Quella che segue è la bella prefazione di Giannozzo Pucci al libro “La Chiesa e la terra” edizione LEF (Libreria Editrice Fiorentina) del domenicano inglese Vincent McNabb.
Qual è la peculiarità di questo scritto? che è datato 1925 ma è di estrema attualità e a Giannozzo Pucci va tutto il merito di averlo reso fruibile per la popolazione italiana.
Ivan Illich sosteneva che la modernità è un capitolo dell’ecclesiologia, perciò se abbiamo intorno a noi e oramai anche nelle nostre mentalità e comportamenti un mondo artificiale costruito in contrasto con i principi del Vecchio oltre che del Nuovo Testamento lo dobbiamo a pensieri e azioni mondane inseritesi sotto false spoglie nella Chiesa e che hanno “a fin di bene” portato a favorire lo sviluppo di questa modernità. Ma della nostra fede fa anche parte il “non prevalebunt”, il quale non ci lascia in pantofole ma ci spinge a cercare nella storia della Chiesa tutte quelle scosse profetiche capaci di svegliarci per rispondere alla volontà di Dio.
Vincent McNabb è sicuramente una di queste scosse profetiche che parte dal Testamento e dalla Summa di San Tommaso per analizzare la società moderna e, alla luce dell’enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII°, propone le trasformazioni nella società, nell’economia, nell’urbanistica, nel lavoro, necessarie a dare ai cristiani la libertà di seguire la volontà del Padre “come in cielo così in terra”.
Questo libro, scritto poco tempo prima della crisi economica del 1929, è di un’attualità sconvolgente ora che il tipo di crisi economica che avvolge il mondo rappresenta con sempre maggiore chiarezza il fallimento del modello industriale e la rivincita della natura come maestra, cioè del modo come la vedevano i padri della Chiesa. La centralità della vita rurale è una parte importante anche di qualsiasi visione tomista della politica e della società, ne consegue un’etica autarchica tipica della tradizione benedettina.
La crisi economica che stiamo attraversando dal 2001 e più diffusamente dal 2007, contiene anche il fallimento del capitalismo finanziario e delle concezioni filosofiche, economiche e politiche che hanno radicato nell’immaginario collettivo sia del capitalismo che del socialismo, sia nella cosiddetta destra che nella cosiddetta sinistra, l’idea di un progresso tecnologico capace di liberare l’umanità da ogni limite e ogni sofferenza. Mai come adesso le soluzioni alla crisi del 1929 inventate da Keynes si dimostrano impastate dello stesso veleno che ha determinato quella crisi, le conseguenze sono solo state spostate di 80 anni, ma nel frattempo l’aria, l’acqua e la terra si sono riempite di macchine e sostanze malefiche, sono cresciuti a dismisura i popoli affamati, i profughi ambientali e anche la società occidentale opulenta ha un futuro incerto.
Infatti viviamo ancora nel romanzo della nostra abbondanza di paesi consumatori, i supermercati sono pieni di merci e la pubblicità ne presenta sempre nuove a rafforzare quel romanzo. Ma da qualche tempo tutto ciò è accompagnato da sospetti e inquietudini, da un bisogno di reimparare attività domestiche già considerate obsolete, di approvvigionarsi di alimenti direttamente dai contadini superstiti, ed è sempre più diffusa la sensazione di una crisi morale da sgretolamento della nostra società, per cui “il futuro non è più lo stesso di prima”.
Rispetto alle testimonianze portate in questo libro da McNabb le condizioni di lavoro e abitative sembrano il ritratto della dignità e del benessere, anche se la piena occupazione col lavoro salariato si dimostra impossibile e si riduce sempre più. Lo sfruttamento sfrenato del primo secolo di capitalismo industriale è stato allontanato dai nostri occhi e spostato nel terzo mondo, in India, Cina, Bangla Desh ecc. da cui provengono gran parte delle cose che vestiamo o usiamo. Ma anche nel globo fluorescente del nostro mondo occidentale i problemi si affollano. Quanto tempo ogni giorno passiamo in macchina, il grande simbolo della nostra liberazione, e quanto ci costa umanamente ed economicamente? Sediamoci a tavola in una casa media del ricco occidente. Dov’è la famiglia, cioè dov’è l’altra persona che porta il secondo stipendio così necessario e dove sono gli uno o due figli, fortuna se frutto della medesima unione? Tutti stanno esercitando la loro libertà. La madre lavora e torna più tardi, per ridurre lo stress (contrassegno della sua liberazione economica) deve andare, prima di tornare a casa, a fare esercizio fisico sul tapis roulant in una palestra sotterranea fluorescente guardando su qualche grande schermo le ultime notizie.
I figli mangiano da soli, ma apparentemente contenti perché seduti senza fatica con la spina infilata in un mondo virtuale dove ci si può coinvolgere in arcaiche attività come combattere con la spada, cercare un tesoro, scacciare i poteri cattivi da un regno buono, parlare con creature immaginarie o montare la tenda sotto un cielo stellato.
Ogni tanto il pasto trova la famiglia riunita ma il cibo industriale possiede sapori creati in laboratorio, sostanze capaci di trattenere l’acqua aggiunta artificialmente, la cucina non è solitamente un luogo di produzione artistica di salute ma lo specchio della società della fretta, dell’usa e getta.
