Delfina, Totò e le cene da mille euro

da | 24 Nov 2014

Napoli, 24 novembre 2014

Cara Delfina,

La tua lettera sull’incontro dei movimenti popolari di tutto il mondo, organizzato in Vaticano con la partecipazione di Papa Francesco mi ha fatto scattare un’immediata associazione di idee con le cene da mille euro, organizzate a Milano e Roma, dal partito di Renzi per finanziarsi. Una curiosità, che definirei sociologica, mi ha indotto a guardare sui giornali on line i brevi filmati sull’arrivo delle e dei partecipanti, che scendevano dalle loro auto lussuose, alcune con autista, elegantemente vestite e vestiti, con atteggiamenti di contenuta euforia per aver avuto l’onore di partecipare a un evento che documenta la loro appartenenza a una categoria di privilegiati. La stessa scena vista due mesi prima a Firenze, quando il presidente del Consiglio, al ritorno dagli Stati Uniti, dove era andato a trovare i dirigenti delle maggiori società informatiche e l’amministratore delegato della ex Fiat, aveva partecipato come testimone alle nozze del suo amico finanziere nella chiesa di San Miniato isolata all’interno di una più vasta area interdetta al pubblico per la durata della cerimonia. Un contrasto maggiore con i militanti dei movimenti popolari confluiti in Vaticano da tutto il mondo, non poteva esserci. E non poteva esserci prova più evidente del fatto che Marx avesse ragione parlando di lotta tra le classi sociali, ma avesse torto a pensare che l’avrebbero vinta gli sfruttati e gli emarginati. Un’ostentazione così sfacciata di ricchezza e di potere da parte di pochi davanti alla povertà di tanti che fanno fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, può essere effettuata solo da chi è convinto che non rischia di perdere i suoi privilegi nonostante l’indignazione che suscitano le iniquità e le ingiustizie. E si sente così potente da potersi permettere anche un distaccato sfottò. «Mangino brioches», aveva risposto la regina Maria Antonietta a chi le diceva che il popolo non aveva pane. «Siamo il partito della sinistra», non dicono ancora della neosinistra gli organizzatori delle cene da mille euro, per quanto sostengano di seguire l’esempio del new-labour, che a sua volta aveva seguito i dettami della neo-lingua profetizzata con mezzo secolo d’anticipo da George Orwell.

Ma chi sono i ricchi e potenti che scendono dalle loro lussuose automobili, elegantemente vestiti e moderatamente euforici, per partecipare alle cene da mille euro su invito del partito della sinistra? Professionisti e commercianti di successo, industriali e finanzieri che hanno scoperto, suppongo con loro stessa sorpresa, di essere diventati di sinistra, della sinistra in procinto di diventare neo-sinistra, dopo essere stati, alcuni di sinistra, altri suoi acerrimi avversari, quando la sinistra rappresentava le classi popolari, cioè fino a quando non è stata sepolta nel 1989 dalle macerie del muro di Berlino. Cosa ne deduci tu, oltre il leggero lezzo di opportunismo che emanano? Io ne deduco l’esattezza di quanto avevo dedotto quando è stato eletto presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel 2009 e pochi mesi dopo gli è stato dato il premio Nobel per la pace. Se le guerre le fa un guerrafondaio, i pacifisti protestano e c’è il rischio che influenzino l’opinione pubblica; se le fa uno che ha avuto il premio Nobel per la pace diventano, per definizione, operazioni di pace, di peace keaping, secondo la formula della neo-lingua. Se le autorizzazioni alle trivellazioni petrolifere in Alaska o nel golfo del Messico le dà un presidente che appartiene a una famiglia di petrolieri, eh te pareva!, s’è fatto eleggere per farsi gli affari suoi; se le dà un presidente che ha presentato un programma trentennale di sviluppo delle fonti rinnovabili mettendoci dentro anche gli inceneritori, diventano una misura temporanea di cui non si può fare a meno nella fase di avvio di un programma ambientalista. Se sei di destra e assumi con contratti di lavoro temporanei sei uno sfruttatore; se sei di sinistra e fai la stessa cosa, crei dei posti di lavoro. Se sei di destra e metti in discussione il diritto di sciopero sei un fascista; se sei di sinistra e fai la stessa cosa, non sei un conservatore come chi vuole conservare i privilegi del passato – la garanzia di un posto di lavoro!, ma andiamo – e ritieni che l’interesse del Paese sia più importante dell’interesse di una categoria di lavoratori. Se vai a messa la domenica, come ti hanno insegnato a scuola i gesuiti, e nel tentativo di far crescere i consumi autorizzi col decreto Cresci Italia (ti prego, cresci, Italia) l’apertura dei negozi la domenica, non sei un sepolcro imbiancato che costringe i dipendenti dei centri commerciali a stare lontani dalla famiglia nel giorno consacrato al Signore, ma un bravo cattolico che rispetta i precetti e un economista di livello internazionale che si propone di far crescere l’occupazione mediante la crescita  dei consumi.

