PREMESSA
Il seguente Manifesto nasce dalle riflessioni del gruppo nazionale “Territorio e Insediamenti Umani” del Movimento per la Decrescita Felice, maturate dalla volontà di declinare il paradigma della “decrescita” in ambito urbano-territoriale, paesaggistico ed ambientale.
I cambiamenti climatici, il raggiungimento del picco dei minerali, la dipendenza energetica da altri paesi e la previsione della minore disponibilità di combustibili fossili ci mettono oggi di fronte a scelte importanti anche dal punto di vista della gestione del territorio. Tra le più urgenti, sicuramente quella di attivare politiche di riduzione delle immissioni della CO2 e piani di decrescita energetica (rilocalizzando nel territorio tutte quelle attività che possono contribuire a costruire la resilienza delle comunità locali), ma anche quelle di mettere un freno al consumo di suolo riequilibrando i rapporti tra città e campagna e di dare inizio a nuove forme di pianificazione e rigenerazione del tessuto antropizzato.
Lo spunto che la Decrescita ci può offrire in questo campo, oltre alla denuncia dell’insensatezza della crescita fine a se stessa, è un approccio basato sul circolo virtuoso di un insieme di cambiamenti interdipendenti, di cui le “8R” sono i principali pilastri: rivalutare, ricontestualizzare, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare.
Ad esso si affianca la volontà di puntare sulla socialità delle persone, sulla loro capacità di fare “comunità” e di operare in modo sinergico per ricostruire il tessuto delle relazioni sociali e fisiche e garantire una migliore “vivibilità urbana”.
Il ruolo della politica locale, infine, sarà determinante nel recepire e trasformare in atti d’indirizzo ciò che nasce da una precisa volontà popolare di riappropriazione e di cura del proprio territorio, perseguendo l’interesse costituzionale della tutela del patrimonio, del paesaggio e dell’ambiente e riconsegnando i beni pubblici alla cittadinanza, ovvero liberandoli dal meccanismo della mercificazione. Una forma di democrazia diretta e partecipata per provare a cambiare l’immaginario intossicato dal “pensiero unico” economico, per ridefinire priorità e dare origine a nuovi modi di pianificare, gestire e valorizzare il territorio, il paesaggio, l’ambiente.
Crediamo che per dare avvio al cambiamento anche in questo ambito, sia necessario appuntare l’attenzione su alcune azioni fondamentali, che di seguito proviamo a riassumere.
1. PIANIFICARE LA DECRESCITA ENERGETICA E LA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI CO2.
Per conseguire la decrescita energetica del territorio e la riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera, gli ambiti d’azione prioritari dovranno essere la pianificazione urbana e dei trasporti, sviluppati secondo modelli flessibili atti a garantire benefici concreti alle comunità locali in termini di risparmio, di gestione, di incremento della qualità della vita e creazione di “lavoro utile”.
La decrescita energetica dovrà prevedere scenari futuri a lungo termine, i cui risultati andranno monitorati con regolarità ed eventualmente utilizzati per migliorare le azioni intraprese. Le azioni promosse dovranno essere molteplici, diversificate, concretamente fattibili e utilizzare strumenti già esistenti, con l’obiettivo di garantire e/o promuovere:
Dal punto di vista ambientale
- la riduzione dell’utilizzo dei combustibili fossili
- l’integrità dei processi biologici
- l’assenza di impatti sugli ecosistemi
- la tutela della biodiversità
- la cura del territorio
- la riduzione dei rifiuti e il riciclo
Dal punto di vista sociale
- la diffusione del sapere e dei consumi consapevoli
- l’autoproduzione e lo scambio di beni e servizi
- la creazione di spazi sociali di partecipazione e incontro
- la tutela della salute
- l’integrazione culturale e sociale
- la promozione della bellezza
2. RIEQUILIBRARE I RAPPORTI TRA CITTÀ E CAMPAGNA
Il problema non è la città. La decrescita non è il perentorio “ritorno in campagna”. Se tutti i cittadini “urbanizzati” tornassero a vivere in campagna si verificherebbe un enorme disastro ambientale, in termini di consumo di suolo e di inefficienza nella gestione dei servizi pubblici che possono funzionare solo alla scala urbana. Il compito che la decrescita dà al governo del territorio è riequilibrare i rapporti tra città e campagna. E ciò passa attraverso una diversa gestione urbana – secondo un approccio di tipo “biourbanistico” – e tramite azioni di “riurbanizzazione qualitativa” della città e di “rinaturalizzazione” della campagna, con l’evoluzione delle caratteristiche positive intrinseche di entrambi.