C’è stato un tempo in cui cucinare, cucire e tutte le arti domestiche erano espressioni naturali e vocazionali della sovranità della donna. Le madri facevano queste cose perchè il loro amore per la famiglia richiamava la bellezza e la cura. Adesso queste attività, quando si fanno, sono solo un hobby per rinfrescare la coscienza vagamente in colpa, ma non arrivano alla dignità della professione formatrice di una comunità di vita. Lo stesso dicasi per gli uomini, oramai ridotti a colletti bianchi, incapaci quasi di qualsiasi lavoro manuale per la casa. Quello che possono dare ai loro figli è spazzatura effimera che sarà sostituita al prossimo compleanno da altra plastica e aggeggi elettronici.
Di fronte a ciò non si nota un atteggiamento pratico della maggior parte dei cattolici che li distingua: guardano gli stessi programmi televisivi, le stesse pubblicità, fanno la spesa negli stessi supermercati. Si è diffusa un’abitudine a dividere l’esistenza in due zone: da una parte l’anima con la messa, le preghiere, alcune opere di misericordia, dall’altra il mondo lasciato nelle mani degli esperti della trasformazione delle pietre in pani “a fin di bene”.
Si è perso di vista il carattere essenziale che rende la modernità in contrasto col vangelo: la sua mancanza di riferimenti e limiti etici. La data di inizio della modernità perciò è quella del rogo di Girolamo Savonarola, cioè di colui che aveva indicato il legame fra etica e arte, etica e politica, etica ed economia, fondamento essenziale di una civiltà umana. Da allora la divaricazione fra vita quotidiana e preghiera, fra corpo e anima, ha cominciato a diffondersi un po’ alla volta in ogni campo.
Assediati oggi da “questo mondo” anche i movimenti cattolici sono abbastanza carenti di quel tipo di santificazione della vita quotidiana costituito dall’impegno etico nel modo di produrre il cibo, di mangiare, bere, vestirsi, costruire le case e le città, scaldarsi, scegliere il lavoro, comunicare, trasportarsi ecc.
McNabb riempie perciò un vuoto che fino ad oggi è parso quasi una “capitolazione” al mondo da parte di un certo “realismo cattolico”. Il suo credo in opposizione a un’economia finanziaria e all’ industrializzazione dell’agricoltura è un formidabile punto di partenza per una nuova politica personale e sociale:
1. Credo che la vita umana, in quanto dono divino, non sia adeguatamente ripagata da nessun dividendo umano, ma solo dalla retribuzione divina.
2. Credo che nel nostro mondo economico “il desiderio di denaro è la radice di ogni male”.
3. Credo che una vita organizzata per fare denaro sia l’errore che consegue al considerare “il guadagno un culto”.
4. Credo che i valori delle monete siano falsi valori; come i pesi delle monete sono falsi pesi.
5. Credo che la produzione di massa in agricoltura non sia frutto dell’amore per la terra ma della passione per il denaro.
6. Credo che quella che viene definita produzione di denaro non sia produzione di ricchezza, ma accaparramento di denaro.
7. Credo che la coltivazione di un unico prodotto, come la frutta o i fiori, impoverisca definitivamente la campagna rendendola serva della città, quando invece la città dovrebbe essere serva della campagna.
8. Credo che la salvezza dell’Inghilterra eccessivamente industrializzata debba provenire dalla terra; ma non può provenire dall’industrializzazione della terra.
9. Credo che gli stessi sistemi imprenditoriali che hanno portato le nostre città alla bancarotta porterebbero alla bancarotta le nostre campagne.
10. Infine, credo che organizzare il lavoro in campagna per il mercato e non per l’uso interno della casa e del podere, metta inevitabilmente gli agricoltori alla mercé del mercato e dei servizi di trasporto che portano al mercato.
11. Credo in Dio, il modello mostratoci sul Monte, che ci ha sfidati con una vita e una morte offerte al servizio dell’umanità.
12. Credo che servire Dio servendo l’uomo non vuol dire essere schiavi, ma re. Servire Deo regnare est. Il servizio di Dio è dignità regale!
In questo periodo di grandi cambiamenti i cattolici possono, facendosi aiutare dai movimenti più sensibili a una o l’altra delle questioni etiche indicate da McNabb (es. Movimento per la Decrescita Felice, Navdania International, i Gruppi di Acquisto solidale, Genuino Clandestino, Associazione di Solidarietà con la Campagna Italiana, Forum nazionale salviamo il paesaggio, Stop al consumo di territorio, Città di transizione, i mercatini di prodotti contadini, Terre Nostre, ALPA, CIR, Aiab,Terra Terra, Civiltà contadina, Rete semi rurali, Crocevia, Rete bioregionale, Ari, Agribio, Consorzio della Quarantina, Campi Aperti ecc.) contribuire a un movimento di trasformazione della società e dell’economia attraverso, ad esempio, i campi estivi dell’Azione Cattolica e degli altri momenti e movimenti ecclesiali in cui ravvivare rapporti di fiducia fra persone legati ad iniziative materiali di scelta del lavoro, di educazione alimentare ed energetica, di ripopolamento delle campagne disapplicando con l’obiezione di coscienza le leggi fatte per distruggere il mondo contadino e le produzioni artigianali e domestiche, di azione per la ricostruzione delle città in zone comunitarie, di distruzione delle cause di inquinamento.
Giannozzo Pucci
3 settembre 2013