Quando si pensa ad un’opera d’arte si ha sempre l’impressione di trovarsi dinnanzi a qualcosa di difficile comprensione. In molti casi – soprattutto quelli legati all’arte contemporanea – questo è vero e può essere sostenuto con argomenti validi.
In altre accezioni invece, soprattutto in certa arte sacra orientale, l’opera d’arte era ed è uno squarcio autentico verso qualcosa di molto più grande, di infinito, difficilmente traducibile ma solo balbettabile. Questo era ed è – per certe culture – un modo sia per educare lo sguardo che la propria interiorità ed immaginazione.
Un modo certamente per rapportarsi al divino ma anche per educare se stessi ad avere uno sguardo “altro”, diverso, capace di penetrare in profondità e di andare oltre le quotidiane apparenze. Maturare e custodire uno sguardo lungo, coraggioso ed audace.
Quando penso ai temi che animano concretamente la decrescita felice nei suoi ampi universi, penso che uno dei ruoli che svolga sia proprio questo: essere una finestra aperta su qualcosa di bello, buono e desiderabile.
Come ogni opera d’arte che si rispetti non potrà mai esaurire in sé quello che vuole rappresentare, così il movimento per la decrescita felice e i suoi componenti, non potranno mai esaurire tutto quello che vogliono e desiderano realizzare. Ne saranno sempre degli indicatori viventi, reali e concreti e indicheranno sempre un oltre, un meglio da realizzare sempre con meno saggiamente scelto.
Come certe grandi opere d’arte del passato hanno ispirato, commosso, scosso, provocato e stimolato, così anche coloro che condividono lo stile della decrescita felice, saranno in grado – come già lo sono – di provocare, scuotere, stimolare e promuovere il bello, il buono e il giusto per tutti, senza mai avere la presunzione di essere giunti al traguardo o di aver raggiunto un vero e definitivo appagamento.
Finestre aperte sul bello. Come quelle che a volte si possono vedere in certe campagne, capaci di far entrare non solo aria nuova e fresca al mattino, ma anche capaci di aprire squarci di orizzonti nuovi.
Se oggi noi viviamo nella società del tutto e subito e delle immagini che non lasciano quasi più spazio all’immaginazione – quasi in ogni campo – la decrescita felice sarà quella sana e matura “igiene dei sensi” e dello sguardo, di cui abbiamo assoluto bisogno.
Forse, se oggi sono tante le patologie legate alla mancanza di speranza, uno dei motivi può essere ricercato anche nella scarsa capacità di immaginare scenari diversi. Sembra quasi che ci sia detto che “è tutto qui” e che “nulla può cambiare”. Questo – se per certi aspetti è vero e ci serve per non evadere questa storia – non deve però oscurarci lo sguardo e toglierci dalla memoria la capacità di bello, buono di cui siamo sempre capaci.
La capacità di custodire la natura, di limitare l’inquinamento, di prodursi in casa quante più cose possibili; la innumerevoli possibilità di migliorare la tecnologia utile per non sprecare risorse, i nuovi stili di vita, la sana convivialità, la capacità di liberazione interiore, il saper donare e il saper ricevere, il valore del tempo… tutte queste cose e tante altre legate al movimento per la decrescita felice e al comune umano sentire, sono tutte le finestre aperte sul bello e sul buono di cui abbiamo bisogno.
Ognuno di noi sa dove, come e quando aprire queste finestre. Quello che sappiamo però tutti è che ne siamo pienamente responsabili sia quando le apriamo sia quando decidiamo di tenerle chiuse. Avremmo voluto tutti, che queste cose fossero ormai patrimonio acquisito dell’umanità, e tuttavia siamo costretti a prendere atto che siamo ancora indietro in questa evoluzione. Avremmo desiderato che il buono e il bello e il giusto fossero cose assodate delle nostre vite e che non dovessimo occuparcene quasi come un’emergenza continua. A volte saremo sicuramente tentati dal dirci: “Chi me lo fa fare?”.
La risposta è in quella sete di bellezza, di giustizia, di bene che ci porta ad essere e ad aprire finestre su qualcosa di “altro”, che sia ricco di senso.
Alessandro Lauro