativa. Sarebbe meglio parlare di “acrescita” […]. D’altra parte si tratta proprio dell’abbandono di una fede o di una religione (quella dell’economia, del progresso e dello sviluppo). […] Siamo ancora in tempo per immaginare, serenamente, un sistema basato su un’altra logica».

Una decrescita che può essere felice solo se non è subita, se nasce da una scelta consapevole che, se sperimentata, dimostra di saper dare i suoi buoni frutti.

Questa inchiesta svela che una nuova fetta di umanità si è già messa in cammino per «reinventare» un modo più critico e consapevole di esistere. Un percorso inverso, dove recuperare la manualità e le tradizioni può salvaguardare il proprio destino; dove essere liberi dai condizionamenti telematici senza risultare disinformati e operare scelte eco-compatibili come riciclare, riparare, autoprodurre non deve essere l’eccezione ma la regola per star meglio. Dove, lo spazio per esistere è uno spazio dettato dal dialogo e non dalla mercificazione dei rapporti. Dove quel «de», davanti al termine «crescita», non è svilente ma è la linfa vitale di un altro paradigma: quello della rinascita di un nuovo umanesimo e della riscoperta di un’economia basata sulla ragionevolezza.

di Gabriella Mancini, con la collaborazione di Luca Cecchetto

Ringraziamo la Rivista Missioni della Consolata per avere dedicato ben 5 articoli alla decrescita.