Venerdì nero petrolio. Il 29 nov. diciamo No al Black Friday

da | 21 Nov 2019

Come ormai ogni anno il venerdì nero si avvicina. Il giorno in cui si vende tutto, si compra tutto, si spende tutto. Il Black Friday, lo chiamano. Un’usanza che – chi l’avrebbe mai detto?! –  arriva direttamente dagli Stati Uniti: il regno per eccellenza del consumismo bulimico. Cosa prevede il Black Friday è presto detto: incredibili sconti, offerte speciali, gara all’acquisto e, ovviamente, montagne di soldi spesi per lo più in grandi negozi e siti di e-commerce, aperti 24 ore su 24, riforniti di qualsiasi merce… una festa, insomma, per le multinazionali e i mega centri commerciali, reali e virtuali. Un po’ meno per i piccoli produttori. Un castigo per tanti lavoratori. Un raggiro per i consumatori. Una condanna per il pianeta.

Non potevano scegliere nome migliore, in effetti: BlackFriday. Nero.

Nero come il petrolio che verrà sprecato tra plastiche e packaging. Ogni anno finiscono in mare 12 milioni di tonnellate di plastica per lo più usa e getta e imballaggi. L’anno scorso in questo giorno sono stati fatti in media 12 acquisti al secondo solo su Amazon. Provate solo a immaginare quante confezioni sono state utilizzate e quanta spazzatura è finita in mare. e quanta ne finirà ancora…

Nero come il fumo che sovrasterà le nostre città intasate da fattorini e corrieri. Secondo il rapporto ‘An integrated perspective on the future of mobility’, redatto da McKinsey e Bloomberg New Energy Finance, a Londra i corrieri rappresentano il 10% del traffico veicolare ma sono responsabili del 30% delle emissioni di CO2 e di ossido di azoto, mentre a Pechino i furgoni commerciali sono il 15% del traffico e generano addirittura il 70% dello smog. L’anno scorso in Italia è stato superato il milione di ordini. Pensate a quanti corrieri sono serviti per smistarli… Intanto in Europa si contano i morti per smog e inquinamento: 467mila l’anno, per la precisione.

Nero come lo smog. Oggi, l’inquinamento atmosferico è la causa principale di morti premature nel mondo, ed è responsabile di un decesso su nove. Uccide sette milioni di persone all’anno, molte più di quante ne uccidano l’hiv, la tubercolosi e la malaria insieme –tanto per fare un esempio. La dottoressa María Neira, direttrice del dipartimento di sanità pubblica dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che si occupa dell’inquinamento atmosferico, non usa mezzi termini: “Si tratta di un’emergenza globale in termini di sanità”.

Nero come le condizioni del lavoro che vi si nasconde dietro. A che ritmi lavorano i dipendenti di Amazon ormai è cosa nota. Ma di lati oscuri inerenti le produzioni di grandi marchi ce ne sono molti. Per esempio quelli svelati da Abiti Puliti e Change your Shoes in un’inchiesta che svela come grandi marchi di moda – tra cui Tod’s, GEOX e Prada – siano molto lontani dal rispettare i diritti umani e sindacali degli operai che confezionano le loro merci. Nella moda come altrove: relazioni inique, sfruttamento e violazione dei diritti sono causa di una crescente sproporzione tra prezzi e valore reale dei beni. E chi ci guadagna è sempre il marchio che si appropria di oltre il 60% del prezzo finale, lasciando le briciole agli altri attori della catena di fornitura.

Nero come la morte di tante piccole imprese. L’impossibilità di competere con scontistiche e marketing sfrenato, orario continuato e magazzino smisurato, ha costretto tantissime piccole e medie imprese a chiudere. Basti pensare che in Italia nello stesso tempo in cui l’e-commerce ha macinato un più 10% di fatturato circa 300 piccole librerie hanno chiuso bottega.

Nero come il buio. Ci sono bambini che più di altri hanno paura del buio. Del buio delle miniere di mica in India, dove si raccoglie un minerale dall’inestimabile valore per le compagnie operanti nei settori della cosmetica, dell’automotive e dell’elettronica; il buio delle miniere di coltan in Congo dove schiavismo, corruzione e sfruttamento minorile dilagano nell’estrazione del prezioso minerale adibito alla costruzione di smartphone e industria aerospaziale;  il buio degli scantinati trasformati in laboratori del tessile in Turchia o delle fabbrica di vestiti in Pakistan. 

Nero come lo spreco. Un’inchiesta della BBC, Fashion’s dirty secrets, ha recentemente raccontato il prezzo nascosto della dipendenza dalla moda: un settore in continua preoccupante espansione soprattutto a causa del propagarsi di capi a prezzi sempre più bassi e di mode sempre più bucoliche. Indumenti indossati per meno di una stagione vengono cestinati senza motivo, la corsa al saldo, allo sconto e all’acquisto online è ormai abitudine diffusa. Dietro si nascondono incredibili consumi di acqua, un ingente impiego di sostanze chimiche, sfruttamento spesso minorile, inquinamento e danni incalcolabili all’ambiente.

Nero come l’umore di chi dopo l’ennesimo acquisto compulsivo si ritrova ancora più triste. Lo shopping compulsivo e la dipendenza all’acquisto sono ormai patologie tristemente diffusa e riconosciute. Ma anche se non si toccano questi livelli il comprare, che spesso ci viene dipinto come momento di relax e divertimento, nasconde tutt’altro. Il piacere è effimero e la gioia dell’acquisto viene subito superata da una nuova insoddisfazione, dalla smania di comprare di nuovo. È il mercato bellezza! Verrebbe da dire. È la pubblicità, il marketing e i decenni di strategie commerciali affinate e sperimentate che parlano. Che ci sussurrano di spendere ancora. Oggi soprattutto!

Nero come il buco nero in cui finiranno tutte queste compere. Nero come il nulla in cui stiamo andando a sbattere. Nero come l’oblio di ciò che davvero conta. Nero, nero, nero!

E allora perché non rispondere col verde? Il verde di una passeggiata all’aperto in un parco. Il verde di un disegno a matita. Il verde di una cicoria ripassata! Il verde di un venerdì passato in compagnia di chi si ama. Il verde della natura. Il verde dei soldi risparmiati e del tempo guadagnato! Il verde speranza, che oggi ci siano più persone pronte a sorridere di quel che già hanno, piuttosto che comprare ciò che non gli serve.

Un giorno in cui essere liberi dai bisogni indotti, dal consumo fine a sé stesso, dagli sprechi e da questa sudditanza all’avere, tutto e sempre. Come ci insegna il nostro Maurizio Pallante: 

Il rifiuto di acquistare merci che non servono, o danneggiano il mondo e se stessi, non è una rinuncia fatta per nobili motivi, ma una scelta fatta per egoismo. Per stare meglio. Ecco, venerdì scegliamo di stare meglio!

Venerdì riprendiamoci il nostro tempo e dipingiamolo di verde. Che di nero ce n’è già abbastanza.

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