Sebbene sia moralmente riprovevole, o proprio perché lo è, politicamente il trucco ha funzionato e ha dato un colpo decisivo sia alla sinistra, sia alla destra tradizionali, che già erano in crisi per conto loro. Mentre il colpo si stava preparando, dalla sinistra tradizionale si è levato tempestivamente in volo il ceto dei politici di professione, sincronizzati come gli stormi degli storni che riempivano improvvisamente il cielo di Roma, spostandosi dalla parte di chi stava per riceverlo alla parte di chi stava per darlo. Nello stesso tempo, dalla destra tradizionale si avviava il deflusso del ceto degli imprenditori e dei professionisti da sempre in affari con la politica, tra appalti, subappalti, licenze, concessioni, autorizzazioni, consulenze, incarichi professionali, incarichi dirigenziali nelle aziende con partecipazioni pubbliche e negli enti pubblici, che si schieravano improvvisamente con la neo-sinistra cercando di far dimenticare i loro pregressi rapporti politici. Non so se l’hai notato. A coloro che si dirigevano alla cena da mille euro a Roma, i giornalisti domandavano quale partito avessero sostenuto prima. Gli unici che hanno accettato di rispondere hanno detto: «Democrazia Cristiana». Un partito sciolto da più di venti anni, il 29 gennaio 1994, in cui casualmente militava la famiglia del presidente del Consiglio. Da allora a ieri, più niente? Niente, niente?

Con questi travestimenti, con queste furbate, con questi opportunismi, si può conquistare la maggioranza, si possono fare carriere politiche brillanti, si possono attirare gli affaristi, ma non si risolvono i problemi economici e ambientali che rendono sempre più incerto il nostro futuro. Si fanno soffrire di più le classi sociali più svantaggiate, ma non si esce dalla crisi, non si crea occupazione, non si offrono opportunità di lavoro alle piccole e medie aziende. Basta guardare quali sono i settori produttivi che costituiscono il milieu del precedente e dell’attuale premier. Persone lontanissime dai settori tecnologici avanzati di cui ci sarebbe bisogno in questo drammatico tornante della storia: costruttori edili che hanno devastato i territori e vogliono proseguire la loro opera distruttiva con grandi opere tanto inutili quanto costose; operatori nel mondo della finanza capaci, per fare riferimento alla definizione marxiana che tu hai ricordato, di realizzare il passaggio da D a D1 senza passare per M (lasciami essere per una volta un po’ volgare: ma a che cazzo serve il loro lavoro, a quale bisogno umano risponde?); proprietari e operatori nel settore dei mass media che non producono niente di utile, ma vengono pagati per rincitrullire il prossimo; distributori di volantini e free press, in cui casualmente opera la famiglia del premier; amministratori pubblici che hanno favorito la devastazione dei loro territori; amministratori delegati di aziende a partecipazione pubblica specializzati nel farle fallire e andarsene con liquidazioni da favola. Qualcuno può credere che quei politici, quegli imprenditori e quei professionisti seduti ai tavoli della cena da mille euro siano capaci di farci uscire dalla crisi, ridare dignità alla scuola, offrire una prospettiva di futuro ai giovani, evitare che i migliori di loro se ne vadano all’estero, ridurre il numero dei disoccupati e le emissioni di CO2? Che possano aiutare i più deboli a non rimanere indietro? Favorire la coesione sociale e suscitare le energie migliori della nostra gente per rendere il mondo più bello e più giusto?

Ne conosciamo, Delfina, di persone così, ma non le prende in considerazione nessuno. Le persone sedute a quei tavoli non sanno nemmeno che esistono. Eppure sono in grado di creare occupazione, non un’occupazione qualsiasi, ma un’occupazione utile in attività che attenuano le principali cause della crisi ambientale, operando in settori tecnologici più evoluti di quelli in cui operano, per fare profitti a prescindere da ogni altra considerazione, molti imprenditori e professionisti seduti a tavola col presidente del Consiglio. Altro che la riduzione delle tasse sul lavoro nell’illusione che vengano fatte assunzioni in settori produttivi obsoleti che ormai hanno saturato il mercato. O, peggio ancora, condoni per costruzioni abusive che hanno impermeabilizzato il territorio a tal punto da trasformare ogni temporale in un’alluvione, e lo stesso ministro dell’ambiente ha definito «tentati omicidi».

Per fortuna che c’è Papa Francesco.

Un abbraccio

Totò