la città decrescente è dotata di
- adeguata densità, tessuto compatto
- rete di sistemi e risorse locali dotati di forte auto-sostenibilità
- giudiziosa mixité funzionale e sociale
- infrastrutture e servizi di prossimità
- sistema efficiente di mobilità pubblica
- mobilità alternativa diffusa (pedonale, ciclabile, …)
- autonomia energetica da fonti rinnovabili
- rete diffusa di spazi aperti di qualità
- spazi agricoli di prossimità
- impronta ecologica ridotta
la campagna decrescente prevede
- pratiche agricole e tecniche naturali rispettose dell’ambiente
- recupero di biodiversità colturale
- riduzione dell’utilizzo di combustibili fossili
- tutela della sovranità alimentare
- riduzione di nuove infrastrutture e nuova edificazione
- riconversione di periferie a bassa densità
- tutela degli spazi naturali residui
- ricomposizione dei paesaggi rurali
3. RICOSTRUIRE IL TESSUTO DELLE RELAZIONI SOCIALI E FISICHE
Decrescere in ambito urbano significa anche promuovere azioni per il benessere psico-fisico delle persone e sviluppare il senso della comunità, valorizzando i luoghi dell’essere: lo spazio pubblico in tutte le sue forme più classiche e compiute, ma ancora di più gli spazi marginali e intermedi, vero ordito che fa dei differenti racconti urbani una possibile narrazione coerente, in un rapporto dialogico con gli spazi privati dell’avere.
Crediamo quindi sia necessario:
- sottrarre spazi aperti alle forme dominanti della città dei contenitori chiusi, dell’accumulo e del consumo
- risemantizzare gli spazi residui della città “funzionale” (aree minori dismesse, accessi e aree di parcheggio riconquistati al fluire delle relazioni, muri di confine, marciapiedi, slarghi stradali, gradinate, spazi di separazione, ecc…)
- dare spazio ai desideri e alle attività delle comunità locali (scuole, associazioni, condomini, pendolari, disoccupati, ecc…)
- occupare luoghi, attraverso azioni performative, diffusione di arte pubblica, eventi temporanei, per creare relazioni sociali nuove e attivare le persone nella costruzione e nella cura dei propri luoghi di vita
- collaborare con le Amministrazioni, per la costruzione di regolamenti che favoriscano esperienze virtuose di cura e gestione dei beni comuni da parte dei cittadini
4. DISTINGUERE TRA BENI E MERCI
Nonostante le attuali norme prevedano una distinzione fra beni (pubblici e demaniali) e merci, attraverso l’economia neoclassica, cioè l’estimo, è possibile mercificare ogni cosa, anche i beni stessi. Secondo MDF un bene, dotato di valore in se, può essere prodotto dalla natura o dall’uomo e produce un’utilità alla comunità attraverso uno scambio o la sua fruizione in totale gratuità, pertanto i beni non dovrebbero far parte del sistema mercantile misurato con la moneta. E’ noto che i beni pubblici attraverso il processo di sdemanializzazione possono essere comprati e venduti.
Al fine di perseguire, nell’ambito della pianificazione e della gestione del territorio, l’interesse costituzionale della tutela del patrimonio, del paesaggio e dell’ambiente gli strumenti urbanistici dovranno introdurre un’innovazione culturale iniziando a distinguere i beni dalle merci secondo i principi della Bioeconomia.
Le Amministrazioni locali (Regioni e Comuni) dovranno adeguare i propri piani indicando una distinzione fra beni – acqua, energia, patrimonio storico, suoli, internet, paesaggio – e merci, ed usare le tecniche di recupero diretto del plusvalore fondiario per realizzare la tutela dei beni stessi e per la progettazione di standard minimi e servizi utili alle comunità. I piani dovrebbero governare la “rigenerazione urbana” valutando la convenienza ecologica attraverso la Bioeconomia e la cosiddetta “sostenibilità forte”.
La “rigenerazione urbana” dovrebbe recuperare le città partendo da analisi qualitative e quantitative che sappiano valutare la morfologia urbana dall’interno dell’area urbanizzata, evitando così di consumare altro suolo agricolo, e presentare un piano economicamente sostenibile ed ecologico attraverso la valutazione della qualità progettuale – un bene, cioè un valore – misurata anche con la “sostenibilità forte” e la detrazione dei costi di demolizione.
5. DIFFONDERE LE BUONE PRATICHE ESISTENTI
Riteniamo che lo scambio di esperienze e di buone prassi sia fondamentale ai fini della diffusione delle conoscenze, delle informazioni ed in particolare delle “innovazioni” raggiunte nel perseguimento di determinati obiettivi.
In particolare per “buone pratiche” in ambito urbano e territoriale intendiamo progetti, iniziative, servizi, soluzioni o politiche che si ispirino ai principi della decrescita felice e ne interpretino il significato secondo gli indirizzi espressi nel presente Manifesto.
L’impegno è quello di raccogliere e sistematizzare tali pratiche e farle conoscere tramite attività di divulgazione e di messa in rete, per favorirne l’imitazione al fine di realizzare un cambiamento consapevole e durevole delle nostre comunità che sia in sintonia con i limiti del nostro pianeta e rispettoso degli esseri viventi.
Documento elaborato dal gruppo Territorio e Insediamenti Umani
del Movimento per la Decrescita Felice
Presentato all’Assemblea dei Soci tenutasi a Milano il 9 aprile 2016