Nel Mar Mediterraneo, il 92% degli stock ittici di fondo è sovrasfruttato. Una situazione ai limiti dell’emergenza ambientale, dovuta soprattutto alla pesca a strascico. Che, seppur estremamente insostenibile, è la pratica di pesca più diffusa nello Stretto di Sicilia. Da lì, in particolare, proviene il 70% del gambero rosa destinato alle tavole di tutta Europa. Pescando gambero rosa, si cattura anche nasello, e con lo strascico oltre il 50% del pescato è composto da individui sotto-taglia. Questo, oltre a non permettere la riproduzione delle due specie, per il regolamento Ue è illegale.
Presto nello Stretto di Sicilia potrebbe non esserci più pesce da pescare (vedi video sotto). Le responsabilità italiane? Enormi. Fra le flotte che operano nello Stretto, italiana, maltese e tunisina, la nostra la fa infatti da padrona: “Circa 400 imbarcazioni per la pesca a strascico, rispetto alle 60 tunisine e alle 13 maltesi”, fa presente l’Ong Oceana. Che, per evitare che il Mare nostrum si svuoti da qui a pochi anni, propone di chiudere alla pesca le aree in cui i giovanili di queste specie crescono per raggiungere la maturità.
Sono le cosiddette nursery, aree specifiche identificate come habitat essenziale per la riproduzione e il ciclo vitale di queste specie. Che, in quanto tali, vanno preservate. Obiettivo: un Piano di gestione della pesca a strascico nello Stretto di Sicilia condiviso con tutti i Paesi interessati, per fermare il sovra-sfruttamento ittico e consentire ai giovanili degli stock commerciali di riprodursi, garantendone così la sostenibilità sul lungo termine.
“La pesca avviene per lo più in acque internazionali e viene esercitata durante tutto l’anno”, fa presente l’Ong: “Serve dunque agire subito”. E ad affermarlo non è solo Oceana, ma molti scienziati e biologi marini provenienti da tutti i Paesi del Mediterraneo. Che, già riunitisi a Roma lo scorso marzo, hanno validato la proposta fatta dall’Associazione ambientalista alla Commissione Generale per la Pesca del Mediterraneo della FAO.
In cosa consiste questa proposta? Nella chiusura alla pesca di fondo di tre aree di nursery del gambero rosa e del nasello nello Stretto di Sicilia, prima che la sovra-pesca abbia effetti irreversibili. Altrimenti, addio pesca. La chiusura alla pesca di queste aree è infatti un aspetto chiave per motivi ambientali, ma anche economici. Secondo Oceana, esso “deve essere necessariamente accompagnato da un piano di recupero atto a ricostruire gli stock e assicurare la sostenibilità sul lungo termine della risorsa e dell’indotto nello Stretto di Sicilia”.
“Ci sono tutti gli elementi per far sì che la situazioni cambi: dati scientifici, obbligo internazionale di fermare la sovrapesca, e soluzioni concrete. Quello che manca è la volontà politica di agire”, dichiara Oceana: “L’Italia deve assumersi la responsabilità e intervenire per fermare la sovrapesca nel Mediterraneo e nello Stretto di Sicilia in particolare, dove dati scientifici provano l’urgenza di intervenire”.
Il governo italiano, insomma, dovrebbe guidare il dialogo tra tutte le parti coinvolte per mettere in atto un Piano di gestione che arresti la sovrapesca in questa regione. Se non altro perché, oltre ad essere il maggior responsabile di questa situazione, è quello che rischia di rimetterci di più. Se lo farà o meno, bisognerà attendere il 25 maggio, quando per quattro giorni gli Stati rivieraschi si riuniranno a Milano per discutere il futuro degli stock sovrasfruttati del Mediterraneo.
“Gli stock ittici del Mediterraneo sono in pessimo stato e ancora non ci sono stati interventi per far fronte a questa situazione”, afferma Lasse Gustavsson, direttore esecutivo per Oceana in Europa: “Esortiamo i governi rivieraschi a seguire il parere dei propri esperti scientifici e ad adottare la proposta di Oceana per lo Stretto di Sicilia. Proteggiamo le nursery – aggiunge – proteggiamo il pesce di domani”.
Andrea Bertaglio
Fonte: LaStampa.it